Una grande e produttiva città del Nord Italia, che non riesce ad uscire dalla sua crisi e in cui la povertà avanza in modo preoccupante. L’allarmante quadro è stato rappresentato dall’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, nel corso della conferenza stampa tenuta stamattina in occasione delle festività natalizie.
“Il 2016 non ha ancora segnato un cambio di tendenza rispetto al processo di impoverimento che ha visto colpita una larga fascia della nostra Città”, ha detto il presule, ricordando che “continua ad emergere il bisogno sommerso che ha portato singoli e famiglie in situazione di fragilità estrema”.
A titolo di esempio della gravità della crisi nella principale diocesi piemontese, monsignor Nosiglia ha menzionato i numeri del solo centro di ascolto della Caritas diocesana, meglio conosciuto come Le Due Tuniche, dove negli undici mesi scorsi, l’arcivescovo ha incontrato circa 10mila persone, mentre “otto anni fa non arrivava a mille all’anno”.
In modo particolare, ha aggiunto Nosiglia, “sta crescendo la povertà dei minori e dei giovanissimi: il 30% delle famiglie ascoltate ha figli di quelle età”. Inoltre, non mancano “minori in difficoltà per il cibo, spesso inadeguato, per i carichi scolastici (quanti ragazzi non riescono a partecipare alle attività extrascolastiche a pagamento!), per le necessità di cure sanitarie, soprattutto ortodontiche ed odontoiatriche, per la solitudine conseguente alla separazione dei genitori”.
Le statistiche riguardanti il territorio diocesano registrano “la continua presenza dei fratelli caduti nelle forme estreme della povertà – costretti ad abbandonare casa, famiglia, affetti, occupazioni – e finiti sulla strada. Numeri abbastanza stabili da un paio di anni a questa parte, ma qualità negativa assai cresciuta. Sempre meno clochard e sempre più persone cadute in povertà grave a seguito di fallimenti nel lavoro e negli affetti”, ha sottolineato monsignor Nosiglia.
L’arcivescovo riferisce di drammatiche lettere di cittadini disoccupati, che non chiedono denaro o sussidi ma semplicemente la possibilità di lavorare o tornare a farlo, rendendosi disponibili anche per mestieri umili.
Un fenomeno significativo riscontrato dall’arcivescovo è che “per la prima volta, dall’inizio dell’attuale processo migratorio, si è registrata una lieve diminuzione del flusso: rispetto all’anno precedente la popolazione straniera è diminuita di 783 unità”.
Torino si è comunque rivelata diocesi piuttosto accogliente in tema di rifugiati: dall’appello di papa Francesco all’Angelus del 6 settembre 2015, oltre 400 profughi sono ospitati gratuitamente dalle famiglie o dalle parrocchie della città.
Rovescio della medaglia è l’alto numero di “diniegati”: migranti che, pur avendo intrapreso un “cammino di integrazione positivo”, si sono visti rifiutare l’asilo, finendo costretti all’irregolarità o a tornare nel loro paese.
Nonostante tutti questi segnali allarmanti, a Torino, “la rassegnazione che incombeva alcuni mesi fa – ha sottolineato Nosiglia – si stia diradando e, malgrado tutte queste criticità, si stia attivando in molti la volontà di una ripresa di fiducia e di impegno”. Questo moto di reazione, ha puntualizzato il presule, non va lasciato “cadere” e quanti “desiderano farsi protagonisti del loro domani”, non devono rimanere “da soli”.
Con una particolare attenzione alle “periferie”, l’obiettivo sarà quindi quello di “unire le forze, valorizzando le tante realtà religiose, civili, economiche, finanziarie, culturali e sociali” della città.
Essendo Torino un “laboratorio unire le forze, valorizzando le tante realtà religiose, civili, economiche, finanziarie, culturali e sociali”, occorrerà “lavorare insieme su casi mirati che, se risolti, diventerebbero modello anche per molti altri nei vari ambienti”, ha poi concluso monsignor Nosiglia.
Mons. Nosiglia: “A Torino povertà sempre più diffusa”
L’arcivescovo denuncia i crescenti disagi sociali nella sua diocesi, controbilanciati da una ripresa della fiducia tra i cittadini