Si apre con un autografo di Papa Francesco il libro edito da Dehoniane La parola ai poveri, che raccoglie alcuni testi di don Primo Mazzolari usciti sul quindicinale Adesso tra il 1949 e il 1957. Il volume è stato presentato al Pontefice lo scorso mercoledì 12 ottobre, durante l’Udienza generale.
Nel suo autografo – pubblicato da L’Osservatore Romano – Francesco scrive: “Ci farà bene leggere e meditare queste pagine molto attuali di don Primo Mazzolari, sacerdote coraggioso. Lui ci ricorda che i poveri sono la vera ricchezza della Chiesa, i poveri sono l’unica salvezza del mondo!”. “Chiediamo al Signore – domanda il Papa – la grazia di vedere i poveri che bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità, con atteggiamento di misericordia, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore”.
La prefazione del libro è affidata a mons. Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia, il quale ricorda le parole che don Primo scriveva nel suo Testamento: “Non possiedo niente. La roba non mi ha fatto gola e tanto meno occupato. Non ho risparmi, se non quel poco che potrà sì o no bastare alle spese dei funerali che desidero semplicissimi, secondo il mio gusto e l’abitudine della mia casa e della mia chiesa. Non ho niente e sono contento di non avere niente da darvi…”.
Il sacerdote era nato infatti in una famiglia povera e vissuto sempre tra poveri, a cominciare dagli scopai di Cicognara, dove aveva iniziato il suo ministero sacerdotale. “Poveri e ‘lontani’ divennero le due passioni umane e cristiane di tutta la sua vita”, scrive Sapienza, “e il suo non fu solo un sentimento, diventò azione, per i poveri, per i sofferenti, per gli ‘ultimi’, per i reduci delle due guerre mondiali, per i contadini. Per lui, Dio non era un pretesto per amare i poveri, ma erano piuttosto i poveri una possibilità per amare Dio”.
Su Adesso, il quindicinale da lui fondato, Mazzolari teneva una rubrica proprio con il titolo: “La parola ai poveri”. “Era cosciente – sottolinea il reggente della Casa Pontificia – che parlare dei poveri è un discorso poco interessante. Parlare ai poveri era assai comodo. Parlare in nome dei poveri è un discorso ambìto da molti. Dare la parola ai poveri è un’altra cosa. E così presenta pagine semplici e vive, rapide e audaci: non retoriche, non idilliche, non patetiche, non pacifiche”.
Un mese prima di morire, don Primo consegnò all’editrice La Locusta una raccolta di quegli scritti, che fu pubblicata nel 1960 con il titolo La parola ai poveri. I testi vengono riportati nel volume in questione, insieme ad altri non presenti nelle prime edizioni. Nella presentazione della prima edizione l’editore annotava: “Sono pagine che non piaceranno a molti cattolici d’oggi”. “E certamente anche oggi più di qualcuno troverà da ridire davanti ad alcune affermazioni di don Primo”, osserva padre Sapienza.
Che evidenzia la sorprendente “convergenza di vedute tra quanto scriveva ieri don Mazzolari e quanto annuncia oggi Papa Francesco”. Un esempio su tutti: “I destini del mondo si maturano in periferia”, scriveva don Mazzolari; “la realtà insieme si capisce non dal centro, ma dalle periferie. Si capisce meglio”, diceva Papa Francesco visitando una parrocchia della periferia romana, poco dopo la sua elezione.
Inoltre, “per quanto riguarda la povertà e i poveri, sembra che nulla sia cambiato dai tempi di don Mazzolari ai nostri”, aggiunge mons. Sapienza. “Vari Rapporti della Caritas informano che ‘esplode la povertà e il welfare arranca’. ‘Italiani sempre più poveri: otto milioni i poveri nel nostro Paese’. E oggi, poi, si aggiunge il dramma dei profughi che sbarcano sulle nostre coste. È per questo che, ancora recentemente, Papa Francesco ha affermato: ‘I poveri sono la proposta forte che Dio fa alla Chiesa affinché cresca nell’amore e nella fedeltà’. L’ostinata parola di Mazzolari, la sua essenziale verità, il suo inalienabile amore sono i poveri. I poveri visti di fronte agli uomini, di fronte a Cristo, di fronte ai cristiani”.
“Per l’amore ai suoi poveri, don Primo combatte la sua battaglia per una Chiesa povera e per i poveri”; nei suoi scritti stimola a quella “rivoluzione cristiana” che “vede nel povero il fratello”, perché – affermava – “i ricchi possono trovare posto in una Chiesa povera e di poveri, mentre i poveri non possono trovare posto in una Chiesa ricca e di ricchi”.
“La Chiesa è veramente di tutti se è veramente la Chiesa dei poveri”, conclude Sapienza, “la povertà è la condizione indispensabile della Chiesa per dare credito alla propria missione, per apparire ‘credibile’, degna di attenzione, di interesse, di ascolto, di rispetto, di affetto da parte di quanti la guardano, la giudicano, la interrogano, le chiedono di essere accolti nel suo grembo per diventare partecipi della sua vita e della sua missione”.