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Bartolomeo I: “Contro i fondamentalismi serve la nostra autocritica”

Nel suo intervento conclusivo ad Assisi, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli indica due obiettivi comuni nella salvaguardia del creato e nella difesa della vita dal concepimento alla morte naturale

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La dimensione del cristiano nel mondo d’oggi è in modo particolare quella del martirio. Lo ha ricordato il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, durante la meditazione nella basilica inferiore di San Francesco, nella giornata culminante dell’incontro interreligioso Sete di Pace ad Assisi.
Citando in apertura l’Apocalisse (22,13-21), dove Cristo si annuncia come “l’Alfa e l’Omega”, il “Principio e la Fine”, Bartolomeo ha ricordato come Gesù, specie in questo contesto, incarni la “pace cosmica” degli uomini e di Dio.
“La salvezza universale che in Gesù, Dio dona all’umanità e la sconfitta definitiva del male e della morte, sono il cuore di questo annuncio”, mentre l’attesa messianica di Gesù non si compie in un “nuova parusia” ma “nell’oggi”, in cui i cristiani sono chiamati a una “martyria”, ovvero ad una “testimonianza di comunione” e di amore reciproco, da offrire anche “al lontano, allo sconosciuto, a colui che si frappone tra noi”.
Impossibile, ha aggiunto il patriarca, offrire quella pace “senza la reale testimonianza che è martirio” e “senza essere icone viventi della comunione Trinitaria in Dio e con il prossimo”.
Per questo motivo “abbiamo sete, dobbiamo avere sete, simbolo del nostro bisogno e del nostro desiderio, dobbiamo essere assetati dell’acqua viva che sgorga continuamente per noi”. E a Gesù gridiamo: “Vieni Acqua viva, Vieni Luce Radiosa”; una invocazione che nei primi secoli “risuonava nelle catacombe, nei luoghi del martirium”, così come oggi continua a risuonare in “troppe aree del mondo”, specie in Medio Oriente.
Per poter gridare anche noi: “Vieni, Signore Gesù”, dobbiamo attuare quello a cui ci richiama l’Apocalisse: “Ascolto, Conversione, Testimonianza profetica”.
L’Ascolto è rivolto al “grido di Dio verso l’umanità” e al “grido del nostro prossimo”; per porci in ascolto, però, ha puntualizzato Bartolomeo, “dobbiamo imparare ad assaporare il silenzio” che ci mette “in relazione con Dio e con i fratelli”, liberandoci “da ogni inganno, da ogni inquietudine”.
La Conversione è nella “capacità di portare il cuore e la mente a cambiare rotta, a convergere solamente su “Colui che è”: è un “passaggio obbligato per purificare la memoria, per vincere il male che affligge l’umanità, questa malattia spirituale, subdola, che vuole allontanare il tutto dal tutto, anziché offrire il rendimento di grazie eucaristico”.
La Testimonianza profetica, infine, comporta “offrire acqua viva a chi ha sete, acqua che non ha fine, acqua di pace in un mondo senza pace”; in altre parole essere “testimoni profetici” della Pace di Gesù, ha quindi concluso il patriarca ecumenico.
Durante il suo successivo intervento alla cerimonia conclusiva, in piazza San Francesco, Bartolomeo ha spiegato come l’amicizia ecumenica diventi possibile se si è “dissetati” di una “pace” che è “libera, profonda, intrinseca nel cuore di ogni essere umano, a immagine e somiglianza di Dio per i credenti, o formanti la famiglia umana anche per le culture ed il pensiero laico”.
La pace, tuttavia, ha aggiunto il patriarca, ha bisogno di alcuni “importanti cardini”, in grado di mantenerla in piedi anche nei momenti di pericolo, come in questi anni in cui “stiamo rivedendo maggioranze etniche, religiose, culturali che intravedono nelle minoranze a loro connesse, un corpo estraneo, pericoloso per la propria integrità e quindi da emarginare, da espellere e alle volte purtroppo anche da annientare”.
Al tempo stesso, ha denunciato Bartolomeo, vi sono “minoranze che, per paura di scomparire, si chiudono nel loro ghetto, che hanno paura del confronto, che troppe volte diventano a loro volta violente”.
La pace, dunque, “necessita che di giustizia”, che si declina in tanti modi: dalla attenzione ai “bisogni dei più poveri”, alla difesa dell’“ambiente naturale”, fino alla salvaguardia delle “tradizioni culturali, religiose, artistiche, di ogni popolo della terra”.
La giustizia implica anche la “capacità di una solidarietà che non è assistenza, ma è sentire il bisogno, il dolore e la gioia dell’altro, come nostro proprio”; giustizia è “essere coerenti con quanto professiamo e crediamo, ma capaci di dialogo con l’altro, capaci di vedere le ricchezze dell’altro, capaci di non sopraffare l’altro, capaci di non sentirci superiori o inferiori del nostro prossimo”, ha detto il patriarca.
Nel “rispetto di ogni credo religioso o laico”, si rendono necessari “una autocritica e una autoanalisi”, per chiederci “perché sono sorti i fondamentalismi” e come sia possibile “isolarli” e “purificarli, alla luce delle nostre fedi, di trasformarli in ricchezza per tutti”.
Tra gli impegni comuni, Bartolomeo ha infine indicato la “salvaguardia di ogni Essere Umano dal suo concepimento alla sua fine naturale, rispettando ogni fase della sua vita”, al pari della salvaguardia della “nostra Casa comune e tutto ciò che vi è in essa”, proteggendo così una “ricchezza che noi dobbiamo annunciare, salvaguardare e vivere insieme”.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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