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Rapporto Unctad: l’eccessiva austerità frena lo sviluppo

La Conferenza delle Nazioni Unite su commercio e sviluppo incita i governi ad avere più coraggio nelle spese per infrastrutture e adeguate misure distributive

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Le economie avanzate possono contribuire a rilanciare una crescita globale sostenibile, combinando una politica fiscale attiva, usando anche la spesa per le infrastrutture, con una politica monetaria di sostegno e con adeguate misure distributive. È quanto sostiene nel suo Rapporto annuale la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo l’organismo delle Nazioni Unite (Unctad) .
Il segretario generale dell’UNCTAD Mukhisa Kituyi, ha detto che “I leader politici in tutto il mondo si trovano a fronteggiare una difficile combinazione di ristagno degli investimenti, rallentamento della produttività e del commercio, crescente disuguaglianza e livelli elevati di indebitamento”, aggiungendo anche che “le soluzioni al problema richiederebbero un ripensamento ambizioso, non variazioni marginali delle politiche economiche attualmente in vigore”.
In Italia il Rapporto dell’Unctad Structural Transformation for Inclusive and Sustained Growth” è stato presentato stamane nella  Sala Marconi della Radio Vaticana.
Presenti padre Michael Czerny s.J. del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ed una rappresentanza dell’UNCTAD nelle persone della Sig.ra Stephanie Blankenburg, Head, Debt and Development Finance Branch e del Sig. David Bicchetti, Economic Affairs Officer, Division on Globalization and Development Strategies.
 
Secondo il Rapporto in molti paesi sviluppati, l’eccessiva austerità delle politiche di bilancio ha portato ad una delle riprese più deboli mai registrata dopo una crisi economica.
Questo, assieme al prolungato periodo di lenta crescita salariale, è la causa principale di una domanda aggregata insufficiente per sostenere la crescita economica e di una bassa spesa per investimenti produttivi.
Ma se i leader politici non riescono a mitigare gli impatti negativi esercitati dalle forze incontrollate del mercato globale, la svolta al protezionismo che ne seguirebbe potrebbe innescare un circolo vizioso che danneggerebbe tutti.
Richard Kozul-Wright, direttore della Divisione su Globalizzazione e strategie per lo sviluppo ha spiegato che “I sostenitori dell’efficienza dei mercati avevano annunciato che la deregolamentazione finanziaria avrebbe stimolato gli investimenti produttivi, questo però non si è verificato”.
“Invece, – ha aggiunto – l’aumento dei profitti ha coinciso con un aumento dei dividendi, il riacquisto di azioni proprie, fusioni e acquisizioni, ma non con investimenti in nuovi impianti e attrezzature o in ricerca e sviluppo”.
Le aziende – afferma il rapporto – non stanno reinvestendo i loro profitti in capacità produttiva o posti di lavoro. E  la politica monetaria e di credito a basso costo per stimolare la ripresa ha rafforzato questo modello.
In questo contesto i paesi in via di sviluppo sono diventati sempre più vulnerabili ai volatili mercati finanziari globali ed ai flussi speculativi di capitali, e che la deregolamentazione finanziaria nelle economie emergenti sta causando una riduzione nel rapporto tra profitto ed investimento, con rischi di fuga di capitali, svalutazioni e crollo dei prezzi delle attività che potrebbero ostacolare la crescita e ridurre le entrate fiscali.
Per favorire lo sviluppo l’Unctad propone di rafforzare la domanda interna come chiave per la crescita globale
Le economie avanzate possono contribuire a rilanciare una crescita globale sostenibile, combinando una politica fiscale attiva, usando anche la spesa per le infrastrutture, con una politica monetaria di sostegno e con adeguate misure redistributive.
Tali misure dovrebbero includere politiche dei redditi, una legislazione sul salario minimo, una tassazione progressiva e programmi di assistenza sociale disegnati con attenzione alle specifiche circostanze locali.
Molte di queste misure richiedono un maggiore coordinamento delle politiche a livello internazionale, in particolare tra le economie di importanza sistemica del Gruppo dei 20.
In questo contesto, la creazione di un organismo internazionale in grado di registrare e rendere pubbliche informazioni sulle tendenze settoriali delle diverse catene globali del valore e monitorare le pratiche commerciali restrittive sarebbe di estremo aiuto per i paesi in via di sviluppo.
Inoltre, i mercati regionali e il commercio Sud-Sud offrono nuove opportunità di esportazione; una strategia di crescita più equilibrata dovrebbe puntare al rafforzamento di tali mercati congiuntamente a quelli domestici.
Il rapporto chiede una discussione meno ideologica sulle politiche di supporto industriale, riconoscendo anche che politiche industriali avulse dal contesto di politica economica più generale hanno scarse possibilità di successo.
Al contrario, la chiave del successo sta nell’effettiva integrazione e coordinamento di politiche macroeconomiche, finanziarie, commerciali ed industriali.
Alla domanda di ZENIT su quanto il terrorismo, i conflitti armati e il traffico di armi pesa sul rallentamento dello sviluppo, soprattutto dei paesi poveri,  la sig.ra Stephanie Blankenburg ha condiviso quanto dannosi e disumani sono i conflitti .
Ha spiegato che è difficile quantificare l’impatto economico perchè molti paesi producono commerciano e vendono armi, il cui guadagno viene calcolato con i profitti.
 
 

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ZENIT Staff

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