Ieri, domenica 2 aprile 2017, si è chiuso il ciclo domenicale dedicato alla Quaresima. La prossima festeggeremo l’entrata di Cristo in Gerusalemme per poi celebrare la Santa Pasqua. È stato un periodo particolare per i credenti che puntualmente su ZENIT abbiamo ricordato. Nella prima domenica di cammino quaresimale si è potuto riflettere su come superare le tentazioni che ogni giorno si presentano all’uomo, mescolandosi tra le varie attività e relazioni che lo accompagnano. L’esempio di Gesù nel deserto, tentato alla pari di ogni qualsiasi essere umano, deve rimanere nel nostro cuore come esempio quotidiano di rettitudine interiore.
È un modo sicuro per riuscire, nel momento di bisogno, a respingere ogni tentativo di falsa seduzione. Nella seconda domenica ci siamo soffermati sulla credibilità che deve avere ognuno nel momento in cui pensa di offrire all’altro un seme di fede. Senza credibilità in sé stessi non c’è alcun tipo di salvezza. Quest’ultima si raggiunge non credendo in Dio, ma nell’uomo che porta Dio. Il popolo d’Israele che fugge dall’Egitto crede in Dio attraverso Mosè, capace, grazie alla potenza divina, di separare le acque del mare per consentire la libertà promessa.
Così è anche oggi! Se ognuno di noi che fa parte di un gruppo ecclesiale ( penso al Movimento Apostolico; al Rinnovamento dello Spirito; all’Azione Cattolica; a tutte le forme di comunione sociale che fanno parte della vita viva della Chiesa ) non fosse credibile agli occhi della gente, quale segnale negativo darebbe all’esterno? Non andrebbe tutto questo a intaccare il vero messaggio dei vari corpi laici-religiosi e della Chiesa stessa in un determinato contesto? La credibilità personale è sempre da curare e da tutelare per il proprio bene e di quello altrui. Senza credibilità si interrompe in modo drastico la possibilità di fare missione.
La madre vedova che guarda suo figlio mentre si alza dal letto di morte, grazie all’intervento di Elia, sa da quel momento che quel profeta è stato portatore di Dio nella sua vita. L’assistente centrale del Movimento Apostolico, Mons, Di Bruno, grazie all’Ispiratrice di questa realtà ecclesiale che andò a bussare alla porta del suo convento, ora sa che la stessa è portatrice di Dio nella sua vita. Io stesso ho accolto il Signore dentro di me per la parola e la testimonianza, costanti e veritiere, del mio maestro spirituale. Così è stato sicuramente per molti di voi. Nella terza domenica di quaresima abbiamo compreso la necessità di ascoltare lo Spirito Santo, necessario per portare in ogni luogo il senso alto della missione che si vuole vivere.
Senza Lo Spirito Santo affiorano inevitabilmente le miserie e le debolezze dell’uomo, capace forse di costruire mille cose intorno a lui, ma con il risultato di cadere dinnanzi al primo serio problema. Basta analizzare con serietà quanto succeda ogni giorno per capire, purtroppo, la concretezza di una affermazione del genere. Nella quarta domenica quaresimale ci è stato ricordato come Gesù è l’unico capace di dare la vista ai cechi nati, ponendo l’uomo a luce del mondo quando testimonia la Parola nella sua vita. Chiunque di noi dovrebbe interrogarsi se sia datore di luce per l’altro.
È il tempo giusto per una verifica del cuore, scartando le zavorre che inquinano l’essenza dell’essere umano, abituato a cercare la felicità soltanto sul terreno “sismico” della materialità. In quest’ultima domenica di quaresima dobbiamo infine portare in ogni luogo il calore della vita, animando qualsiasi cuore imbruttito dal mondo che lo circonda. Oggi la gente è ferita dentro in modo pesante. Lo è per la politica scadente; lo è per l’economia manipolata dai più forti; lo è per i diritti falsati; lo è per l’isolamento di Dio nella propria quotidianità. Senza la fede non sarà mai possibile ravvivare la morte spirituale che spesso prende il sopravvento in questa nostra società.
Dovremmo essere come il profeta Ezechiele che credendo nella Parola del Signore, riuscì a diventare strumento del cielo per attivare in più fasi la vita della carne, in un mare di ossa di corpi accantonati e scomposti in una valle desolata. Il mondo oggi ha bisogno del credo di Ezechiele e della professione di fede che l’evangelista Giovanni ci presenta in Marta, rivalutandola agli occhi del mondo. Così rispose infatti a Gesù la sorella di Lazzaro, prima che lo stesso fosse resuscitato dai morti: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.
Dobbiamo credere che l’uomo possa ridarsi uno scossone interiore, perché molte cose potrebbero cambiare e migliorare in ogni settore in cui l’uomo opera ogni giorno. È necessario crederci, perché la benedizione di un Dio tradito, crocifisso, ma poi risorto, possa stendersi sul mondo. Solo così ognuno avrà la forza di resuscitare dentro e fuori di sé tutto quanto è recintato da una falsa luce, incapace di portare salvezza e redenzione. L’uomo in Dio c’è la potrà fare.
Questa Pasqua, già alle nostre porte, possa scuotere l’animo più oscurato e deluso, predisponendolo alla rinascita e aprendolo ad una nuova vita, mostrando al mondo la sua professione di fede.
Crocifisso - Wikimedia Commons
Mostrare al mondo la propria professione di fede
Dobbiamo credere che l’uomo possa ridarsi uno scossone interiore, perché molte cose potrebbero cambiare e migliorare in ogni settore in cui l’uomo opera ogni giorno