“Dite il Rosario, perché finisca la Guerra”

I percorsi mariani di settembre ci confermano la certezza dell’alba della Resurrezione

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Le feste e le memorie liturgiche di settembre ci hanno permesso, anche quest’anno, di meditare sulla natività di Maria Santissima, sul dono della sua vita al mondo e alla Chiesa; ci hanno guidati nella riflessione sul suo nome beato, ci hanno condotti ai piedi della Croce, dove Ella si è offerta al Padre, in unione perfetta, di sacrificio e di amore, con il Figlio Gesù.
Nella prospettiva biblica, il nome designa la persona stessa, ne delinea i tratti, ne manifesta la “vocazione”. Il nome di Maria, in una varietà di interpretazioni, risalenti alla prima antichità cristiana e arricchite poi di ulteriori riferimenti – ingenui, forse, e talora scarsamente plausibili, ma sempre pertinenti, colmi di pietà e di autentica fede – fin dalle origini è segno di luce, di regalità, di sintonia con il progetto di Dio. Il nome connota la persona agli occhi dell’Altissimo e la colloca in un’ottica di fedeltà ai disegni del Cielo.
Un ricorrente equivoco accompagna la riflessione sulla Madre del Signore. Ella apparirebbe, nell’immaginario collettivo, una figura quasi disincarnata, priva di reale consistenza; amabile per i suoi privilegi e la sua santità, ma lontana dal vissuto quotidiano, dalle sfide reali che attraversano l’esistenza di milioni e milioni di persone.
Maria Santissima, al contrario, è stata l’umanissima versione della carità di Cristo, “declinata” secondo il carattere specifico della donna; con tutto il suo essere orientato esclusivamente alla Volontà di Dio: ma proprio per questo immersa nella sua storia, nelle vicende della sua epoca, capace di rileggere i fatti alla luce della Provvidenza. Fu vera figlia del suo popolo e della sua gente, ma prima di tutto figlia di Dio e dunque totalmente libera e sciolta da ogni legame e da ogni condizionamento. Figlia del suo tempo, ma con un Cuore che ha abbracciato tutte le epoche e tutte le generazioni, è vissuta in Dio e per Dio, ma senza dimenticarsi dell’uomo; anzi, servendolo e amandolo in Cristo con una dedizione unica e profonda, che ha varcato i confini del presente ed è continuata per sempre, nella eternità, e proseguirà fino al compiersi della storia.
Contemplando il mistero della Croce, la Chiesa affida alla nostra meditazione e alla nostra preghiera l’immagine che, di generazione in generazione, ha accompagnato il cammino dei credenti: l’Addolorata. Abbiamo un Dio che si è fatto carne per noi, per la nostra salvezza; abbiamo una Madre che il Signore ha voluto associare pienamente e perfettamente al suo progetto di amore. Ai piedi della Croce, Ella riceve un mandato nuovo, che si realizza in una nuova maternità, estesa a ogni uomo. Chi, in particolare, si identifica con “il discepolo” – il discepolo del Signore – scopre di avere come madre Maria Santissima. Giovanni la prese tra le sue “cose proprie”, personali; tra i beni più preziosi che una persona possiede.
Il vecchio Simeone aveva profetizzato questa spada di dolore, che avrebbe trafitto il Cuore della Vergine. Lei è la donna della Fede; è l’unica che attende – pienamente fiduciosa in Dio – l’alba della Risurrezione: ma è anche Colei che soffre come nessun’altra creatura ha mai sofferto dinanzi alle prove, all’inaudito scatenarsi del Male. Non possiamo neppure immaginare con quale sensibilità il suo Immacolato Cuore abbia partecipato all’ immenso dolore del Figlio.
Quella spada non si immerse in quel Cuore solo nell’ora tragica della Passione: continua a penetrare, di generazione in generazione, di fronte a tutto il male che ci portiamo dietro; alla nostra pretesa autosufficienza; a questo crederci piccoli “padreterni”, che tutto dominano, che tutto organizzano, che tutto credono di poter manipolare. Ogni aborto, ogni profanazione della Vita è una spada che penetra nell’anima di quella Madre; ogni volta che la famiglia viene vilmente offesa, una spada penetra profondamente nel suo Cuore.
Dovremmo dirle, come figli: Voglio amarti, o Madre, ogni volta che la vita viene calpestata. Voglio ringraziare il Signore, perché tu sei stata donata a me, a noi, alla Chiesa, come segno di speranza e di misericordia e voglio fare miei tutti i desideri del tuo Cuore, che rappresentano il vero bene di ogni uomo.
Il 13 settembre del 1917, la Vergine raccomandò ai Pastorelli di Fatima: dite il Rosario, perché finisca la Guerra! Lo ripete oggi, a noi: pregate, perché finiscano i conflitti, quelli provocati dalle armi, ma ancor più quelli nascosti nel cuore, prodotti dalle nostre scelte sbagliate, che escludono sempre più il Cielo, dandoci la diabolica illusione di farcela da soli.
“Dite il Rosario”: ripetiamo, cioè, e invochiamo, cinquanta volte, quel nome santo di Grazia, nome di speranza e di salvezza, perché esso modelli il nostro spirito e lo conformi -almeno un poco- al suo.
Di fronte alla indeterminazione, propria della ideologia gender, e alle pretese di chi capovolge e sminuisce la bellezza della realtà – così come ci è data, dalla Sapienza stessa di Dio – l’invocazione del Nome Santissimo di Maria, nel Rosario, è segno di verità, di stabilità, di fedeltà.
Non si scherza con il nome, scritto da Dio, per ciascuno di noi, sul palmo delle sue mani, fin dall’eternità: nome che non ammette fraintendimenti o stravolgimenti, riduzioni o impoverimenti, perché è segno irrevocabile della sua paternità e del suo amore crocifisso per noi.

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Mario Piatti

Padre Mario Piatti, I.C.M.S., è direttore del mensile Maria di Fatima

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