Urge che ogni cristiano, sia per le proprie dirette responsabilità, che per il ruolo sociale o politico rappresentato, si svegli dal torpore in cui vive e operi per riportare al centro la Parola del Signore e la sua sapienza divina. Un dovere impellente che Papa Francesco richiama di continuo nelle sue omelie mattutine e nei suoi appelli all’Angelus domenicale. Se ormai anche un minorenne può decidere di porre fine alla sua vita, pur con il consenso dei genitori, permettendo così di sostituire alla misericordia della consolazione l’atto sbrigativo dello “staccare la spina”; se in internet si decide in alcuni casi la tenuta psicologica dell’altro, con possibili estreme conseguenze; se non c’è più nessun pudore e tutto si giustifica con un banale e paradossale concetto di libertà, significa che siamo arrivati alla frutta!
È questo il termine adatto, se si vuole avere l’onestà intellettuale di non girare troppo intorno a delle belle parole. L’uomo arranca, mentre cerca in formule di mercato la sua felicità. Una ricerca fredda, fatta a tavolino, mentre fuori, denuncia il Papa, sessantacinque milioni di persone sono in cerca dell’identità perduta, sconvolta, demolita. L’Europa a Bratislava intanto approva un documento per la futura politica del vecchio continente, senza individuare una autorevole strategia difronte al fiume di persone che bussano oggi all’Europa nella disperazione. Vuoto di sapienza. Vuoto di cristianità. Si corre verso un futuro senza garanzie sicure, affidandosi sempre di più all’egoismo umano e alla sua incapacità di sapersi accostare ai beni e al tempo che Dio ha affidato in prestito ad ognuno.
D’altronde come si possono risolvere i grandi problemi che affliggono la realtà dei nostri giorni, se chiunque ha difficoltà nel portare a termine il proprio cammino quotidiano. È infatti venuta meno quella sapienza “capace di trasformare in grazia di salvezza e di redenzione anche la polvere del suolo”. Il Signore non vuole un uomo, così come non voleva alcuno dei suoi discepoli, scrive Mons. Costantino Di Bruno, intriso “di sapienza rigida, ferrea, cementata, legalizzata, imprigionata in delle norme vecchie e antiquate. Questa sapienza non piace a Gesù. Non è quella dello Spirito Santo, non è il suo dono. È una sapienza umana, non divina”.
Si tratta di una sapienza che alla fine, come siamo abituati a constatare, non trova le decisioni giuste; le strade maestre per rafforzare la democrazia; le soluzioni per alleggerire il peso della povertà; gli accordi per far rispettare le tregue umanitarie; la volontà per allontanare lo spettro abituale della guerra; la forza per dare un’anima ad una società costruita e diretta solo da regole e protocolli. Tutto comunque può cambiare in meglio. L’uomo non è nato per il pessimismo o le sole sconfitte, ma per costruire un mondo dell’amore e della prosperità, pilastri del bene comune. La sua salvezza eterna, passa da quella terrena. Se sceglie la corruzione o il suo freddo tornaconto politico, economico, familiare, sociale, non potrà mai redimersi, né tantomeno rendere giustizia al prossimo.
La Parola del Figlio dell’Uomo ci fa comunque riflettere sulla scaltrezza utilizzata per la costruzione del futuro personale, pur non in linea con i suoi dettami, per mettere a frutto i beni avuti a disposizione dal Creatore e procurarsi così un regolare passaporto per il regno dei cieli. Leggiamo in merito una riflessione di mons. Di Bruno sulla disonestà di un amministratore che, prima di essere licenziato, si assicura il suo futuro con operazioni non certo limpide a favore dei debitori.
“Il padrone non loda l’amministratore disonesto per la sua disonestà, ma per la scaltrezza con la quale aveva pensato al suo futuro. Usa i beni non suoi per procurarsi un avvenire sereno e senza intoppi, dal momento che a suo giudizio nessun’altra via è percorribile per lui. Anche Gesù vorrebbe lodare i suoi discepoli, i figli della luce, per la loro sapienza nel procurarsi il regno eterno, con i beni che non appartengono ad essi, perché ogni bene di questo mondo è del Signore ed è solamente dato loro in uso per potersi procurare la vita eterna. Invece Gesù vede che quasi tutti sciupano i beni di Dio donando ad essi un fine che di certo non è di vita eterna. I suoi discepoli mancano di vera sapienza. Eppure essi sono stati dotati, corazzati, armati di Spirito Santo…”.
L’uomo del nostro tempo, mantenendo il suo cuore e la sua mente sempre in direzione del cielo, deve sapere utilizzare le opportunità del mondo per sé e per gli altri, in virtù della sua posizione personale. Non può sprecare questa possibilità nell’apatia o nella rassegnazione. Deve entrare nelle cose di ogni giorno, utilizzando la sua saggezza e anche la sua scaltrezza per allargare in terra l’energia celeste del vangelo. Un atto non autoreferenziale, né fine a se stesso, ma diretto ad essere nella testimonianza continua annunciatore della Parola.
È giunto il momento di capire che tale funzione personale o collettiva possegga la forza di aprire spazi infiniti, dove la sapienza battesimale non sia altro che un argine sicuro di fronte alla contaminazione della brutta politica; della finanza malata; delle personalità deviate e corrotte; della fratellanza decapitata; della ricerca del terrore e della violenza; del deterioramento delle relazioni umane; delle tentazioni infinite; dell’assenza della capacità di utilizzare i propri talenti, conferiti da Dio, per riformare il senso sociale e spirituale delle nostre comunità.
Dispositivi, questi ultimi, sapienziali; necessari nella costruzione di un futuro di pace e di benessere in terra e in cielo. Speciali compagni di viaggio nel rallentare la corsa che, se priva di luce soprannaturale, non farà altro che sciupare il tempo e i beni assegnati ad ogni singolo essere umano.
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La corsa senza sapienza sciupa il tempo e i beni assegnati
Ogni cristiano, per le proprie responsabilità o per il proprio ruolo sociale o politico, si svegli dal torpore e operi per riportare al centro la Parola di Dio