Traboccano di ecumenismo le pagine del libro Bartholomew Apostle and Visionary – Bartolomeo Apostolo e Visionario, recentemente uscito negli Stati Uniti. Il volume disegna la figura del Patriarca ecumenico nel 25° anniversario della sua elezione alla sede di Costantinopoli, attraverso le pennellate di personalità del calibro di Papa Francesco e Benedetto XVI e altri esponenti religiosi come il rabbino David Rosen e l’arcivescovo anglicano Rowan Williams o politici come Joe Biden e Al Gore.
Ognuno offre il proprio contributo per ricostruire, tassello dopo tassello, il quarto di secolo di Bartolomeo sul soglio dell’apostolo Andrea. Quindi gli anni della giovinezza, l’opera pionieristica per la cura del creato, l’impegno per l’unità nell’ortodossia e per il dialogo interreligioso, il profilo pastorale. Tutto a partire da quell’elezione avvenuta il 22 ottobre 1991, dopo la morte del Patriarca Demetrio, a sua volta successore del grande Athenagora.
Ciò che ne risulta è “un delicato mosaico” come recita il titolo della nota introduttiva firmata da Benedetto XVI, il quale saluta il “caro fratello” en philèmati haghìo (“con il bacio santo”) e ricorda come, dopo la sua rinuncia, gli sia rimasto sempre vicino personalmente andando perfino a trovarlo nel suo “piccolo convento”.
“In molti angoli del mio appartamento si possono trovare ricordi ricevuti da lui. Questi oggetti non sono soltanto segni affettuosi della nostra amicizia personale, ma anche indicazioni verso l’unità tra Costantinopoli e Roma, segni di speranza che ci stiamo dirigendo verso l’unità”, scrive Ratzinger.
Rammenta quindi il “primo stretto contatto personale” con l’arcivescovo nel 2002, durante un viaggio in treno per Assisi per l’Incontro di preghiera. “Per me fu una gioia apprendere che il patriarca mi aveva invitato a sedere per un po’ accanto a lui, nello stesso scompartimento, e, in tal modo, conoscerci meglio”, spiega il Papa emerito. “Fui anche subito commosso dall’apertura e dal calore personale del Patriarca. Non ci volle un grande sforzo per avvicinarci di più l’uno all’altro. La sua apertura interiore e la sua semplicità ispiravano subito una piacevole intimità”.
In quel primo incontro, il Pontefice emerito vede “un ritratto dell’intera personalità del Patriarca ecumenico: vivere in cammino verso una meta; vivere nelle molte dimensioni delle grandi culture; vivere nell’incontro, sostenuto dall’incontro fondamentale con la verità che è Gesù Cristo”.
Per Benedetto, Bartolomeo è un “grande uomo della Chiesa di Dio” che “realizza un aspetto essenziale della sua missione sacerdotale” proprio attraverso il suo “grande amore per il creato”. Al contempo è anche “un patriarca davvero ecumenico, in tutti i sensi del termine”, che “in solidarietà fraterna con Papa Francesco sta compiendo ulteriori importanti passi sul cammino dell’unità”.
Di unità e fraternità parla anche Bergoglio nella sua preziosa prefazione, in cui, ricordando il giorno dell’inizio del suo ministero papale, al quale Bartolomeo volle essere presente, dice: “Ho sentito che stavo incontrando un uomo che cammina nella fede, che nella sua persona e nei suoi modi esprime tutta la profonda esperienza umana e spirituale della tradizione ortodossa. In quella occasione ci siamo abbracciati con affetto sincero e reciproca comprensione”.
Questa affinità spirituale si è rafforzata nei successivi incontri a Gerusalemme, Roma e Costantinopoli che, evidenzia il Papa, “hanno reso più profonda la nostra consapevolezza condivisa della responsabilità pastorale comune che abbiamo in questo momento della storia, dinanzi alle sfide urgenti che i cristiani e l’intera famiglia umana devono affrontare oggi”.
“La Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli sono unite da un profondo e antico vincolo, che neanche secoli di silenzio e di malintesi sono riusciti a spezzare”, rimarca infatti il Pontefice. Vincolo esemplificato dalla relazione tra gli apostoli Pietro e Andrea, fondatori delle rispettive Chiese, e dai predecessori Atenagora I e Paolo VI, i quali – scrive Francesco – “ci hanno lasciato il sacro compito di percorrere a ritroso il cammino che ha portato alla separazione delle nostre Chiese, sanando le fonti del nostro reciproco allontanamento”.
“Oggi, noi fratelli nella fede e nella speranza che non delude, siamo profondamente uniti nel desiderio che i cristiani d’oriente e d’occidente si possano sentire parte dell’una e unica Chiesa”, afferma Bergoglio. E ricorda le dichiarazioni comuni firmate a Gerusalemme e al Fanar in cui veniva ribadito “con fermezza e determinazione” l’impegno condiviso “a costruire un mondo più giusto e più rispettoso della dignità e delle libertà fondamentali” e a far crescere la consapevolezza della salvaguardia del creato, “scenario cosmico nel quale l’infinita misericordia di Dio – donata, rifiutata e ripristinata – viene manifestata e glorificata in ogni momento”.
Francesco si dice “profondamente grato” per la guida del Patriarca ecumenico in tale campo e ne condivide anche la “profonda sensibilità spirituale” per “la dolorosa condizione dell’umanità attuale, così profondamente ferita da indicibile violenza, ingiustizia e discriminazione”.
“Siamo entrambi grandemente turbati – afferma Bergoglio – da quel grave peccato contro Dio, che sembra crescere di giorno in giorno, che è la globalizzazione dell’indifferenza dinanzi alla deturpazione dell’immagine di Dio nell’uomo. È nostra convinzione che siamo chiamati a operare per la costruzione di una nuova civiltà dell’amore e della solidarietà”.
Al contempo, conclude, “siamo consapevoli che le voci dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ora al punto di estrema angoscia, ci obbligano a procedere più rapidamente sul cammino della riconciliazione e della comunione tra cattolici e ortodossi, in modo che possano proclamare in maniera credibile il Vangelo di pace che viene da Cristo”.