Dialogo interreligioso

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Ebrei, cristiani, musulmani, “diversamente credenti”, si incontrano senza pregiudizi

Domani, al Festival Francescano, confronto sull’ospitalità nelle religioni monoteiste con padre Claudio Monge, Laura Mulayka Enriello e Ritanna Armeni
 

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Al Festival francescano di Bologna, un cristiano (padre Claudio Monge), una musulmana (Laura Mulayka Enriello) e una laica (Ritanna Armeni) si confronteranno sul tema dell’ospitalità nelle principali religioni monoteistiche. Accadrà domenica 25 settembre,  in Sala Tassinari a Palazzo d’Accursi, nella conferenza “L’ospitalità: Abramo alle querce di Mamre”. A moderare l’incontro sarà fra Fabio Scarsato,direttore editoriale delle Edizioni Messaggero Padova (Emp) e direttore responsabile del mensile Messaggero di Sant’Antonio.
Padre Clauio Monge, consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e responsabile del Centro di documentazione interreligiosa dei domenicani Dominican Study Institute di Istanbul, Laura Mulayka Enriello, fondatrice dell’Accademia di studi interreligiosi (ISA) di Milano e coordinatrice della Commissione educazione della Co.re.is. (Comunità religiosa islamica italiana), e Ritanna Armeni, giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva, sono tre dei quattro autori (con Gadi Luzzatto Voghera) del nuovo libro L’ospitalità di Abramo (ed. Emp) della collana di dialogo interreligioso “Punti di incontro” presentato ufficialmente al Festival Francescano.
Ogni libro della collana con testo in italiano e arabo propone un brano tratto, di volta in volta, dalle Scritture sacre di ebrei o cristiani o musulmani, commentato da vari autori appartenenti a queste fedi o laici “diversamente credenti” o non credenti, che accettano di incontrarsi e confrontarsi senza pregiudizi.
Un testo di stringente attualità quello dedicato dall’Emp all’ospitalità «in questi tempi difficili per i migranti, gli esiliati e gli sfollati», come sottolinea anche il filosofo e islamologo Mustapha Cherif che ha firmato la prefazione al volume. «Per un’aperta spiritualità, non esiste alternativa migliore che quella dell’ospitalità e del vivere insieme nel rispetto del diritto della differenza – ha scritto Cherif -. Abramo/Ibrahim è per eccellenza il profeta della sacra ospitalità, qualità che viene generalmente rinnovata dai veri credenti di ogni religione.
L’arte del vivere è frutto della fede, al tempo stesso innata e riflessiva, e si oppone a ogni forma di egoismo, di esclusione e di violenza. La Bibbia e il Corano riportano la dimensione dell’ospitalità come valore primario del cuore della fede».
Ne è convinto anche padre Claudio Monge che anticipa: «nella Lettera agli Ebrei si legge “Non dimenticate la philoxenia; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (13,2).
L’amore per lo straniero (philoxenia) e l’ospitalità fanno tutt’uno. L’ospitalità è la celebrazione, più o meno cosciente, della presenza di un Dio che non solo accoglie ma che si fa anche accogliere dall’uomo. Per la tradizione cristiana si tratta di accedere al cuore stesso di un Dio che è Trinità e cioè accoglienza».
Laura Mulayka Enriello si sofferma invece sul tema dell’ospitalità nell’Islam e di come il radicalismo ne sia la negazione. «Il Corano, nei suoi 114 capitoli – afferma – insegna uno sforzo e una “guerra” rivolti al perfezionamento di sé, combattendo la propria “anima incline al male”, mentre verso il prossimo prescrive una carità interiore ed esteriore (zakat), esortando a ricercare insieme la Verità, al Haqq, che è Dio stesso.
È questo il senso ultimo dell’ospitalità, insegnato dall’esempio di Abramo, Ibrahim, alle “tre perle” della sua discendenza, Ebraismo, Cristianesimo e Islam. La deriva del radicalismo, lungi dall’essere parte della nostra religione, è la negazione di questa ospitalità sacra, rivolta prima di tutto verso Dio, che il Corano con la storia di Abramo ci richiama».
L’importanza dei testi sacri per chiunque, anche per i laici, per imparare a guardare il mondo con occhi diversi viene ricordata infine da Ritanna Armeni. «Attraverso il testo sacro, il laico può rompere il pensiero unico, sottrarsi all’omologazione culturale – racconta la giornalista -. Il testo sacro propone una rottura, “esce dal coro”. Aiuta quindi i laici a cercare una verità non accettando supinamente quello che il senso comune propone. E offre la possibilità di unosguardo critico sulla realtà del mondo e sulla quotidianità».

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ZENIT Staff

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