Aveva 8 anni, Ildegarda di Bingen, quando entrò in un convento benedettino. Nata a Bermesheim nel 1098, in un villaggio poco distante da Magonza, decima figlia di una famiglia numerosa, la sua esistenza è stata ricolmata di doni straordinari fin dalla tenerissima età.
Lei stessa lo scrisse in età matura: “I miei genitori con gemito mi consacrarono a Dio, e a tre anni vidi una così gran luce, che la mia anima tremò; ma, data la mia età infantile, nulla potei dire di questa visione. A otto anni fui offerta a Dio per la vita religiosa e fino a quindici anni ebbi molte visioni e dissi diverse cose con semplicità, per cui coloro che udirono ciò si chiedevano meravigliati, donde questo provenisse e da chi. E rimasi anch’io stupita del fatto che, quando avevo una visione interiore, vedevo anche con gli occhi del corpo; e poiché di nessuno udii una cosa simile, tenni nascosta quanto potei la visione che avevo nell’intimo; e ho ignorato molte cose esteriori a causa del frequente malore di cui ho sofferto da quando venivo allattata da mia madre fino ad oggi, malore che macerò il mio corpo ed indebolì gravemente le mie forze” (Vita di santa Ildegarda, scritta dai monaci Goffredo e Teodorico).
Ildegarda, soprannominata in seguito anche la “Sibilla del Reno”, prese i voti perpetui a 15 anni, ricevendo dal Signore Gesù Cristo il comando di parlare e scrivere per diventare “tromba di Dio”. Il suo parlare non era certo sommesso, titubante o incerto. Con i suoi severi consigli e con i suoi chiari ammonimenti, Ildegarda offriva sempre un conforto per sostenere i vacillanti, un incoraggiamento per gli sfiduciati. Ella era un ruscello di parole di misericordia, sia verso gli uomini e le donne di Chiesa, sia verso coloro che vivevano fuori dalla Chiesa, invitando ogni uomo alla responsabilità della propria missione, a considerare l’origine delle loro ricchezze e del loro potere, ed a riflettere quotidianamente sull’esistenza del giudizio finale, dove ognuno sarà chiamato a rendere conto davanti a Dio di ogni sua azione.
Ildegarda è stata davvero una donna intraprendente che non ha voluto vivere chiusa nel suo convento, ma ha trattenuto rapporti epistolari con tutte le categorie di persone, abati e badesse, Papi ed imperatori, vescovi e governanti, poveri e benestanti. In tutti i suoi scritti, amava ripetere continuamente che il suo rapporto con Dio non la conduceva ad uno stato di estasi, ma ella viveva questi colloqui con il trascendente con una coscienza piena delle sue facoltà sensibili e intellettive.
Tre sono stati i trattati teologi da lei scritti: Scivias, Liber Vite meritorum e Liber Divinorum Operum. Lo Scivias (Conosci le vie), è costituito da tre sezioni. Nella prima parte si sofferma sull’origine del male, sul peccato originale e su tutte le sue conseguenze. Nella seconda parte parla della Redenzione operata dall’Incarnazione del Verbo e della partecipazione all’opera di salvezza della Chiesa attraverso i Sacramenti. Nella terza parte ripercorre tutti i temi trattati precedentemente alla luce degli eventi pasquali della passione, morte, resurrezione ed Ascensione di Gesù, fino a giungere a richiamare le vicende personali di ciascuno in vista del Giudizio Universale.
La seconda opera teologica di Ildegarda, Liber vite meritorum (Libro dei meriti di vita) è un trattato dove vengono evidenziati le virtù che servono nel combattimento contro i vizi. Infine nel Liber divinorum operum (Libro delle opere divine), l’autrice affronta temi scientifici, argomentazioni sul funzionamento della mente umana e disegna un’analisi sulla struttura del cosmo, partendo dall’attività creatrice di Dio e approfondendo il fecondo dialogo tra fede e ragione
Pur proclamandosi “indocta”, la Santa scriveva in latino, nonostante non avesse mai studiato questa lingua classica. Le sue opere hanno riguardato il futuro del mondo e della Chiesa, ma hanno trattato anche altre tematiche tra le quali la teologia, la filosofia, la morale, l’agiografia, la scienza, la medicina, la cosmologia, le composizioni liriche e musicali. Per questa sue fatiche letterarie, suscitate dallo Spirito Santo, è stata proclamata Dottore della Chiesa da Papa Benedetto XVI.
Quale messaggio lascia questa Santa agli uomini di oggi? Il suo rapporto con il trascendente rischia di considerare questa donna come una depositaria privilegiata di una rivelazione divina che l’uomo comune non possiede. Considerando invece attentamente la situazione, si può colmare questo abisso con una grande gratitudine per questa donna ispirata, la quale ha permesso ad intere generazioni di accostarsi alla teologia e ad altre scienze per giungere ad una maggiore comprensione.
I Dottori della Chiesa hanno ricevuto il dono di far comprendere le pericopi evangeliche ed i passi veterotestamentari, che altrimenti sarebbero rimasti distaccati dal quel senso della realtà, che è la meta di ogni riflessione nella vita di preghiera. Ildegarda ha voluto rispondere ad interrogativi sul senso della vita, sul creato e sul valore dell’uomo contribuendo ad una crescita umana della Chiesa e della società intera.
Un Santo Dottore della Chiesa raggiunto dai raggi della grazia non solo insegna, ma soprattutto traccia una via di come accostarsi alla teologia. Tanti uomini e donne si avvicinano anche oggi allo studio dei testi sacri, ma il modo di fare teologia in maniera conforme all’esegesi critica-storica, aderente al significato originario del testo greco e latino, e coerente con l’ermeneutica biblica dei padri della Chiesa, diventa garanzia di veridicità della rivelazione che arricchisce coloro che ci si accostano.
Il secondo aspetto che attira di questa mistica è il suo coinvolgimento nella varietà delle scienze umanistiche e scientifiche. La composizione di musiche e testi per i canti liturgici è una nobile forma di servizio alla Chiesa, per esaltare la bellezza delle celebrazioni eucaristiche e liturgiche, che aiutano ad entrare nella grandezza del mistero, quando la parola si intona al canto e quando la voce si accorda con la melodia degli strumenti. La musica liturgica oggi viene troppo volte sottovalutata, andando a impoverire le celebrazioni piuttosto che esaltarne il loro carattere sacro e la loro missione salvifica. Proporre una liturgia cantata rispecchia il sentimento di colui che si reca alla Santa Messa per rivolgere a Dio le sue intenzioni, le sue suppliche e i suoi ringraziamenti.
Il terzo elemento è l’esaltazione del genio femminile. Ildegarda ha vissuto durante il Medioevo, durante il quale la figura della donna era alquanto emarginata. Ella ha manifestato tutte le sue potenzialità intellettive, le sue capacità relazionali e la sua apertura al trascendente che l’hanno resa capace di incidere sulla conoscenza della teologia, della medicina, della musica e dello studio del creato. La sua fama ha superato i confini dello spazio e del tempo, arrivando sino ai nostri giorni, per ricordare l’opera che Dio può compiere quando un’anima si lascia infiammare dal suo amore, quando il cuore e la mente si lasciano illuminare dallo Spirito, e quando si lascia spazio alla santa umiltà che è la regina di qualunque forma di apprendimento e insegnamento.
Ildegarda di Bingen: dai Santi si ha tanto da imparare
La “Sibilla del Reno” ha mostrato l’opera grandiosa che Dio può compiere quando un’anima si lascia infiammare dal suo amore