È con grande tenerezza che Francesco accoglie gli oltre 7mila medici, infermieri, personale e soprattutto bambini della comunità dell’Ospedale Bambino Gesù, nell’udienza di stamane in Aula Paolo VI. Il Papa fa sedere pure intorno a sé un gruppo di piccoli e ascolta con attenzione le quattro domande che gli vengono rivolte.
Questa tenerezza, però, Bergoglio la mette da parte nel lungo discorso a braccio, durante il quale denuncia che: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione”. E, subito dopo, mette in guardia dalla tentazione “di trasformare una cosa tanto bella come un ospedale di bambini in un’impresa”, dove tutti diventano affaristi: medici, infermieri, vertici.
Episodi accaduti nel passato del nosocomio, polo di eccellenza internazionale, finito in mezzo allo scandalo Vatileaks 2 per alcune transazioni sospette. Nel 2015 il Papa aveva quindi rinnovato il consiglio direttivo dell’ospedale con l’obiettivo di trasformare il Bambino Gesù in quella “grande opera di carità” che è sempre stato auspicio di tutti i Papi.
“Il Bambino Gesù ha avuto una storia non sempre buona, non sempre, tante volte buona, ma alcune epoche no” ha ricordato infatti il Pontefice, rispondendo alla domanda di Luca, studente di Scienze infermieristiche su quale sia il “marchio di fabbrica” dell’Ospedale. “La tentazione di fare l’uniformità, di trasformare una cosa tanto bella come un ospedale di bambini in un’impresa e fare affari, e i medici diventano affaristi, gli infermieri affaristi, e tutti affaristi”, ha sottolineato Francesco. “Io non dico che tutto sia perfetto: no, per chi lavora nel Bambino Gesù il marchio di fabbrica è essere stanco, sudato, sporco, anche con voglia di andarsene a casa ma di rimanere. Dare la vita lì. Ma di una sola cosa bisogna avere paura: la corruzione”.
“Guardate i bambini e pensiamo ognuno di noi: io posso fare affari corrotti con questi bambini?”, ha proseguito Bergoglio, “io posso finire la giornata sudato, sporco, stanco, con voglia di dire alcune parole un po’ e mandare qualcuno a quel paese? Sì. Ma senza corruzione! Il cancro più forte di un ospedale come questi è la corruzione. E la corruzione – ha rimarcato – non viene da un giorno all’altro: si scivola lentamente, oggi una mancia qui, una tangente là, domani una raccomandazione e lentamente senza accorgersene si finisce nella corruzione”.
Allora, “in questo mondo dove si fanno tanti affari con la salute, si inganna tanta gente con l’industria della malattia, il Bambino Gesù deve sapere dire ‘no’. Peccatori sì, tutti noi lo siamo, ma corrotti mai”, ha affermato Francesco. E ha invitato a guardare ai bambini prima di cadere e scadere in qualsiasi illecito: “I bambini danno da fare ma non sono corrotti. Stancano, ma non sono corrotti”.
Sempre dai bambini noi adulti dobbiamo imparare un’altra virtù: la speranza. Perché spesso, e questo capita soprattutto a infermieri e infermiere sempre a contatto con la sofferenza, si rischia di “raffreddare la speranza” e di diventare “asettici”. Questa è una “brutta malattia contagiosa”, ha affermato il Pontefice. Dai piccoli, perciò, dobbiamo “riscoprire ogni giorno il valore della gratitudine, saper dire grazie – lo insegniamo ai bambini e poi non lo facciamo noi adulti – perché dire grazie alimenta la speranza nella quale siamo stati salvati, come dice San Paolo”.
La speranza, ha aggiunto il Vescovo di Roma, “è la benzina della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno. Allora è bello vivere come figli di Dio, semplici piccoli e gioiosi. Avvicinarsi ai bambini è la medicina più sicura, perché lì si dà la speranza. Tu vedi bene come un bambino lotta per la vita e questo insegna tanto. Sempre la speranza, perché non si raffreddi il cuore e si diventi asettici”.
Ancora in tema di bambini, Papa Francesco ha risposto alla domanda di Valentina, infermiera in Pediatria Multispecialistica, che chiedeva: “Perché i bambini soffrono?”. È un quesito “grande e difficile. Io non ho risposta…”, ha ammesso Bergoglio. “E credo che sia bene che questa domanda rimanga aperta. Nemmeno Gesù ha dato risposta a queste parole. Di fronte ad alcuni casi capitati allora di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non ha fatto prediche, discorso teorici… Gesù invece ci ha mostrato la via per dare il senso anche a questa esperienza umana, non ha spiegato perché si soffre ma sopportando con amore la sofferenza ci mostrato per chi si soffre. Non perché ma per chi”.
L’unica risposta, ha detto il Santo Padre, è “guardare il Crocifisso, piangere e pregare”. “Non voglio dare ricette che non servono”, ha sottolineato il Papa, “accompagnare un bambino che soffre è tanto difficile”, servono “la tenerezza, le carezze, la vicinanza, il pianto, piangere con lui, con lei, soltanto questo”, perché “è la nostra carne che soffre in quel bambino. E quando si soffre non si parla, si piange e si prega. In silenzio”.
Per questo, ha ribadito Bergoglio, “le infermiere sono tanto importanti in ospedale, sono loro che sono vicine alle sofferenze, che capiscono le sofferenze e sanno come gestire quella sofferenza, come accompagnare. Anche le infermiere, perché sono quelle vicine all’ammalato, sono quelle che capiscono meglio il percorso della malattia”.
A riguardo, il Papa ha ricordato la sua operazione a 21 anni per una grave polmonite. “Non si sapeva cosa fosse, pensavano fosse un’influenza, poi tanta febbre… Mi hanno portato in ospedale e subito mi hanno tolto tanto liquido dal polmone. Il dottore ha detto: ‘Gli dia un milione (per fare un esempio) di penicillina e 500mila grammi di streptomicina’. E se n’è andato. E la suora che era infermiera ha detto: ‘No, 3 milioni e 1milione. Perché aveva il fiuto della malattia”.
“Io non sparlo contro i medici, sono bravi eh!”, ha aggiunto Francesco con ironia, ma “voi avete il fiuto della malattia. Le infermiere, gli infermieri, per quella vicinanza che hanno col malato hanno una qualità speciale per accompagnare e anche per guarire per la vicinanza”.
Quella infermiera, che Bergoglio ha continuato a incontrare fino alla sua morte, era infatti sempre felice. “Lei era sempre uguale: felice, felice, felice. Le cose amare le ingoiava e poi sicuramente litigava col Signore, ma la felicità di veder crescere vita, di seminare vita, di vedere bambini crescere forti, questa è la gioia, la speranza, il vostro stipendio con due tredicesime ancora”, ha detto il Papa. Forse i risultati non si vedono subito “ma si vedranno lassù”, perché così è il “seminare”: “Ogni gesto – ha concluso il Vescovo di Roma – è un seme che si butta nella terra della vita e questo germoglierà, fiorirà, darà i suoi frutti. Mai si sa quale sarà la fine di un seme, ma che ci darà qualcosa sì”.