Sono appena passato accanto al parco giochi di Tombetta. Forse per l’eccessiva calura che ci opprime in questi giorni, il parco era quasi deserto. Incuriosito dalle grida festose di alcuni bambini, mi fermo a scrutare tra le maglie della recinzione. Vedo che i piccoli giocano a nascondino.
Due corrono a nascondersi; uno dietro a una pianta, l’altro tra i gradini dello scivolo. Nascondigli precari, ma efficaci. C’era un silenzio assoluto in quel momento, il momento più interessante del gioco.
Chi cerca si concentra nello sforzo di scrutare e nell’attesa appassionante del grido: “t’ho visto, trovato!”.
Ma dalla parte del ricercato noto che il massimo impegno è nel nascondersi tanto bene da allungare il più possibile i tempi della ricerca. Non so se il batticuore è maggiore in chi cerca o in chi è cercato. Secondo me, l’esplosione del ritrovarsi rende tutt’e due vincitori.
È bella la parte di chi cerca, non è meno interessante però quella del farsi cercare. È il momento in cui ti senti importante per qualcuno. Appena ritrovato ti a nascondere di nuovo per continuare il gioco… d’amore.
Lo chiamo così perché mi pare che la storia del figlio prodigo sia tutta qui. Andarsi a nascondere, lontano, lontano… e accorgersi poi che Dio è stato al gioco: ti lascia l’impressione di esserti nascosto per assicurarti che ti ha sempre e da sempre cercato e sempre ti cerca… fino all’esplosione finale di gioia nel sentirtelo correre incontro: “t’ho trovato”.
Grazie per esserti lasciato trovare; grazie per la festa e la gioia che hai provocato.
Ciao da p. Andrea
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Giocare a nascondino
Dio ti lascia l’impressione di esserti nascosto per assicurarti che ti ha sempre e da sempre cercato e sempre ti cerca