“Ricordiamo oggi a 100 anni di distanza la nascita di un grande statista italiano. Nella sua figura, più che in quella di altri, si riassume la fatica della democrazia, opera sempre in divenire, mai definitivamente compiuta”. Con queste appassionate parole, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato Aldo Moro in occasione delle celebrazioni al Quirinale per il centenario della sua nascita.
Il capo di Stato ha ricordato le parole dello statista ucciso dalle Brigate Rosse: “Dovere – e possibilità – della democrazia è interpretare la società. Riportare allo Stato quello che dalla società deve necessariamente giungere allo Stato, perché la stessa autonomia della vita sociale sia opportunamente garantita e sviluppata”.
“Aldo Moro attribuiva alle forze politiche una responsabilità propria”, ha commentato Mattarella, “lo animava una forte spinta alla innovazione: nel sistema politico, nella definizione di nuove opportunità nella società, con la stagione delle riforme”. Proprio per questo la sua visione “era l’esatto contrario di concezioni conservatrici”, ha rilevato il presidente.
Moro “non rinunciava ad affidare alla politica il dovere e il compito di indicare mete collettive, di guidare processi di innovazione”. Per lui era irrinunciabile “l’esigenza dell’ascolto, il bisogno di intendere la complessità dei problemi e delle vicende”. Sempre attento “all’ascolto delle istanze critiche, di esperienze inedite, di nuovi orizzonti”, lo statista tra tutti i politici, era “il meno dogmatico” ma poteva vantare una “leadership forte”.
“Aldo Moro si distinse per l’opera prestata a favore di un dialogo permanente e rispettoso tra le forze politiche del Paese e per lo sforzo, intenso e prolungato, teso a rendere le istituzioni democratiche permeabili alle istanze della società civile”, ha affermato Mattarella. “Animato da fiducia nello Stato democratico”, non ha mai mancato di sottolineare “la necessità di ricondurre alle forme partecipative gli elementi di contestazione presenti nella società, fossero le lotte sindacali o quelle studentesche”. Una “scelta che comportava il dovere delle istituzioni di farsene attente ascoltatrici”.
La sua figura è oggi un fondamentale punto di riferimento, ha concluso il capo di Stato, specie in un’Europa in cui “si avverte l’esigenza di uno slancio verso equilibri di pace”.