“Luciani non fu ucciso. È stato ucciso post mortem, dall’assordante silenzio di quanti non hanno potuto trarre vantaggi personali in termini di potere, onori, fama e gloria dal suo fugace passaggio, dalla sua limpida e scarna testimonianza evangelica. Dal sussiego di un oblio storico e storiografico perché sfuggente agli incasellamenti, ai riscontri in chiave ideologica di quanti allora, come oggi, confrontano gesti e parole con la tabella dei valori stabiliti dai progressisti o dai conservatori”.
Lo scrive Stefania Falasca, vaticanista e vice postulatrice della causa di canonizzazione del Pontefice veneto in un appassionato editoriale sulle pagine del quotidiano Avvenire, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Papa Giovanni Paolo I. Il Pontefice si spense nel suo letto nella tarda serata del 28 settembre 1978. Oggi, alle 9, il cardinale Beniamino Stella, postulatore della causa di canonizzazione celebra l’eucarestia in sua memoria nelle Grotte vaticane.
Scrive Falasca su Avvenire: “Luciani è stato ucciso post mortem dal ridicolo accredito a certa fumettistica noir che ha speculato su una damnatio memoriae per la quale valgono le parole di Cristo agli scribi e ai farisei: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre». Dalla morte di Giovanni Paolo I una fama di santità e di segni non artefatta, non montata, si è diffusa sempre più in crescendo spontaneamente e universalmente. La voce degli umili ha scalzato il silenzio. Hanno gridato le pietre”.
Nell’articolo vengono ricordate anche le parole che l’allora arcivescovo di Monaco e Frisinga, il cardinale Joseph Ratzinger, pronunciava nell’omelia del pontificale in suffragio di Giovanni Paolo I, il 6 ottobre del 1978: “L’unica grandezza nella Chiesa è di essere santi. E i suoi santi sono le colonne di luce che ci mostrano la via… D’ora innanzi apparterrà anch’egli a queste luci. E ciò che ci fu concesso solo per 33 giorni emana una luce che non può più venirci tolta”.
Nel settembre del 1977, un anno prima della sua morte, era stato lo stesso Luciani, allora patriarca di Venezia, a citare il cardinale Ratzinger in un’omelia nella quale parlava della santità e della vera comunione della Chiesa nella carità: “Pochi giorni fa mi sono congratulato con il cardinale Ratzinger, egli ha avuto il coraggio di proclamare alto che ‘il Signore va cercato là dov’è Pietro'”, disse.
“Ratzinger m’è parso in quell’occasione profeta giusto. Non tutti quelli che scrivono e parlano oggi hanno lo stesso coraggio; per voler andare dove vanno gli altri, alcuni di essi accettano solo con tagli e restrizioni il credo pronunciato da Paolo VI alla chiusura dell’Anno della fede; criticano i documenti papali; parlano continuamente di comunione ecclesiale, mai però del Papa come punto necessario di riferimento per chi vuole essere nella comunione vera e santa della Chiesa. Altri, più che profeti – aggiunse Luciani – sembrano dei contrabbandieri; approfittano del posto che occupano, per smerciare come dottrina della Chiesa quello che è, invece, loro pura opinione personale”.
Su questa scia Giovanni Paolo I, durante il suo breve pontificato, mise in atto una riforma imboccando “il metodo giusto”, come sottolinea la prestigiosa vaticanista: “Amore appassionato a Cristo. Vivere come lui, di lui, applicando il Vangelo, aderire a lui come fosse presente, è stato il suo programma”. Quel poco tempo sul soglio di Pietro “non è stato perciò il passaggio di una meteora, che si spegne dopo breve tragitto”, afferma. “È invece tutt’ora segno ed esempio luminoso di quella continuità di speranze, che vengono da lontano e che affondano le radici nel mai dimenticato tesoro di una Chiesa antichissima, senza trionfi mondani, che vive della luce riflessa di Cristo, vicina all’insegnamento dei grandi Padri e alla quale era risalito il Concilio”.
È così che “si sono espresse, con essenzialità evangelica, le priorità di un Pontefice che ha fatto progredire la Chiesa lungo la dorsale di quelle che sono le strade maestre indicate dal Concilio: la risalita alle fonti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità nella fraternità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la ricerca dell’unità con i fratelli ortodossi, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace”. Ed è qui che va riconsiderato “lo spessore” dell’opera di Luciani, “la valenza storica del suo pontificato e della sua santità”.
“Luciani è un papa attuale”, afferma Stefania Falasca, “e la sua grandezza è ancora tutta da riscoprire, per ricomprendere anche il presente”. La sua causa di canonizzazione è stata dunque l’inizio di questa riscoperta: “Un lavoro di ricerca e di elaborazione enorme che riveste importanza anche dal punto vista storiografico, data la scarsità di contributi scientifici prodotti sulla vita e sulla sua opera”.
Una ricerca sulle fonti mai compiuta prima, condotta “senza cedere alla fretta”, spiega la vice postulatrice, ma “col passo rigoroso del metodo storico-critico per una riconsegna doverosa alla memoria di Giovanni Paolo I affinché la sua valenza storica potesse essere restituita con la correttezza e la serietà che gli si deve”.
[S.C.]