Abituati alle mille “prediche” che noi facciamo o sentiamo ogni giorno, rischiamo di perdere il contatto con i messaggi eterni che Dio ci ha consegnati attraverso il vangelo. Non a caso il discorso della montagna, oggi di grande utilità per il rinnovamento del mondo, resta il manifesto per eccellenza di redenzione dell’umanità. Ma l’uomo è disposto a fare la volontà di Dio per guidare e migliorare la terra? O continua solo ad invocare il Signore nei momenti di crisi, senza tuttavia comportarsi per come le Sue Leggi e la Sua Parola ci hanno insegnato? Se guardiamo con attenzione davanti a noi rischiamo di avere più di qualche brutta delusione.
La pianificazione che spesso si elabora per governare le comunità si concentra solo sui calcoli aritmetici, escludendo o mettendo in secondo ordine valori eterni come la pace, la libertà, la condivisione, la pluralità, la diversità, la fede. Non basta allora mettere in atto mille “prodigi” economici, sociali, culturali, religiosi, se il proprio comportamento disconosce i comandamenti e le beatitudini del Signore. Come si potrà essere luce e sale della terra, se la linfa evangelica non scorrerà di giorno in giorno nelle vene di ognuno? Si possono fare mille meraviglie, ma solo la verità del Signore consente di costruire le case degli uomini sulla roccia.
La fragilità della società odierna ci racconta un’altra storia, basta guardarsi attorno. Cadono alberghi; certezze; speranze; progetti; conquiste civili. Passano invece iniquità; ingiustizie; disperazioni; prepotenze; violenze; corruzioni; solitudini. Se il mondo appartiene da sempre a chi lo rende migliore e non a chi ostenta ricchezza o muscolosità, significa che bisogna alzarsi e ritrovare quella fiducia nella vita che solo da “beati” nel Signore si può far propria. Essere in cammino, consentendo a Dio di scortarci, non è altro che l’attivazione reale del Suo conforto, della Sua attenzione, della Sua benedizione.
Costruire la nostra casa sulla roccia della Parola non significa però rimanere soddisfatti della propria rendita, escludendo un qualsiasi rapporto con tutto quello che vi è fuori. Non ci porterà lontano essere cristiani serrati in sé stessi. Di sicuro i Mandarini della Cina Imperiale, quali alti funzionari, appartenenti ad una casta privilegiata e chiusa nel suo recinto dorato, mantenevano un ruolo di potere senza filtri e vivevano sereni e tranquilli all’interno del loro mondo. I cristiani “Mandarini” si trovano così ad essere la negazione del vangelo perché non aprono alla salvezza del prossimo, sempre legati ad una condizione autoreferenziale che non sarà mai sale e luce per la terra.
Tutti sappiamo invece che il sapore e la custodia vengono dal sale, così come le tenebre spariscono all’arrivo della luce. Uno scenario, quello dei “Mandarini” cristiani, che rallenta la sapienza umana, riconducendo l’essere umano ad una esistenza poco illuminata e priva di benessere diffuso. La base della casa celeste, a cui un vero credente dovrebbe aspirare, non può perciò fare a meno neanche di una delle otto colonne portanti e di stabilità delle beatitudini. Saranno a tutti i costi necessarie la povertà di spirito, l’afflizione, la mitezza, la misericordia, la purezza di cuore, l’opera di pace, la persecuzione per la giustizia, la calunnia per l’amore nel Signore.
Non costruire questa casa significa mutilarsi nell’anima, affluendo verso quella schiera di uomini e donne che pensano di essere comunque nella giustizia. Un modo collettivo per escludere ogni responsabilità dalle azioni personali, relativizzando qualsiasi condotta e spegnendo i dettami della saggezza divina. Tutto diventa così funzionale ai propri desideri, anche se si ruba; si delinque; si tradisce; si rende falsa testimonianza; s’inganna; si dicono falsità; si commette adulterio; si altera la natura umana; si rende vana la messa della domenica.
Per molti in una società aperta alle corruzioni e alle intemperanze, così come alla violenza e alla soggettività dei diritti, si diventa quasi degli “scemi” se si è scelto di vivere osservando i comandamenti ed edificando la propria personalità sulle beatitudini. È “scemo” quindi chi non approfitta; chi non prende le cose degli altri; chi non s’impone su qualunque questione; chi non è prepotente; chi si lascia crocifiggere per amore del prossimo? Se Dio si è fatto mettere in croce significa forse aver sbagliato la sua missione, passando per un debole o uno “scemo” qualsiasi?
Non ci potrebbe essere bestemmia più grande! Quel sacrificio ha dato ad alcuno la possibilità di salvezza. Avremmo avuto altrimenti la vittoria schiacciante del demonio sulla luce del cielo per l’eternità. Certo Satana c’è ancora, ma rimane una preferenza dell’uomo. Lo sarà probabilmente per i “Mandarini” cristiani o atei, ma non di sicuro per gli “scemi” immersi nel colore e nel calore della Parola di Dio. Far proprio il discorso della montagna nella politica, nell’economia, nell’arte, nel lavoro, nella famiglia non significa rinunciare alle belle e buone cose del mondo, né tantomeno apparire come soggetti debilitati e fuori dalla realtà.
Chi assume dentro di sé le colonne portanti della casa del cielo e le Leggi eterne del Signore, si candida ad attore principale del proprio tempo, pur mancando di qualcosa o di più cose. Il parametro di riferimento per salvarsi non può essere la vita di che ostenta ricchezza o potere fine a sé stesso, ma la croce di un uomo che ha salvato chiunque lo ha tradito e ucciso. Questa non è una fiaba, ma è la storia che scricchiola ogni qualvolta che si fa fatica a riconoscere il suo valore eterno.
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ZENIT
Il cristiano è uno "scemo"?
Seguire Cristo non equivale ad essere fuori dalla realtà, ma al contrario significa essere attori principali del nostro tempo