L’Europa non ha una “espressione geografica”, né una “identità linguistica” ma i suoi popoli hanno in comune una “storia di libertà di donne e di uomini concreti”. Nella costruzione di questa identità il “ruolo del cristianesimo” è stato “imprescindibile”. Lo ha affermato il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, nella sua lectio magistralis all’Università Cattolica Portoghese di Lisbona, sul tema L’identità dell’Europa.
L’identità cristiana, ha aggiunto il porporato “non esclude altri importanti incontri, altri riconoscimenti, altre contaminazioni, altre radici”, in quanto “l’Europa è una storia plurale, anche all’interno dello stesso cristianesimo, nelle sue divisioni e specificità”.
Non è un caso, comunque, che dopo le “catastrofi della prima metà del XX secolo, le due terribili guerre mondiali, i totalitarismi, la Shoah”, l’Europa sia rinata dalle sue ceneri, proprio “grazie all’ispirazione cristiana di tre grandi statisti: Konrad Adenauer, Robert Schuman, Alcide De Gasperi”. Oggi, però, “quel felice progetto in parte realizzato, appare quasi perso”, nonostante l’“allargamento” dell’Unione Europea, “l’istituzione di una moneta unica e la definizione di un concetto di cittadinanza”.
La crisi in cui il vecchio continente si dibatte è pluriforme: “recessione economica”; “crisi dell’Euro”; “grandi migrazioni di massa”; “conflitto congelato nel sud dell’Ucraina”; “crisi dell’occupazione, soprattutto giovanile”; crisi della “generatività” e della “famiglia”; “desertificazione della religione”; “terrorismo”; “crisi istituzionale e democratica”, segnata dalla apertura di un “processo di de-europeizzazione avviato dal referendum inglese dello scorso giugno”.
L’Europa, tuttavia, ha lamentato il Segretario di Stato Vaticano, è deficitaria anche in altri ambiti: “di fronte alla crisi geopolitiche in corso, l’Unione europea non riesce a parlare efficacemente con una sola voce”, né ad essere un “soggetto forte ed equilibratore nella costruzione e nel mantenimento della pace”, ad esempio “nel contrasto al traffico d’armi che alimenta le guerre” o nella “realizzazione di un progetto di aiuti e interventi umanitari che mirino a porre fine ai conflitti”.
Gli attacchi terroristici che hanno colpito la Spagna, la Gran Bretagna, il Belgio e, soprattutto, la Francia, “hanno scatenato il corto circuito della paura e hanno dimostrato non solo il bisogno di un miglior coordinamento europeo in materia di sicurezza, ma anche il bisogno di un ritorno alle radici culturali profonde del continente”, ha sottolineato il cardinale Parolin, secondo il quale “identità deboli, anche sul piano religioso, generano processi sociali di disorientamento e, a volte, risposte generazionali di radicalismo”, impedendo “il dialogo e processi di integrazione”.
Uno sguardo è stato rivolto dal Segretario di Stato al fenomeno delle migrazioni dal Nord Africa e dal Medio Oriente, per le quali “più che le istituzioni dell’Unione, qui sono chiamati in causa i singoli stati che non accettano un sistema europeo comune di accoglienza, lasciando ricadere, anche grazie alla Convenzione di Dublino, il peso dell’accoglienza soprattutto sugli stati del Sud”.
Se da un lato, “non si deve sottovalutare il crescente sentimento di paura e d’insicurezza nelle popolazioni europee”, dall’altro, è necessario “ritrovare le radici cristiane sulle quali la storia dell’Europa si è sviluppata per poter esercitare fino in fondo la nostra responsabilità pubblica”, ha poi concluso Parolin.
Cardinal Parolin - Foto © ZENIT - HSM
Card. Parolin: “Identità deboli impediscono il dialogo e l’integrazione”
Intervenendo dall’Università Cattolica di Lisbona, il Segretario di Stato ribadisce l’urgenza del ritorno dell’Europa alle sue radici cristiane