“Vorremmo che l’Italia si accorgesse che sta accadendo qualcosa nel suo grembo, qualcosa di vero e di bello che la riguarda da vicino”. Con queste parole, il cardinale arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, ha aperto l’omelia, in occasione della messa inaugurale del Congresso Eucaristico Nazionale.
Il porporato ha quindi ringraziato papa Francesco per averlo nominato suo inviato speciale in occasione dell’evento, che si tiene a Genova da oggi fino a domenica prossima.
“Intendiamo annunciare che Dio non è lontano – ha proseguito Bagnasco – che nessuno è orfano in questo angosciato tempo, che non siamo vagabondi senza meta, che la solitudine non è il nostro destino, che l’ingiustizia non è l’ultima parola… perché tutti abbiamo una casa che ci aspetta. Questa casa, più che un luogo, è un cuore, il cuore di Cristo”, ovvero l’Eucaristia, il “sacramento di questo cuore umano e divino, il volto di quella misericordia di Dio che il Papa ci fa vivere in quest’anno di grazia”.
Richiamandosi ancora alle parole di Francesco, che nella Evangelii Gaudium fa menzione di una “gioia missionaria” (cfr. 20,21), l’arcivescovo di Genova ha messo in guardia dal “rallentare il passo e di assestarci in uno schema che frena l’impegno”, sia nella “vita personale” che “nella comunità cristiana e nella stessa società”.
È opportuno, quindi, “ritrovare una serena ansia apostolica, così da dire ovunque che Gesù è il Signore, senza preferenza di persone e senza equilibrismi di inutile prudenza”, trovando “l’ardore del seminatore del Vangelo che sparge a larghe mani senza calcoli”, finanche al rischio di “perdere la semente sulla strada, tra le pietre e tra i rovi”.
Proprio perché la Chiesa non è una “organizzazione” ma il “Corpo di Cristo”, compito dei fedeli “non è quello di scegliere i terreni, i luoghi, le persone, le categorie” ma, piuttosto, di “avere il tratto largo e abbondante del braccio, e soprattutto del cuore”.
Accanto alla generosità, il seminatore evangelico ha i tratti della “fiducia”, poiché “il frutto del seme non dipende da noi, ma dal seme stesso” che si identifica nella “parola di Cristo”. Grazie a questa fiducia, possiamo, “dopo aver faticato tutto il giorno”, andare a “riposare sereni” e, l’indomani, affrontare la “novità dei terreni” e tutti gli “imprevisti lieti o dolorosi” ma sempre con il cuore in pace, nella certezza che “il Signore è fedele”.
L’“incontro con Gesù” andrebbe vissuto come un “rapporto d’amore”, che fa diventare qualunque cosa “luce, anche le croci”. Ogni cristiano dovrebbe suscitare una “santa invidia”, tale da suscitare negli altri la domanda sul suo “il segreto di questo singolare modo di stare nel mondo, di vivere le cose di tutti, gioie e affanni”; un segreto che “non è nostro, ma di tutti, poiché Dio abita là dove lo si fa entrare”.
Lontani dall’Eucaristia, “la buona volontà si prosciuga, la perseveranza si allenta, l’entusiasmo degli inizi perde smalto, le delusioni e la stanchezza hanno il sopravvento”. Al tempo stesso, “negarci alla missione e alla carità significherebbe negarci all’Eucaristia; sarebbe un tradire l’Eucaristia stessa”.
“Affidarci al Sacramento ci fa creature nuove, capaci non solo di fare cose grandi, ma di vivere in modo grande le piccole cose di ogni giorno”, ha proseguito il cardinale Bagnasco, aggiungendo che “la carità non ha muscoli da esibire, ma piccole anfore da portare, anfore comunque capaci di dissetare la sete dei poveri nel corpo e nello spirito”, esemplificate dal porporato nella colletta promossa dalla Cei per domenica prossima: “un segno di solidale condivisione che si aggiunge alla preghiera per quanti sono stati duramente colpiti dal terremoto nel centro Italia”, ha poi concluso.
Foto: Conferenza Episcopale Italiana
Card. Bagnasco: “Negarci alla missione sarebbe tradire l’Eucaristia”
Il presidente della Cei inaugura il Congresso Eucaristico Nazionale a Genova, esortando i fedeli a trovare una “sana ansia apostolica” e ad evangelizzare “senza calcoli”