Foto: Francesco Cardillo (UER)

La scuola dell’inclusione

Il prof. Luigi Russo, docente all’Università Europea di Roma, riflette sull’importanza della cultura dell’incontro e dello studio della Storia al giorno d’oggi

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Papa Francesco rivolge spesso ai fedeli un invito a vivere la cultura dell’accoglienza e dell’incontro. Una cultura che non può assolutamente mancare nel mondo della scuola e dell’università, dove, sempre di più, convivono persone provenienti da diversi paesi del mondo. ZENIT ne ha parlato con il prof. Luigi Russo, ricercatore di Storia Medievale all’Università Europea di Roma.
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Che cosa significa insegnare, oggi, Storia Medievale? Che cosa può comunicare questa materia ai giovani del terzo millennio?
Dipende da come si intende la disciplina. Noto purtroppo che in molte scuole dell’obbligo si tende oggi a proporre la Storia come un catalogo di battaglie, disgrazie, eventi luttuosi. Passa invece in secondo piano il grande valore critico e metodologico dell’insegnamento storico, il quale dovrebbe fornire una “bussola” per la comprensione del tempo in cui viviamo. Certo, studiare il passato non fornisce una risposta chiara e univoca; l’essere umano è irriducibile a qualsiasi previsione per così dire “matematica”. Credo sia tuttavia ancora attuale la definizione del celebre storico francese Marc Bloch (1886-1944), secondo cui la storia è “scienza del cambiamento”. Ritengo dunque che solo comprendendo al meglio quello che si trova alle nostre spalle possiamo vivere al meglio i nostri tempi.
Il Medioevo è stata veramente un’epoca oscura, come molti pensano, oppure è soltanto un luogo comune?
Oggi l’idea di Medioevo come periodo oscuro non è più accettata dagli specialisti. Tuttavia tale idea è stata a lungo affermata, pregiudizialmente, da un lato dai polemisti e degli storici protestanti e dall’altro dagli illuministi del secolo XVIII, che legavano l’età medievale all’idea di un’epoca caratterizzata da arretratezza culturale, materiale e da una profonda chiusura ideologica.
La rivalutazione del Medioevo è cominciata a partire dall’inizio dell’Ottocento, a seguito dell’affermazione del Romanticismo e della ricerca delle radici nazionali degli stati moderni, ma si è affermata su basi scientifiche nel corso del XX secolo. In conclusione, la visione di una media aetas – da cui nasce il termine “Medioevo” – come età oscura appare oggi confinata solo in settori del mondo della comunicazione poco informati, o presso un pubblico scarsamente interessato a una solida conoscenza del passato.
Lei insegna nel corso di Laurea in Scienze dell’Educazione Primaria dell’Università Europea di Roma. Quanto è importante l’aspetto interculturale nella scuola, considerando il mondo in cui viviamo oggi? Come educare all’incontro e all’accoglienza?
La preparazione dei docenti della scuola dell’infanzia e della primaria deve essere sempre più adeguata alle sfide che le trasformazioni della società contemporanea impone. Per questo il nostro corso di laurea punta a favorire la conoscenza delle dinamiche interculturali e dei processi di integrazione, nonché della Storia europea e mediterranea, argomenti sempre più drammaticamente attuali in un mondo come il nostro segnato dalle migrazioni di popoli. Formare docenti in grado di attuare una didattica che favorisca “la scuola dell’inclusione”, rappresenta – a mio avviso – una delle sfide più alte che un’istituzione universitaria di ispirazione cattolica come la nostra possa accettare.
Lei ha partecipato recentemente ad un libro sul tema del Giubileo, con interventi autorevoli. Può parlarci di questa pubblicazione e del suo contributo?
Si tratta di un volume edito dalla UTET (Giubilei. Spiritualità, storia, cultura, cur. L. Massidda, Torino 2016) e ideato dal prof. Alberto Abruzzese. È dedicato alla Storia e alle innovazioni sociali, politiche, culturali e artistiche che il Giubileo ha creato in oltre 700 anni, contribuendo a dare forma alla civiltà occidentale e alla nostra identità europea.
Il mio contributo ripercorre le vicende che portarono Bonifacio VIII ad indire il primo Giubileo d’età medievale, seguendone vicende e sviluppi fino a quello del 1500, quando l’apparato rituale-liturgico connesso al Giubileo viene stabilizzandosi.
Aggiungo infine che si tratta di una storia in cui la città di Roma è protagonista, assumendo una centralità del mondo cattolico – e non solo – destinata a continuare fino ai giorni nostri.

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Carlo Climati

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