Martin Lutero era un prete agostiniano tedesco il quale nel 1516 iniziò a criticare il Papa e la Chiesa di Roma. In particolare la sua critica partì dall’opposizione alla pratica delle indulgenze. Le critiche del monaco contro il comportamento dei Pontefici romani si estese e divenne popolare al punto che nel gennaio de l 1520 si riunì a Roma il primo concistoro contro le sue tesi, e in giugno fu emanata la bolla Exsurge Domine che intimava a Lutero di ritrattare ufficialmente le sue posizioni o di comparire a Roma per fare altrettanto, pena la scomunica. La situazione degenerò il 3 gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem, con la quale Leone X scomunicava Martin Lutero. L’accusa era di eresia hussita. La condanna di Lutero generò uno scisma con la creazione della Chiesa Protestante. Seguirono scontri e violenze per il possesso delle proprietà della Chiesa cristiana ora sdoppiata, quindi: conventi, possedimenti, scuole, università. Il conflitto tra cattolici e luterani non risparmiò nessun settore della società. Nella storia esso si estese anche tra gli Stati.
Insomma, una vicenda sanguinaria di divisione tra cristiani. A distanza di circa 495 anni dalla scomunica, molte cose sono cambiate nel tempo, e proprio nel Pontificato di Papa Francesco potrebbe accadere di vedere le due confessioni riconciliate e animate da una stretta alleanza per consolidare la pace, aiutare i bisognosi, soccorrere i migranti. Per cercare di capire a che punto si trova il processo di dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti, ZENIT ha intervistato mons. Costantino Di Bruno, il quale ha conseguito il Dottorato in Teologia nel 1979 con una tesi su: “Il ruolo salvifico dell’umanità di Cristo alla luce dei grandi temi della Cristologia di Lutero, a confronto con la soteriologia di Sant’Anselmo (Cur Deus Homo) e San Tommaso d’Aquino (Summa Theologica)”, presso l’Institut catholique di Parigi.
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Papa Francesco ha detto: “Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non erano sbagliate. Era un riformatore”. Cosa pensa di queste affermazioni?
Tutte le intenzioni possono essere buone, anzi sante. La metodologia evangelica va sempre rispettata. Fede, speranza, carità vanno vissute nelle quattro grandi virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Le buone intenzioni devono rimanere buone dall’inizio alla fine. Ogni riformatore due cose deve fare: non lacerare mai lui il corpo di Cristo, che è la Chiesa, né permettere che lui sia lacerato dal corpo di Cristo. Dinanzi al corpo di Cristo da conservare nella sua unità di salvezza e di redenzione, ogni buona intenzione va rinnegata, affidandola allo Spirito Santo, perché sia Lui a farla entrare nei cuori attraverso vie e metodi che solo la sua sapienza sa e conosce. La separazione dal corpo di Cristo, che è la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, produce infiniti danni. Perché nessun danno colpisca la Chiesa, è chiesto ad ognuno la propria crocifissione e il proprio annientamento. Ogni buon riformatore nella Chiesa deve essere anche martire della Chiesa, ma rimanendo sempre nella Chiesa.
“Forse – ha detto ancora il Papa – i metodi erano sbagliati. Ma la Chiesa non era un modello da imitare: c’erano corruzione, mondanità, lotte di potere. Lui ha contestato. E ha fatto un passo avanti per criticarla”. Qual è il suo commento in proposito?
Tutti i grandi Santi vissero in momenti di forte smarrimento della fede. Loro, anche se in qualche modo e per diversi aspetti martiri della Chiesa, mai smisero di amare la Chiesa, servirla, onorarla, come loro vera Madre. I tempi di San Francesco e San Domenico non erano per nulla facili. Gesù stesso disse a Francesco di riparare la sua Chiesa che stava per crollare. Francesco chiese al Papa l’approvazione del suo nuovo stile di vita e come primo statuto della sua regola pose l’obbedienza “al Signor Papa Onorio” e a suoi successori. A mio giudizio il vero problema da risolvere non è quello sulla giustificazione, ma l’altro sulla reale mediazione della Chiesa in ordine alla salvezza. La Chiesa oltre che una e santa e cattolica è anche apostolica? Il sacerdozio ministeriale è essenza della Chiesa o un’appendice? Sanza sacerdozio non c’è Eucaristia. Senza Vescovi non vi è successione Apostolica. Senza Papa si è senza il fondamento sul quale la Chiesa di Cristo è edificata. Senza Papa, le comunità cristiane non sono garantite dall’errore, dalle eresie.
Quello di Lutero non è solo scisma, da scisma è divenuto eresia. Manca la verità della Chiesa, manca la stessa struttura della verità rivelata che per noi nasce da una triplice fonte convergente in un solo canale: Scrittura, Tradizione, Magistero. Il principio della “sola fides, sola scriptura, sola gratia” non può reggere. La Scrittura è data dalla Chiesa. La fede nasce dalla Parola della Chiesa. La grazia è il dono della Chiesa. C’è grazia più grande dell’Eucaristia, della Cresima, del Presbiterato, dell’Episcopato, del Papato? Vi è grazia più grande della Tradizione e del Magistero? Vi è grazia più grande che rimanere nell’unità della Chiesa? Sono realtà sulle quali non si può sorvolare, a meno che queste cose non siano divenute secondarie anche per noi.
