Il giorno di Natale è già trascorso e in queste sere di raccoglimento ho lasciato spazio alla fantasia, frutto dei desideri del mio cuore.
Immaginavo una Grotta al centro del mondo e il mondo senza più la sua forma consueta, bensì quella della Grotta di Betlemme. Lì vedevo racchiusa la vera umanità. Quell’umanità che vuol fare del suo cuore la Grotta di Betlemme dove accogliere il Bambino Gesù.
Quest’immagine resta fissa per qualche istante nella mia mente, fino a quando il frastuono di parenti e amici pronti a sedersi a tavola non conduce il mio pensiero altrove, all’oggi della storia.
A quel punto, ciò che immaginavo svanisce e la forma consueta del mondo prende il sopravvento sulla Grotta che lentamente scompare e diventa un piccolo puntino, quasi invisibile. Mi siedo a tavola e un po’ di tristezza si impadronisce del mio cuore. Guardo le innumerevoli pietanze poste sulla tavola e penso: “Siamo mossi dal più becero consumismo che oramai domina ogni cosa. Non c’è più spazio per quell’umile Grotta che di anno in anno viene distrutta, pezzo dopo pezzo, da un’umanità che ha fatto del Natale uno sfrenato consumismo, una decadente corsa affannosa ai regali. Un giorno in cui si abbonda esageratamente nei cibi e si gioca fino allo sfinimento”.
Intanto, tra una portata e l’altra, all’angolo della casa intravedo un piccolo presepe. Ridotto oramai ad un suppellettile, come se ne vedono tanti, non richiama più l’attenzione di nessuno. Il frastuono del mondo non gli lascia spazio e i momenti di riflessione, di contemplazione, scompaiono. Il Mistero di salvezza resta racchiuso in quella Grotta.
Ancora seduta a tavola, l’immaginazione continua la sua navigazione nella mia mente: “Se solo si guardasse a quella grotta con occhi ricchi di fede, se ne comprenderebbe la sacralità. Si farebbe di essa il luogo dal quale attingere ogni cosa. Diventerebbe il fulcro della nostra esistenza. Dio, in quella mangiatoia, ha deciso di compiere il Suo progetto di salvezza e redenzione per l’intera umanità e noi restiamo indifferenti… quanta stoltezza!”.
Pensavo sempre più al progetto di Dio. In un’umile grotta, povera, sperduta, in una zona abitata da pochi pastori, la parte più emarginata del popolo d’Israele, Dio ha scelto di far nascere Suo Figlio. Niente grattaceli, né ville di ricchi possidenti. Perché questa scelta?
Lui, il figlio dell’Altissimo, nasceva povero tra i poveri, nudo, riscaldato solo da un bue e un asinello. Perché venne alla luce ed entrò a far parte di una storia tribolata sin dal grembo di Sua Madre? Perché la promessa di Dio ebbe compimento lontana dagli occhi indiscreti dei più, nel silenzio di una notte gelida?
Cosa ha voluto insegnarci Dio? Cosa deve apprendere l’umanità? E com’è possibile che una culla, fatta di legno e ricoperta di fieno, diventasse luogo di preghiera, adorazione? Com’è possibile che venisse annoverata nei tempi? Se ci riflettiamo è paradossale che la storia di un bambino che nasce in una grotta, un evento socialmente insignificante, sia ricordato nei millenni in ogni ambito!
Nella pittura, già a partire dal IV secolo, il tema della nascita di Cristo è stato interpretato. Ricordiamo la Natività mistica di Sandro Botticelli, la Nascita di Gesù di Giotto, la Natività di Lorenzo Lotto e di Caravaggio.
E poi ancora poeti, scrittori, registi e musicisti, hanno tratto ispirazione dal messaggio di Gesù per donarci le loro opere. Ricordiamo il capolavoro di Charles Dickens Un canto di Natale e Sogno di Natale di Luigi Pirandello, con l’autore che sogna d’incontrare un affranto Gesù alla ricerca di un’anima in cui rivivere. E poi il canto Stille Nacht di origine austriaca e tradotto in diverse lingue.
Come non ricordare poi gli artigiani che con lo scalpello si ingegnano per costruire i presepi più belli?
Chi è allora quel Bambinello che giace in una mangiatoia e che tutti annoverano?
Magari, solo per sentito dire, sappiamo che è il Salvatore. Ma non sappiamo il significato di tale parola, né vi crediamo. Non crediamo che è sceso sulla terra per redimere ogni uomo e attrarre il cuore di chi, mite e umile, è pronto ad accogliere il mistero di Dio e ricordarlo al mondo.
Se solo facessimo nostra questa verità, l’umanità riacquisirebbe un significato nuovo. Quella grotta, schiacciata e soffocata dal mondo, ridiventerebbe il centro di tutto.
Il mondo però rifiuta la verità e continua a percorrere le sue vie. L’uomo osserva quella Grotta dimentico di ciò che rappresenta e vorrebbe zittire coloro che lo ricordano. Spetta allora al cristiano annunciare la verità.
Ricordare a tutti che quel Bambino nasce anche per te! Nasce per dire a tutti che la salvezza è giunta sulla terra. Nasce per insegnarci a diventare uomini veri, ricolmi di ogni virtù. Nasce per dirci chi è Colui che si è sacrificato per noi, per redimerci e farci conoscere la verità.
Partiamo dalla verità racchiusa in quella Grotta, in quella nascita, che è una verità di amore, di redenzione. Un dono gratuito concesso da Dio per la salvezza di ogni creatura.
Guardiamo allora alla Grotta di Betlemme con cuore aperto. Non permettiamo che la mangiatoia resti uno spoglio suppellettile da porre su un mobile giusto il tempo delle festività natalizie.
Comprendiamo la bellezza di verità racchiusa in quella Grotta, bene per noi e per l’umanità intera.
Commons Wikimedia - PD
Dalla forma del mondo… alla forma di Dio
Anche nel frastuono del Natale consumista, il mistero della salvezza resta racchiuso in una Grotta