Guàrdati in tasca

Una grazia va sempre chiesta con insistenza: un cuore aperto, fiducioso e riconoscente davanti all’abbondanza di Dio

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Ricordo sempre quel giorno in cui noi bambini deridevamo sfacciatamente il nonno che, girando per la casa. Chiedeva rabbuiato e spazientito: “Dov’è la mia pipa? dove l’avete nascosta?”. Ridevamo perché cercava la pipa e l’aveva in bocca.
Non è raro il caso di trovarsi nelle stesse condizioni del nonno.
Sono stato una volta sotto la pioggia per un’ora a suonare il campanello, all’una di notte, perché mi aprissero la porta di casa. Chi è venuto ad aprire mi ha accolto serenamente dicendo: “ Guardati in tasca! La chiave ce l’hai anche tu”.  Guardai bene in tasca e… “Scusami, non sapevo”.
Un’altra volta andai a trovare alcuni amici. Citofono: ricordandomi che abitano al quinto piano, mi raccomandano di prendere l’ascensore. Vado subito alla porta dell’ascensore e premo il pulsante… Attendo qualche secondo… Non si muove nulla; riprovo a chiamare… Nessun movimento… e l’ascensore non lo vedo né lo sento arrivare.
Preso da una certa fretta, corro dal portiere e gli chiedo se l’ascensore non sia guasto: “L’ho chiamato due o tre volte – spiegai – ma non si è mosso”.  “Strano – mi disse il portiere – ha funzionato tutta la giornata. Tutti si complimentano di questo ascensore, resistente e veloce Comunque vengo subito a vedere”.
Appena giunto alla porta il guardiano, pratico, esclama: “Sa perché l’ascensore non si muove e non arriva? Perché è già presente. Non c’è che da aprire la porta”.
Ero ricoverato all’ospedale, le medicine che prendevo non sortivano alcun effetto. Alla fine il primario mi raccomandò di prendere, ogni giorno, alle 10, un farmaco del tutto speciale, strepitoso. In mia presenza raccomandò pure agli infermieri di non dimenticare quella medicina dalla quale dipendeva l’efficacia di tutte le altre.
Con una certa ansia attendo le 10 del giorno seguente. Ma non vedo nessuna compressa particolare. Protesto con gli infermieri che mi sorridono invitandomi a non preoccuparmi… Il giorno seguente, non vedendo ancora quel medicinale tanto importante per la mia salute, chiamo addirittura il primario e a lui manifesto la mia apprensione: “Ho chiesto e richiesto la medicina che lei mi ha tanto raccomandato…; ma la compressa non l’ho vista. Mi hanno dato da bere un semplice bicchier d’acqua”.
A questo punto anche il primario, sorridente, mi rassicura: “Non si preoccupi…Stia certo che la medicina le è stata portata e lei l’ha regolarmente bevuta. Stia tranquillo; il miracoloso farmaco era sciolto in quel semplice bicchier d’acqua”.
Sta tranquillo – mi sembra sentirmi dire -: nel semplice bicchier d’acqua di ogni momento, per vie inaspettate, nella apparente banalità d’un gesto, di una circostanza gioiosa o dolorosa, Dio riversa abbondantemente le sue grazie per te.
Se mentre preghi ti guardi in tasca, t’accorgi che hai più da ringraziare che da chiedere.
Una grazia chiedi con insistenza: un cuore aperto, fiducioso e riconoscente davanti all’abbondanza di Dio.
Ciao da p. Andrea
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Andrea Panont

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