Secondo Papa Francesco, dopo 500 anni “è possibile riprendere la strada per ritrovarsi, pregare insieme lavorare insieme per i poveri, dialogare e lavorare insieme per tante cose come combattere contro lo sfruttamento delle persone”. Secondo lei, è possibile?
Lavorare insieme si può. Pregare insieme anche. Il problema diviene però delicato. Noi preghiamo la Vergine Maria. Invochiamo i Beati del Paradiso. Crediamo nella mediazione e nella comunione dei Santi, nelle indulgenze, nel Giubileo e nell’Anno Santo, nell’Eucaristia, nel Sacramento della Cresima e della Penitenza. Possiamo pregare, ma non possiamo vivere la stessa fede. Si prega con un Papa, ma non si crede nel Papa. Con un Vescovo ma non si crede nel Vescovo. Con un Presbitero, ma non si crede nel Presbitero. Sul sociale si possono fare tante cose insieme. Altra è però la visione cristiana dell’uomo e altra quella delle altre confessioni religiose. Rinunciando alla nostra verità tutto si può fare. Abbiamo bisogno di tutta la sapienza dello Spirito Santo affinché ci guidi perché dal nostro agire l’altro non pensi che noi abbiamo rinunciato alla verità di Cristo, della Chiesa, dei Sacramenti, della Grazia, dell’Apostolicità e ci siamo posti sullo stesso piano veritativo e dottrinale. Questa sapienza necessita anche nelle relazioni con le altre confessioni religiose cristiane e non cristiane. Se il mondo si accorge che siamo rinunciatari alla nostra essenza, la missione della Chiesa potrà considerarsi morta. Ma oggi questo sta accadendo. Non si vede più né la necessità della conversione al Vangelo – non serve come via della salvezza – né dell’aggregazione alla Chiesa. Tutte le religioni portano a Dio. Esse però non portano a Cristo. Senza Cristo, unico e solo Mediatore della salvezza, e senza la Chiesa, suo vero sacramento nella grazia e nella verità, la vera salvezza non esiste. Ma di queste cose oggi si dovrebbero convincere proprio i figli della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Tutto si può fare, a condizione che non si creino né illusioni e né equivoci. Sarebbe la fine della vera Chiesa e del vero Cristo, il quale mai potrà esistere senza la sua Chiesa.
Incontrando una delegazione luterana, il Papa ha detto che un punto d’accordo sul piano teologico è il tema della Giustificazione. Il documento congiunto su questo tema è, secondo il Santo Padre, “uno dei più chiari”. Può spiegarci di che si tratta?
La giustificazione è il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, dal regno del principe del mondo al regno di Dio ed essa avviene solo per la fede in Cristo Gesù. Essa non avviene per meriti personali. Noi non confessiamo che anche la Vergine Maria fu concepita immacolata, in previsione dei meriti di Cristo? Su questo tema, almeno nella sua fase iniziale, credo non vi siano problemi. I problemi nascono sui frutti della giustificazione e sulle modalità di grazia e di Spirito Santo per portarla a compimento. La giustificazione ci fa “figli adottivi di Dio, tempio vivo dello Spirito Santo, corpo di Cristo, cioè sua Chiesa, eredi della vita eterna”. Questi frutti non possono maturare in pienezza di grazia e di Spirito Santo se non nella Chiesa di Cristo Gesù, che è la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Ogni problema cristologico necessariamente diviene problema ecclesiologico, se è problema ecclesiologico si fa problema sacramentale.
Il solo battesimo non basta. Il solo passaggio dalla morte alla vita non è sufficiente. È necessaria tutta la grazia e lo Spirito Santo che sono dati dalla Chiesa, in essa, per essa. Essere giustificati e divenire Chiesa di Cristo Gesù non sono aspetti separabili. Fuori della Chiesa non solo viene meno tutta la grazia sacramentale, necessaria allo Spirito Santo per formare veri figli a Dio, viene meno anche la verità sulla quale camminare. L’ecclesiologia si fa subito antropologia. L’antropologia cattolica e le altre antropologie non sono le stesse, perché le ecclesiologie non sono le stesse.
La Evangelical Lutheran Church in America (ELCA), ha approvato un documento in cui sostiene che è necessaria una maggiore unità tra luterani e cattolici perché non ci sarebbero differenze su temi che riguardano la Chiesa, il ministero e l’Eucaristia. Siamo veramente vicini ad una rinnovata fraternità ecumenica?
Questo potrebbe essere il primo passo. La nostra unità non è tra due “entità” separate e distinte, anche se con mezzi, finalità e strutture che potrebbero risultare uguali. L’unità vera, quella secondo Cristo Gesù, avviene quando si diviene un solo gregge, sotto un solo pastore. Finché vi saranno molti greggi, molti pastori, molti ovili, molte “verità” sulla Chiesa e su Cristo, non si può dire che siamo tralci di una sola vite, figli di una sola Chiesa, membra di un solo corpo. Essere “cum Petro” non è ancora essere “sub Petro”. Finché queste verità valgono per la nostra Chiesa, non possiamo parlare di unità. Nell’unità si entra non per accordo, ma per conversione, frutto dello Spirito Santo nei cuori. La Chiesa è obbligata a dire al mondo intero quali sono le verità necessarie imprescindibili per essere vero Corpo di Cristo e quali invece sono frutto e applicazioni storiche del Vangelo vissuto nel corso dei secoli. L’Apostolicità “cum Petro e sub Petro” mai potrà essere considerata secondaria. La Chiesa stessa sarebbe senza il suo fondamento di stabilità.
Quali sono le ragioni che hanno portato alla scissione tra cattolici e luterani?
Le ragioni non sono tra Cattolici e Luterani, ma tra Lutero e Pietro. Una volta che l’atto di scomunica è stato firmato dal Papa, tutto è precipitato, anche perché politicamente si aveva bisogno, anzi necessità, di un oppositore contro Roma e Lutero divenne uno strumento ben sfruttato da tutti i Prìncipi del tempo. Ma queste sono questioni storiche ed è giusto che vengano consegnate agli storici. Il mio ambito è puramente teologico. In teologia urge affermare che il bene del corpo di Cristo va sempre oltre le nostre scoperte teologiche. Chi è mosso dallo Spirito Santo sa che certe verità non sempre possono essere subito imposte. La verità mai va disgiunta dalla carità. La carità sempre deve trionfare sulla verità. In nome della verità Lutero lasciò che il corpo della Chiesa fosse lacerato. Dopo questa lacerazione, la parte lacerata si lacerò a sua volta e si sta lacerando in molte parti. Del resto e paradossalmente, o si accoglie un solo Papa, oppure ognuno diviene Papa per se stesso. Ognuno, secondo il principio della “sola fides, sola gratia, sola scriptura” può costruirsi una sua “Chiesa”, una sua comunità, raramente aggiungendo, ma sempre togliendo qualcosa alla fede, alla grazia, alla Scrittura. Gli stessi discepoli di Lutero sono stati ben consapevoli di questo. Barth per esempio scriveva circa la comprensione della Scrittura: “Privée du mystère du Christ et du Saint-Esprit, ne repostant plus que sur elle-même, la Bible ne pouvait devenir que ce “pape de papier”, lequel, à la différence du pape vivant qui réside toujours à Rome, se trouvait entièrement livré au bon plaisir de ses lecteurs et commentateurs” (Barth K., Dogmatique. I. La doctrine de la Parole de Dieu. Prolégomènes à la Dogmatique, Tome Deuxième (***), Labor et Fides, Genève 1955, 69.
In altre parole, tolto il principio di autorità, fondato da Cristo, ogni discepolo potrà costituire la stessa Scrittura il suo “papa di carta” facendo dire ad essa non ciò che essa dice ma ciò che a ciascuno piace che essa dica. Valutando ogni cosa dai frutti che ancora si raccolgono, dobbiamo affermare che a Lutero mancò proprio la santità e lo Spirito Santo. Le sue intuizioni teologiche furono consegnate alla carne e non allo Spirito del Signore e la carne se ne servì per la distruzione della Chiesa.
Ultima annotazione da evidenziare vuole che vi sia una differenza grande tra Lutero e Luterani. Lutero aveva una formazione cattolica di base. Anche se rinnegava tutta la teologia scolastica a causa dell’introduzione di Aristotele e della sua filosofia nei processi di deduzione e di argomentazione e anche nel linguaggio. La sua espressione è fortemente espressiva: “Ratio, philosophi, iuris consulti etc. Sed nemo potuit, consulerit, quia scriptura sacra sub scamno. Sed Aristoteles, qui in Kirche gehort ut sau in Synagog…” (Cfr. WA 41, 723, 7-26). I Luterani mancano di tutta la Tradizione e di tutto il Magistero precedenti e successivi. Anche di questo si deve tenere conto. Siamo in due mondi differenti, almeno finché la nostra verità resti la nostra verità. La via dell’unità esiste ed è una sola: più il cattolico si convertirà a Cristo, alla Chiesa, alla Grazia, secondo la purezza del Vangelo, è più l’unità sarà possibile, anzi realizzabile. L’ecumenismo prepara la strada, tracciando il cammino nella verità, la santità aprirà le porte della grazia perché si giunga a Cristo per lo Spirito Santo nella sua Chiesa.
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Verso il superamento della frattura tra Cattolici e Luterani?
In vista del viaggio del Papa in Svezia, per il 500° della Riforma, il teologo mons. Costantino Di Bruno illustra le diversità teologiche e le possibilità di una riconciliazione