Photo by Picture Post/Hulton Archive/Getty Images

Il fondamento dell’autorità politica

Il cristiano è sempre pronto al perdono e alla misericordia. La stessa che non copre i misfatti, ma aiuta i cuori ravveduti a liberarsene

Share this Entry

Per chi fa politica, o comunque assume ruoli decisionali importanti, è necessario avere una coscienza libera e rispettosa della natura sociale delle persone. La Dottrina Sociale della Chiesa, ispirata dal vangelo, ne traccia le linee essenziali, senza le quali è possibile nel tempo una deriva per chiunque abbia ruoli direttivi. Non bisogna mai dimenticare che “Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani sociali per natura”. Ogni convivenza civile ha inevitabilmente bisogno di una autorità che la sostenga, “la quale ( si legge al n. 393 del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa ), non altrimenti che la società, è di natura, e perciò stesso viene da Dio”.
Ciò presuppone che ogni autorità, a motivo dei compiti che le appartengono, si deve porre come parte integrante comprovata e non sostituibile di ogni forma di comunità. L’autorità politica ha in modo specifico il ruolo di coordinare e di dirigere le articolate realtà sociali ed ogni singolo corpo intermedio attivo sul territorio; il tutto al servizio di una crescita umana integrale. L’attività quotidiana dell’autorità politica deve sempre muoversi e qualificarsi per la promozione e la difesa del bene comune, nei confini dell’assetto morale, alla luce di “un ordinamento giuridico legittimamente definito o da definire”.
In questa cornice tutti i cittadini hanno l’obbligo di acconsentire in piena coscienza. Al punto 394, sempre del Compendio, si legge con chiarezza: “L’autorità politica deve garantire la vita ordinata e retta della comunità, senza sostituirsi alla libera attività dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola e orientandola, nel rispetto e nella tutela dell’indipendenza dei soggetti individuali e sociali, verso la realizzazione del bene comune”.
In una democrazia degna di questo nome c’è da sottolineare che il popolo, in varie forme, trasferisce l’esercizio della sua sovranità ad ognuno che è stato eletto liberamente.
Nello stesso tempo ne mantiene il titolo per farlo valere sulla qualità di governo messa in atto, riservendosi di farlo mancare in caso di inadeguatezza gestionale. Al n. 395 si sottolinea: “Il soggetto dell’autorità politica è il popolo, considerato nella sua totalità quale detentore della sovranità”.
Oggi più che mai va ricordato che ogni autorità debba basarsi principalmente sulla legge morale. Non bastono perciò solo criteri di carattere sociologico e storico, alla base spesso di regimi proposti come soluzione per l’uguaglianza e la partecipazione generale. Sono spesso gli stessi a presentarsi nel tempo privi di principi etici, senza i quali cade ogni impalcatura di giustizia e di reale cambiamento.
Cadendo un ordine morale, trascendente, universale, valevole per tutti, viene meno la possibilità di divenire comunità a tutti gli effetti. Se Dio non diviene il riferimento primario di un dato ordine morale, si rischia di far crollare qualsiasi idea sociale e politica scelta per amministrare.
Gli uomini, se fuori da questa connessione con il cielo, utilizzano per guidare una qualsiasi realtà la propria verità soggettiva, con i guasti che la storia ha purtroppo puntualmente attestato. Punto n. 396: “L’autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale: tutta la sua dignità deriva dallo svolgersi nell’ambito dell’ordine morale, il quale si fonda in Dio, che ne è il primo principio e l’ultimo fine”.
Quando si parla di valori umani e morali essenziali si intendono quelle virtù che manifestano e difendono la dignità della persona, provenendo dalla stessa verità dell’uomo. È un arbitrio, non certo utile allo sviluppo integrale della collettività, cercare di modificarli attraverso maggioranze di opinione, legate alla mutevolezza del momento. Essi invece vanno considerati elementi solidi di una legge morale obbiettiva, iscritta da sempre nel cuore dell’uomo. Leggiamo al punto 397: L’autorità deve riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani e morali essenziali”.
Ogni qualvolta che per un certo motivo, magari per un oscuramento della coscienza personale o comunitaria, si mettano in discussione i valori fondamentali della legge morale,lo stesso ordinamento statale sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione pragmatica dei diversi e contrapposti interessi”.
Quando un cittadino si trova a scegliere una forma di governo o a preferire attraverso un referendum un nuovo assetto fondamentale o meno, non può, al di là della sua appartenenza partitica, non valutare la sua scelta basandosi su quegli indirizzi che provengono da una legge morale, garante dei principi ontologici che reggono l’uomo da quando è venuto al mondo.
Oggi spesse volte si costruiscono diritti a tavolino, sconvolgendo le verità naturali o si fanno campagne referendarie prive di analisi profonde, se non legate a presupposti di altra fattura che oscurano lo stesso carattere della decisione da prendere, sia per la sua promozione o bocciatura. Si bara con se stessi e con la società interessata. La legge umana è comunque vera legge quando è fedele alla retta ragione, derivando essa dalle norme eterne. Fuori da questo ambito si rischia di produrre una legislazione iniqua, facendo di fatto diretta violenza sugli stessi cittadini. Il punto n. 397 suggella questo pensiero di rettitudine:
L’autorità deve emanare leggi giuste, cioè conformi alla dignità della persona umana e ai dettami della retta ragione”. Una cosa è quindi la diversa organizzazione strutturale di una forza politica, altro è la non adesione a dei principi morali che superano le differenze democratiche, proiettate opportunamente ad una diversa pianificazione della res pubblica. La garanzia etica e sociale è data sempre dal rispetto generale del fondamento dell’autorità politica, se legata espressamente ad un ordine che si regge in Dio; scisso da Dio è destinata ad una vera e sicura disintegrazione.
Vorrei infine evidenziare alcune verità bibliche, capaci di sollecitare la retta via per chiunque abbia un responsabile ruolo politico e sociale. Lungi da me la tentazione di affermare un modello di “terrorismo biblico – spirituale”, ma nemmeno l’idea di un qualsiasi desiderio di vendetta populista. Il cristiano è sempre per il perdono e la misericordia. Nessuno però può pensare che bene e male agli occhi del Signore siano la stessa cosa. La stessa misericordia non copre i misfatti, ma aiuta i cuori ravveduti a liberarsene per sempre.
Chi governa, per il suo bene e per quello del popolo amministrato, dovrebbe comunque far propri i messaggi che provengono dal libro della Sapienza. L’essere giudicati con rigore dal Signore per le cose fatte o eluse, non dovrebbe gettare scompiglio, ma tracciare la giusta strada da intraprendere.
Nel testo, proposto dalla CEI nel 2008, leggiamo tra l’altro un messaggio forte per chi ha degli oneri pubblici diretti. Un monito che oggi viene solitamente ignorato, pur mantenendo una verità eterna che mai si potrà rimuovere. Chi tende a fare un discorso di giustizia tra gli uomini, dovrebbe invece maturare la consapevolezza di determinare per sé e per gli altri le giuste e attuali considerazioni.
“Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere; imparate, o governanti di tutta la terra. Porgete l’orecchio, voi dominatori di popoli che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni. Dal Signore vi fu dato il potere e l’autorità dall’Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge, né vi siete comportati secondo il volere di Dio.  
Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore. Il Signore dell’universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo. Ma sui dominatori incombe un’indagine inflessibile. Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate in errore…”.

Share this Entry

Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione