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Ammonire i peccatori… a partire da se stessi

La terza opera di misericordia spirituale implica la disponibilità ad accettare a sua volta una correzione fraterna

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Le sette opere di misericordia spirituale sono legate a sette verbi distinti, ognuno dei quali identifica una azione specifica da compiere verso i diversi stati di salute spirituale di una persona. Un verbo poco usato oggi nel linguaggio comune è ammonire. La terza opera di misericordia spirituale è ammonire i peccatori.
Il verbo ammonire ha nella sua radice la parola “monito”, che nella lingua italiana indica una amorevole esortazione, la quale si rivolge ad una persona per avvisarla dello stato del pericolo in cui si trova o per informarla sulle dolorose conseguenze che il suo gesto può provocare. Ammonire non è sinonimo di giudicare, condannare o scartare. Ammonire è quella dolce azione di richiamo di chi cerca il bene del suo interlocutore. Ammonire i peccatori diventa quel gesto di amore disinteressato e caritativo che guarda al cuore della persona.
Questa opera richiede prima di tutto coraggio. La più grandi tentazioni di questa opera di misericordia sono la vergogna e la timidezza. Quando si vede qualcuno che palesemente commette un peccato, si tende a rimanere in silenzio, si preferisce tacere piuttosto che parlare apertamente a quel fratello o a quella alla sorella. Questo omissione del parlare rivela disinteresse, freddezza e apatia verso la persona peccatrice.
L’opera di misericordia dell’ammonire inizia con il correggere se stessi. Se consideriamo che ogni opera di misericordia spirituale va prima applicata a se stessi, è importante analizzare la propria condotta, le proprie intenzioni del cuore, i propri pensieri più profondi e valutarli alla luce della Parola di Dio. La preghiera personale è quello spazio privilegiato dove scrutare il proprio cuore e lasciarsi ammonire dalla voce dello Spirito, il quale ha la caratteristica di segnalare quello che è da migliorare, ma nello stesso tempo offre il perdono di Dio.
L’opera dello Spirito Santo è il modello da seguire nell’ammonire i peccatori. Colui che ha fatto l’esperienza di essere stato ammonito e perdonato dallo Spirito Santo, è stato ricolmato di quella dolcezza e tenerezza che gli permetterà di rivolgersi al fratello peccatore con una delicatezza e bontà tipica di colui che desidera correggere e non denigrare le azioni altrui.
Tutte le opere di misericordia sono il frutto dell’accoglienza della grazia ricevuta. Ammonire è un’azione che richiede discernimento. I due poli opposti di ammonire sono ignorare ed esasperare. Ignorare è l’atteggiamento di colui che non vuole rischiare di correggere l’altro, per paura di inclinare il rapporto di amicizia o di fratellanza, per timore di essere allontanati dalla relazione con quella persona o per il terrore di sentirsi dire qualcosa di sgradevole riferito a sé stesso. La società attuale vive nella chiusura delle relazioni, cammina in un’ipocrisia perbenista che la priva del coraggio di affrontare alcune questioni scomode. La correzione fraterna è un grande atto di carità che possiamo compiere. Rinunziare alla correzione significa lasciare la persona nella sua condizione di sofferenza.
L’esasperazione di colui che corregge continuamente il fratello o la sorella è un atteggiamento da evitare, perché produce l’effetto di scoraggiare il peccatore, aggravando il suo senso di malessere e di angoscia. Esasperare si traduce nel ripetere continuamente lo stesso ammonimento. La carità della correzione è quella di usare la regola evangelica di parlare la prima volta da soli al peccatore. Se non si viene ascoltati, si attende del tempo per aspettare la sua reazione. Se nulla cambia nella sua condotta, allora è lecito passare a coinvolgere uno o due persone che lo conoscono. Solo se continua il rifiuto di accogliere la correzione, allora va coinvolta nell’ammonimento tutta la comunità, tutta la famiglia, tutto il gruppo di amici, tutti colleghi di lavoro a seconda dell’ambito dove uno vive e dove ha commesso il peccato.
Il coinvolgimento della totalità della comunità sarà lo stimolo che condurrà il peccatore al cambiamento. Ma se dovesse continuare per la sua strada continuando a commettere il suo errore, allora va trattato con dolcezza e rispetto, attendere la maturazione dei tempi, pregare tanto per lui o per lei, ed essere sempre disposti ad ascoltare e frequentarlo senza cadere nella trappola del giudizio. Questo modo di agire evangelico ci fa comprendere cosa significhi amare davvero una persona, e come questa forma di amore sia possibile solo con la grazia di Dio da chiedere giornalmente nella preghiera.
Ammonire il peccatore significa essere disponibili ad accettare una correzione fraterna. Molte volte non ci rendiamo conto che il nostro ammonimento non risulta efficace, perché la reazione di chi si sente corretto spesso è quella di replicare, dicendo qualche mancanza verso colui che ci ha ammonito. Se l’ammonitore accoglie con benevolenza la correzione ricevuta, anche il suo richiamo avrà una capacità maggiore di essere accolto e accettato.
Ammonire il peccatore presuppone una grande prudenza nel parlare. La frenesia, che ha contagiato la nostra società, ha raggiunto anche il parlare. Il saggio è colui che ha approfondito interiormente una certa situazione prima di esprimere una opinione o prima di dare un consiglio. Ascoltare è l’antidoto al veleno del giudizio affrettato e della condanna facile. Ammonire significa limitarsi a riferire il comportamento che necessita di essere corretto, senza aggiungere commenti superflui o irriverenti, senza denigrare troppo l’operato dell’individuo, senza offendere la dignità della persona.
L’ammonitore non deve creare sfiducia. Una delle mancanze più ricorrenti del modo di ammonire è quello di estendere il rimprovero a diversi ambiti. È importante discernere cosa rimproverare e limitarsi a concentrarsi ad un aspetto alla volta. Rischia di essere inefficace quell’ammonimento generale che riguarda tutti gli ambiti dell’esistenza. Correggere un aspetto speso conduce a ridurre o estirpare altri mali della persona. L’essere corretti su un peccato conduce alla eliminazione di altri peccati. Così come vale il contrario: cadere in un peccato porta a commettere altri peccati.
Ammonire il peccatore non è solo una questione di parole ma nasce dall’esempio personale. Colui che vuole ammonire, ha allontanato l’errore che riconosce nell’altro. La credibilità del cambiamento personale è il fondamento della possibilità che l’altro si ravveda. Se diciamo a qualcuno di cambiare, possiamo portare la nostra esperienza di come abbiamo sofferto commettendo quel particolare peccato. L’ascoltatore rimane attratto anche dal racconto delle dinamiche che si creano quando si commettono determinate colpe. In questo caso l’opera di misericordia è quella di ammonire i peccatori raccontando come si è stati corretti.

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Osvaldo Rinaldi

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