Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord – Incontro Ecumenico e Interreligioso con i Giovani nel Centro Pastorale di Skopje - Foto © Servizio Fotografico - Vatican Media (Screenshot)

"Dare speranza a un mondo stanco, insieme agli altri, cristiani e musulmani"

Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Bulgaria e nella Macedonia del Nord – Incontro Ecumenico e Interreligioso con i Giovani nel Centro Pastorale di Skopje

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Nel pomeriggio, prima di lasciare la Residenza del Vescovo di Skopje, il Santo Padre saluta alcune persone, amici e benefattori della chiesa locale. Quindi, alle ore 15.45, si trasferisce in auto al Centro Pastorale per l’Incontro Ecumenico e Interreligioso con i giovani. Al Suo arrivo, alle ore 16, il Papa è accolto da due giovani che gli offrono simbolicamente il pane e il sale e da S.E. Mons. Kiro Stojanov, Vescovo di Skopje, che lo accompagna al podio allestito per la circostanza. Dopo il canto iniziale, seguono le testimonianze di una giovane coppia di rito misto (cattolica – ortodossa), di una giovane musulmana e di una giovane cattolica di rito bizantino, intervallate da brevi interventi musicali. Dopo l’esecuzione di una danza, Papa Francesco pronuncia il Suo discorso. Al termine, dopo la recita della preghiera di Madre Teresa Ti occorrono le mie mani, Signore? e la benedizione finale, il Vescovo di Skopje accompagna il Santo Padre all’interno della Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, dove si svolge l’Incontro con i Sacerdoti, accompagnati dalle loro famiglie, e i Religiosi. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa pronuncia nel corso dell’incontro:

Discorso del Santo Padre

Cari amici,
è sempre motivo di gioia e di speranza poter avere questi incontri. Grazie di averlo reso possibile e di regalarmi questa opportunità. Grazie di cuore per la vostra danza, tanto bella, e le vostre domande. Io conoscevo le domande: le avevo ricevute e le conoscevo, e ho preparato alcuni punti per riflettere con voi su queste domande.
Comincio dall’ultima (come diceva il Signore, gli ultimi saranno i primi). Liridona, dopo aver condiviso con noi le tue aspirazioni, mi chiedevi: «Sogno troppo?». Una domanda molto bella, a cui mi piacerebbe poter rispondere insieme. Per voi, Liridona sogna troppo?
Vorrei dirvi: sognare non è mai troppo. Uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare. Né molto né poco, non sognano. E quando una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione o dalla tristezza. «Questi li lasciamo a quelli che seguono la “dea lamentela”! […] È un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata. Quando tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è bene darsi per vinti» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 141). Per questo, cara Liridona, cari amici, mai e poi mai si sogna troppo. Provate a pensare ai vostri sogni più grandi, a quelli come il sogno di Liridona – ve lo ricordate? –: dare speranza a un mondo stanco, insieme agli altri, cristiani e musulmani. Senza dubbio è un sogno molto bello. Lei non ha pensato a cose piccole, a cose “rasoterra”, ma ha sognato alla grande. E voi giovani dovete sognare alla grande!
Qualche mese fa, con un amico, il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, avevamo anche noi un sogno molto simile al tuo che ci ha portato a volerci impegnare e a firmare insieme un documento che dice che la fede deve portare noi credenti a vedere negli altri dei fratelli che dobbiamo sostenere e amare senza lasciarci manipolare da interessi meschini (cfr Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). Noi siamo grandi, non è un’età per sognare. Ma sognate, e sognate in grande!
E questo mi fa pensare a quello che ci diceva Bozanka: che a voi giovani piacciono le avventure. E sono contento che sia così, perché è il modo bello di essere giovani: vivere un’avventura, una buona avventura. Il giovane non ha paura di fare della sua vita una buona avventura. E vi chiedo: quale avventura richiede più coraggio di quel sogno che ci ha condiviso Liridona, dare speranza a un mondo stanco? Il mondo è stanco, è invecchiato; il mondo è diviso e sembra vantaggioso dividerlo e dividerci ancora di più. Ci sono tanti grandi che vogliono dividerci tra noi. State attenti! Come risuonano forti le parole del Signore: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9)! Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile e che siamo chiamati a coinvolgerci in esso e a farne parte col nostro lavoro, col nostro impegno e la nostra azione.
In questo Paese c’è una bella tradizione, quella degli artigiani scalpellini, abili nel tagliare la pietra e lavorarla. Ecco, bisogna fare come quegli artisti e diventare bravi scalpellini dei propri sogni. Dobbiamo lavorare sui nostri sogni. Uno scalpellino prende la pietra nelle sue mani e lentamente comincia a darle forma e trasformarla, con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte.
«I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta – come quegli artisti –. Nello stesso tempo, non bisogna bloccarsi per insicurezza, non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori – no, non avere paura! –. Piuttosto dobbiamo avere paura di vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare – e un giovane che non rischia è un morto – perché non portano avanti i loro impegni o hanno paura di sbagliare. Anche se sbagli potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 142). Non lasciatevi rubare la speranza!
Cari giovani, non abbiate paura di diventare artigiani di sogni e artigiani di speranza. D’accordo? [rispondono con un applauso] «È vero che noi membri della Chiesa non dobbiamo essere tipi strani. Tutti devono poterci sentire fratelli e vicini, come gli Apostoli, che godevano “il favore di tutto il popolo” (At 2,47; cfr 4,21.33; 5,13). Allo stesso tempo, però, dobbiamo avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale» (ibid., 36).
Pensate a Madre Teresa: quando viveva qui non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita, ma non smise di sognare e di darsi da fare per cercare sempre di scoprire il volto del suo grande amore, che era Gesù, scoprirlo in tutti coloro che stavano al margine della strada. Lei ha sognato in grande e per questo ha anche amato in grande. Aveva i piedi ben piantati qui, nella sua terra, ma non stava con le mani in mano. Voleva essere “una matita nelle mani di Dio”. Ecco il suo sogno artigianale. L’ha offerto a Dio, ci ha creduto, ci ha sofferto, non ci ha mai rinunciato. E Dio ha cominciato a scrivere con quella matita pagine inedite e stupende. Una ragazza del vostro popolo, una donna del vostro popolo, sognando, ha scritto cose grandi. È Dio che le ha scritte, ma lei ha sognato e si è lasciata guidare da Dio.
Ciascuno di voi, come Madre Teresa, è chiamato a lavorare con le proprie mani, a prendere la vita sul serio, per fare di essa qualcosa di bello. Non permettiamo che ci rubino i sogni (cfr ibid., 17), no, state attenti! Non priviamoci della novità che il Signore ci vuole regalare. Troverete molti imprevisti, molti…, ma è importante che possiate affrontarli e cercare creativamente come trasformarli in opportunità. Ma mai da soli; nessuno può combattere da solo. Come ci hanno testimoniato Dragan e Marija: “la nostra comunione ci dà la forza per affrontare le sfide della società odierna”.
Riprendo quello che hanno detto Dragan e Marija: “La nostra comunione ci dà la forza per affrontare le sfide della società odierna”. Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato, non si può vivere la fede, i sogni senza comunità, solo nel proprio cuore o a casa, chiusi e isolati tra quattro mura, c’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti.
Com’è importante sognare insieme! Come fate oggi: qui, tutti uniti, senza barriere. Per favore, sognate insieme, non da soli; sognate con gli altri, mai contro gli altri! Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; insieme si costruiscono i sogni.
Pochi minuti fa abbiamo visto due bambini che giocavano qui. Volevano giocare, giocare insieme. Non sono andati a giocare sullo schermo del computer, volevano giocare sul concreto! Li abbiamo visti: erano felici, contenti. Perché sognavano di giocare insieme, l’uno con l’altro. L’avete visto? Ma a un certo punto, uno si è accordo che era più forte dell’altro, e invece di sognare con l’altro, ha incominciato a sognare contro l’altro, e ha cercato di vincerlo. E quella gioia si è trasformata nel pianto di quel poverino che è finito per terra. Avete visto come si può passare dal sognare con l’altro a sognare contro l’altro. Mai dominare l’altro! Fare comunità con l’altro: questa è la gioia di andare avanti. È molto importante.
Dragan e Marija ci hanno detto come questo risulta difficile quando tutto sembra isolarci e privarci dell’opportunità di incontrarci – di questo “sognare con l’altro” –. Negli anni che ho (e non sono pochi), sapete qual è la miglior lezione che ho visto e conosciuto in tutta la mia vita? Il “faccia a faccia”. Siamo entrati nell’era delle connessioni, ma sappiamo poco di comunicazioni. Troppi contatti, ma si comunica poco. Molto connessi e poco coinvolti gli uni con gli altri. Perché coinvolgersi chiede la vita, esige di esserci e condividere momenti belli… e altri meno belli. Al Sinodo dedicato ai giovani lo scorso anno, abbiamo potuto vivere l’esperienza di incontrarci faccia a faccia, giovani e meno giovani, e ascoltarci, sognare insieme, guardare avanti con speranza e gratitudine. Quello è stato il miglior antidoto contro lo scoraggiamento, contro la manipolazione, contro la cultura dell’effimero, dei troppi contatti senza comunicazione, contro la cultura dei falsi profeti che annunciano solo sventure e distruzione. L’antidoto è ascoltare e ascoltarci. E adesso, permettetemi di dirvi qualcosa che sento proprio nel cuore: concedetevi l’opportunità di condividere e godervi un buon “faccia a faccia” con tutti, ma soprattutto con i vostri nonni, con gli anziani della vostra comunità. Qualcuno forse me lo ha già sentito dire, ma penso che è un antidoto contro tutti quelli che vogliono rinchiudervi nel presente affogandovi e soffocandovi con pressioni ed esigenze di una presunta felicità, dove sembra che il mondo finisca e bisogna fare e vivere tutto subito. Ciò genera con il tempo molta ansia, insoddisfazione, rassegnazione. Per un cuore malato di rassegnazione, non c’è rimedio migliore che ascoltare le esperienze degli anziani.
Amici, prendete tempo con i vostri vecchi, con i vostri anziani, ascoltate i loro lunghi racconti, che a volte sembrano fantasiosi, ma, in realtà, sono pieni di un’esperienza preziosa, pieni di simboli eloquenti e di saggezza nascosta da scoprire e valorizzare. Sono racconti che richiedono tempo (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 195). Non dimentichiamo un detto: un nano può vedere più lontano stando sulle spalle di un gigante. In questo modo acquisterete una visione finora mai raggiunta. Entrate nella saggezza del vostro popolo, della vostra gente, entrate senza vergogna né complessi, e troverete una sorgente di creatività insospettata che riempirà tutto, vi permetterà di vedere strade dove gli altri vedono muri, possibilità dove altri vedono pericolo, risurrezione dove tanti annunciano solo morte.
Per questo, cari giovani, vi dico di parlare con i vostri nonni e con i vostri vecchi. Loro sono le radici, le radici della vostra storia, le radici del vostro popolo, le radici delle vostre famiglie. Voi dovete aggrapparvi alle radici per prendere il succo che farà crescere l’albero e darà fiori e frutti, ma sempre dalle radici. Non dico che voi dovete sotterrarvi con le radici: no, questo no. Ma voi dovete andare ad ascoltare le radici e prendere da lì la forza per crescere, per andare avanti. Se a un albero si tagliano le radici, quell’albero muore. Se a voi giovani tagliano le vostre radici, che sono la storia del vostro popolo, voi morirete. Sì, vivrete, ma senza frutto: la vostra patria, il vostro popolo non potranno dare frutto perché voi vi siete staccati dalle radici.
Quando io ero bambino, ci dicevano, a scuola, che quando gli europei sono andati a scoprire l’America portavano dei vetri colorati: li facevano vedere agli indiani, agli indigeni e questi si entusiasmavano con i vetri colorati, che non conoscevano. E questi indiani dimenticavano le loro radici e acquistavano i vetri colorati e in cambio davano l’oro. Con i vetri colorati, rubavano l’oro. Era la novità, e davano tutto per avere questa novità che non valeva niente. Voi giovani, state attenti, perché anche oggi ci sono i conquistatori, i colonizzatori che ci porteranno i vetri colorati: sono le colonizzazioni ideologiche. Verranno da voi e vi diranno: “No, voi dovete essere un popolo più moderno, più avanti, andare avanti, voi prendete queste cose, fate questa strada, dimenticate le cose vecchie: andate avanti!”. Cosa dovete fare? Discernere. Ciò che questa persona mi porta, è una cosa buona, che è in armonia con la storia del mio popolo? O sono “vetri colorati”? E per non ingannarci è importante parlare con i vecchi, parlare con gli anziani che vi trasmetteranno la storia del vostro popolo, le radici del vostro popolo. Parlare con i vecchi, per crescere. Parlare con la nostra storia per portarla più avanti ancora. Parlare con le nostre radici per dare fiori e frutti.
E adesso devo finire, perché il tempo corre. Ma vi confesso una cosa: dall’inizio di questo intervento con voi, la mia attenzione è stata attratta da una situazione. Guardavo questa donna, qui davanti: aspetta un bimbo. Aspetta un bimbo, e qualcuno di voi penserà: “Oh! Che calamità, povera donna, come dovrà faticare!”. Qualcuno pensa questo? No. Nessuno pensa: “Oh, passerà tante notti senza dormire per il bimbo che piange…”. No. Quel bimbo è una promessa, guarda avanti! Questa donna ha rischiato per portare un bimbo al mondo perché guarda avanti, guarda la storia. Perché lei si sente con la forza delle radici per portare avanti la vita, per portare avanti la patria, per portare avanti il popolo.
E finiamo tutti insieme con un applauso a tutte le giovani, a tutte le donne coraggiose che portano avanti la storia.
E grazie al traduttore che è stato tanto bravo!
**
Ti servono le mie mani, Signore?
(Preghiera di Madre Teresa)
Ti servono le mie mani, Signore,
per aiutare oggi i malati e i poveri
che ne hanno bisogno?
Signore, io oggi ti offro le mie mani.
Ti servono i miei piedi, Signore,
perché mi conducano oggi
a coloro che hanno bisogno di un amico?
Signore, oggi ti offro i miei piedi.
Ti serve la mia voce, Signore,
perché io oggi parli a tutti coloro
che hanno bisogno della tua parola d’amore?
Signore, oggi ti offro la mia voce.
Ti serve il mio cuore, Signore,
perché io ami chiunque,
senza alcuna eccezione?
Signore, oggi ti offro il mio cuore.

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ZENIT Staff

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