In questa quarta parte dell’intervista concessa a ZENIT, Monsignor Costantino Di Bruno spiega il ruolo e il compito della Chiesa nella pratica del sacramento della riconciliazione .
A proposito della confessione ha scritto San Giovanni Paolo II che “Proprio nel confessionale la paternità del sacerdote si realizza nel modo più pieno. Proprio nel confessionale ogni sacerdote diventa testimone dei grandi miracoli che la misericordia divina opera nell’anima che accetta la grazia della conversione.”
E san Giovanni Maria Vianney : “Non c’è niente che offende tanto il buon Dio quanto il disperare della sua misericordia. C’è chi dice: “Ne ho combinate troppe; il buon Dio non può perdonarmi “. È una grande bestemmia. E mettere un limite alla misericordia di Dio, mentre essa non ne ha perché è infinita.”
Se confessione è Misericordia, la Chiesa è la casa dove si trovano i confessionali e i sacerdoti .
Abbiamo chiesto a monsignor Costantino Di Bruno, cappellano di Sua Santità, già Penitenziere Maggiore della Cattedrale di Lamezia Terme dal 1985 al 2006.
Cosa sta facendo la Chiesa per favorire il ritorno delle persone alla confessione?
La Chiesa ai nostri giorni può fare veramente poco. Ormai si vive in un mondo senza più riferimento a Dio, alla sua Legge, ai suoi Comandamenti, alla sua Parola. I problemi della Chiesa non sono di confessione, sono di evangelizzazione, annuncio della Parola, proclamazione della verità. Il semplice fatto che sulla questione della Eucaristia da dare ai divorziati risposati, non si parli quasi mai di confessione, un qualche dubbio deve pure suscitarlo? La Chiesa ha sempre insegnato che l’Eucaristia è sacramento dei vivi e non dei morti. Sacramenti dei morti “spirituali” sono il battesimo e la confessione. Essa ha ribadito nella sua dottrina che per vivere una santa confessione occorrono cinque cose: “Esame di coscienza, dolore dei peccati, proponimento di non commetterne più per l’avvenire, accusa dei peccati, soddisfazione o penitenza”. Ha anche detto che per una buona Comunione di cose ne occorrono tre: “Essere in grazia di Dio, sapere e pensare chi si va a ricevere, essere digiuni almeno da un’ora”. Posso accostarmi al sacramento della penitenza o confessione? Se posso accostarmi al sacramento della confessione e posso essere assolto, posso anche ricevere l’Eucaristia. Ora è evidente che la Chiesa non può demandare al singolo vescovo di stabilire chi può e chi non può. Neanche il singolo vescovo deve demandare al singolo presbitero. Un presbitero, poco in comunione con lo Spirito Santo, non fa differenza tra peccato e non peccato. Neanche un presbitero difensore della legge e della morale, sarà in grado di distinguere un cuore da un altro cuore. Occorre che sia la Chiesa a stabilire ogni cosa. Alla Chiesa va ogni obbedienza nella fede. Altrimenti si viene a creare una Torre di Babele peggiore della prima.
Cosa urgente che la Chiesa deve fare per il ritorno alla confessione è annunziare se stessa come unica e sola mediatrice del dono del perdono. Assieme alla grande evangelizzazione sulla verità della Chiesa – cosa difficile da operarsi se molti figli della Chiesa oggi neanche più credono in Cristo – occorre una capillare evangelizzazione su Cristo e sulla verità della sua Parola. Infine una evangelizzazione sulla morte sociale, spirituale, religiosa, morale, politica, frutto delle conseguenze del peccato. Anche la terra viene distrutta dal peccato dell’uomo. Ogni peccato è un colpo di morte inferto alla natura. Il problema non è dell’uomo. È sempre della Chiesa. Osserviamo ciò che diciamo, confrontiamo poi quanto da noi proferito con il Vangelo, noteremo che vi è un abisso di disuguaglianza. Non siamo più mediatori del Vangelo. Se un ministro sacro non è mediatore del suo ministero, perché lo vive non dalle esigenze di Dio, ma da quelle dell’uomo, che non sono quelle indicate da Dio, ma quelle scelte dal suo cuore, lui è strumento di sé stesso, ma non mediatore. Se sempre lo stesso ministro storna il suo particolare carisma, dato per arricchire di personalità di Spirito Santo il suo ministero, e lo vive secondo la sua volontà e non secondo le esigenze dello Spirito, le opere da lui compiute sono abominevoli, inique. Diviene secondo Cristo Signore operatore di iniquità. Rinnega Cristo, lo Spirito, il Padre, per porsi a servizio della sua volontà e dei suoi pensieri.
Se la Chiesa vuole favorire il ritorno alla confessione, deve credere che essa è mediatrice della volontà del Padre e del suo amore, mediatrice di Cristo, della sua grazia, della sua verità, della sua espiazione, mediatrice dello Spirito Santo, secondo il ministero e il carisma personale di ciascuno. Senza la mediazione trinitaria, siamo strumenti di noi stessi. L’uomo, non vede in noi l’uomo del Padre, di Cristo, dello Spirito Santo. Vede noi stessi e un uomo mai si inginocchierà dinanzi ad un altro uomo. Si inginocchierà per necessità momentanea, poi sparirà dalla nostra vista. Questo va detto anche per gli altri sacramenti. Tutti i problemi dell’uomo, sono prima di tutto problemi della mediazione. Cristo Gesù, vero mediatore del Padre, nello Spirito Santo, attirava tutto il mondo a sé. Farisei e scribi, capi dei sacerdoti e anziani del popolo, strumenti solo di se stessi, per se stessi, respingevano il mondo, lo allontanavano. Quando avremo risolto il problema della vera mediazione, quando non saremo strumenti di noi stessi, sia nella rigidità che nel lassismo, avremo risolto tanti problemi e daremo vera pace al mondo. Lascio a tutti la libertà di pensare secondo il loro cuore. Queste sono solo “impressioni personali, senza alcuna pretesa”. Essere mediatore del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e anche della Madre di Dio è cosa molto difficile da raggiungere nella sua perfezione. Almeno proviamoci!
Confessione / Wikimedia Commons - Judgefloro, CC BY-SA 4.0
Chiesa mediatrice dell’amore di Dio
Secondo monsignor Costantino Di Bruno, i problemi della Chiesa non sono di confessione, quanto di evangelizzazione