Non può un cristiano, credente nelle profezie della Scrittura, avanzare qualche dubbio sulla resurrezione di Gesù. La Pasqua del Signore è l’evento principe della storia che attesta il compimento della Parola di Dio. Che cosa sono le rivelazioni del Vecchio Testamento, se non il disegno universale della volontà del Creatore? Se il Padre ha fatto annunciare la venuta del Figlio, non poteva ciò non avvenire. Sarebbero venute meno le promesse del Padre e si sarebbe interrotta l’essenza ontologica della realtà sociale che ha in seno, per volontà divina, le strade della salvezza e della redenzione umana.
La fede nella Scrittura è di conseguenza strutturalmente percepita come fede in Cristo. Il percorso è unico, anche se le sue fasi esplicative nel tempo si differenziano. Tutto comunque conduce al Messia e alla resurrezione dalla morte. È importante rafforzare questo delicato ragionamento, attingendo ad alcune precisazioni di fede e di natura teologica, estrapolate da una riflessione più articolata del mio maestro spirituale.
“Tutti, leggendo la Scrittura e confrontandola con la vita di Cristo Gesù, devono giungere alla conclusione che Cristo è risorto veramente, realmente. Chi crede nella Scrittura deve poi operare l’altro passaggio: Credere in Cristo come il vero Messia, l’unico e solo Messia del Signore. Il confronto razionale, logico, deduttivo vuole, esige, obbliga a concludere che Cristo è risorto. La fede nella Scrittura antica per logica conseguenza deve divenire fede in Gesù, il Cristo di Dio, il suo Consacrato, il suo Profeta, il suo Re”.
Il sepolcro vuoto che si presenta davanti a Giovanni, così come a Pietro, è solo un segno, non certo la ragione che permette di attestare l’avvenuta resurrezione. L’assenza in quel luogo del Corpo di Cristo è, soprattutto per l’apostolo amato da Gesù, il richiamo immanente di tutte le profezie che hanno tracciato la strada del Figlio dell’Uomo. Esse si compivano in quel momento con l’atto soprannaturale più grande che mai fosse successo. Si legge in proposito nel vangelo: “Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.
Ciò che accade è di certo un fatto cristiano, ma va ben oltre allo stesso. Il Messia che viene e poi muore in croce, risorgendo nel terzo giorno, è il dono più alto che Dio offre all’umanità intera, oltre che al suo popolo. Questa verità ci porta ad affermare di trovarci dinnanzi ad un evento che può dirsi anche teologico e nello stesso momento antropologico. Si guardi con attenzione a questi tre aspetti inscindibili tra di loro. L’avvenimento della resurrezione è di sicuro una vera circostanza cristiana, perché il credente in Cristo è colui che confida pienamente nelle sacre scritture e nel compimento, di tutto ciò che è stato profetizzato, nella persona di Gesù.
Siamo inoltre dinnanzi a un fatto teologale perché ogni cosa promessa dal Padre è giunta a termine. “Per questo esso è evento teologico. Dio è stato fedele a quanto ha promesso”. È bene perciò comprendere che “…se la Scrittura si compie tutta in Cristo, è Cristo la chiave di lettura, chiave esegetica ed ermeneutica di tutta la Parola di Dio”. A questo punto è naturale chiedersi perché un evento che sia cristiano e teologico, debba essere ugualmente considerato antropologico? La risposta a questo interessante interrogativo arriva sempre puntuale dal mio maestro spirituale:
“Perché il Signore ha promesso di effondere il suo spirito sopra ogni carne, di cambiare il cuore di pietra con un cuore di carne, di far sgorgare dal suo tempio l’acqua della vita, di operare la nostra risurrezione”. L’uomo di ieri e di oggi è quindi il prescelto da Dio a vivere il mistero della resurrezione, penetrando nella verità della Parola; cambiando dal di dentro; sintonizzando i suoi pensieri dal cuore di Cristo; obbedendo alla voce dello Spirito Santo, anche in assenza di una ragione evidente.
Chi crede obbedisce e basta. Va! Getta il seme. Non calcola il suo tempo; non tira le somme; non si aspetta un plauso. “Scasa” invece dal cuore di pietra al cuore di carne. Si candida a risorgere e permette ad altri di incamminarsi verso lo stesso traguardo. È un miracolo possibile che il Signore compie servendosi di ognuno di noi. Se non si è utili a Cristo si rischia facilmente di fallire dall’essenza ogni ruolo terreno, sciupando la straordinaria occasione di continuare la missione del Messia.
Per essere “funzionali” al Signore bisogna pertanto riflettere senza indugi dal suo cuore. Non c’è un’altra “medicina”. Le ricette umane, scardinate da questa indicazione divina, in qualsiasi campo esse vengano applicate, chiudono, quando va bene, una falla, per poi stabilmente aprirne un’altra. Se invece cambia la prospettiva e si riconosce, partendo da essa, la verità soprannaturale che il vangelo ha consegnato al mondo intero, ogni cosa troverà la soluzione incline al sano e al giusto.
Solo così un matrimonio in crisi potrà rivedere la sua vera ragione d’essere; un comportamento sociale altezzoso si spoglierà del suo individualismo esasperato; una qualsiasi funzione politica sarà in grado di gestire la tentazione della corruzione, impiegando le risorse pubbliche per l’avanzamento collettivo; un ruolo professionale e lavorativo qualunque saprà dare il proprio contributo alla imprescindibile causa del benessere comune. È la possibilità redimente che il Risorto cede ad ogni uomo. Sapremo farne buon uso? Buona Pasqua.
Sacro Cuore - Wikimedia Commons
Pensare dal cuore del Risorto
La Risurrezione è un miracolo possibile che il Signore compie servendosi di noi