Blessed Mother Teresa of Calcutta (1910 – 1997)

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Madre Teresa. Mons. Zuppi: “Non perdeva tempo in contrapposizioni ideologiche”

La messa di ringraziamento dell’arcivescovo di Bologna dopo la canonizzazione

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Riportiamo di seguito l’omelia di monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, nel corso della messa di ringraziamento per la canonizzazione di Madre Teresa, celebrata oggi pomeriggio nella cattedrale di San Petronio.
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Ogni persona ha una vocazione in questo mondo. Sempre, anche nonostante il peccato o il disprezzo pratico degli altri uomini, come avviene quando non si è amati o si viene considerati “inutili”. La vocazione, però, non la troviamo in noi, ma aprendoci al Signore e agli altri. Il senso di quello che siamo e abbiamo non lo decifriamo nelle nostre infinite interpretazioni, ma solo quando lo doniamo. Ce lo ricorda Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. “Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita” (EG 274). È il senso della felicità cristiana, quella che ci viene indicata nei tanti testimoni di un amore più forte della paura, delle convenienze, dei calcoli, dei condizionamenti, dei ruoli.
Santa Teresa di Calcutta è un dono proprio per questo, perché ci aiuta a credere nella forza dei piccoli gesti di amore: nelle gocce che non si perdono e nelle quali si vede tutto il riflesso di Dio, in quel sorriso che è, diceva, “il principio dell’amore”. “Incontriamoci sempre con il sorriso, perché quando cominciamo ad amarci gli uni gli altri naturalmente desideriamo fare qualcosa”. Sono i piccoli gesti di misericordia indicati dal Vangelo, dare da mangiare a uno che è affamato, offrire anche solo un bicchiere d’acqua a uno che sete. Questo è davvero possibile a tutti. Dio, allora, ha per ciascuno un disegno ben preciso, un progetto da realizzare e solo nella risposta a questa chiamata l’uomo realizza pienamente se stesso. Non un amore qualsiasi. Tutt’altro. Non una scelta addomesticata secondo le prudenze e le paure di ciascuno. Infatti il limite dell’amore è il bisogno degli altri, non il nostro!
Madre Teresa non perdeva tempo in contrapposizioni ideologiche. Per lei stare dalla parte dei poveri significava fermarsi con loro, portarli a casa, toccarli, essergli fedele. Non ne ha fatto certo una categoria astratta, virtuale, ma persone, nomi, corpi amati in un esigente, definitivo, umanissimo incontro personale. È la Santa della misericordia. Non ha accettato le compiacenze di un mondo che rispetta la carità ma solo se non disturba, non inquieta, non mette in discussione il sistema che si è impadronito della nostra vita e del nostro mondo, che ha reso più importante il benessere individuale che il bene comune, che ci fa credere di essere a posto solo prendendo e non donando o accontentandosi di non “fare” il male ma senza scegliere di “fare” il bene. Nel discorso per il conferimento del Premio Nobel, pronunciato a Oslo l’11 dicembre 1979, disse: “È molto importante per noi capire che l’amore, per essere vero, deve far male. Ha fatto male a Gesù amarci, gli ha fatto male. E per essere sicuro che ricordassimo il suo grande amore si fece pane della vita per soddisfare la nostra fame del suo amore. Siamo stati creati per amare ed essere amati, ed Egli si è fatto uomo per permettere a noi di amare come Lui ci ha amato. Egli è l’affamato, il nudo, il senza casa, l’ammalato, il carcerato, l’uomo solo, l’uomo rifiutato e dice: “L’avete fatto a me”. Ma non voglio che mi diate del vostro superfluo, voglio che mi diate finché vi fa male”.
Santa Teresa di Calcutta capiva il mondo e la storia a partire dai poveri e sempre con gli occhi della misericordia, gli unici capaci di farci accorgere della vita vera. La storia la spiegava così anche ai grandi della storia. Per lei, però, i poveri non son oggetto di qualche opera buona. Essi, infatti, sono i nostri fratelli e quello che ci lega non è volontariato ma amore, come si può e si deve avere verso fratelli. Santa Teresa diceva: “I poveri sono grandi persone. Possono insegnarci molte cose belle”. Che cambiamento per noi, così inclini a vederli come un problema, spesso un pericolo o un nemico, poco scoprendo la bellezza del fratello. La sua misericordia non è da operatore sociale ma da “contemplativa nel cuore del mondo”. Questa contemplazione non è frutto di capacità particolari ma di misericordia, perché questa ci permette di vedere nel profondo, di non accontentarsi delle apparenze e di capire come solo il cuore può permettere. Non si misura con l’efficienza o con i numeri.
“Quanto facciamo non ha importanza, perché Lui è infinito, ma quanto amore mettiamo in quello che facciamo”. Sapeva riconoscere la sofferenza in ognuno, anche nella solitudine di persone che hanno tutto, come gli anziani in istituto che, notava, “guardano sempre verso la porta, non sorridono perché aspettano, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli. Sono feriti perché sono dimenticati”. Donna debole e fortissima, semplice e profonda, piena di dubbi e di fede incrollabile. Ha avuto sete per rispondere alla domanda di Gesù dalla croce e degli uomini nelle loro terribili sofferenze. Il 16 febbraio 1949 scriveva nel suo diario, in un momento di difficilissima scelta: “Anche se dovessi soffrire più di adesso, voglio comunque fare la tua santa volontà. Questa è la notte oscura della nascita della congregazione. Mio Dio, dammi il coraggio adesso, in questo momento, di perseverare nel seguire la tua chiamata”.
Madre Teresa continua oggi a invitare ciascuno di noi: “Dio manda te e me per essere il suo amore, la sua compassione per i poveri”. Si è fatta davvero eucarestia, offerta e rendimento di grazie, dono e gioia. “Siate sempre contenti e pieni di gioia per il vostro servizio, ma non fatene mai un motivo di presunzione che porta a sentirsi migliori degli altri”. Oggi ringraziamo per il dono che rappresenta per la Chiesa universale e anche per il suo legame con la nostra città e Chiesa di Bologna, per la presenza delle sue figlie che da anni ne vivono il carisma. Sono alcune delle tante sorelle, Missionarie della Carità, come le quattro suore nello Yemen dove assistevano ottanta persone, anche alcuni bambini, uccise pochi mesi or sono, martiri della carità. Erano pienamente consapevoli dei rischi che stavano correndo ma dicevano: “Noi vogliamo servire i poveri, vivere e morire per loro”.  È la risposta di un amore più forte del male. Diceva Madre Teresa: “I poveri ci attendono. I modi di servizio sono infiniti. Non aspettiamo di essere istruiti nel campo del servizio. Inventiamo e vivremo cieli e nuova terra ogni giorno nella nostra vita”. Non aspettiamo. Questa è l’eredità di Madre Teresa.
Il Paradiso inizia nell’amore per Gesù e per i suoi fratelli più piccoli. Prega per noi, Madre Teresa e rendici forti e umili nell’amore, per essere testimoni credibili del tuo Vangelo. Facciamo nostre queste tue parole: “Signore, insegnami a non parlare come un bronzo risonante o un cembalo squillante, ma con Amore. Rendimi capace di comprendere e dammi la fede che muove le montagne, ma con l’Amore. Insegnami quell’amore che è sempre paziente e sempre gentile; mai geloso, presuntuoso, egoista o permaloso; l’amore che prova gioia nella verità, sempre pronto a perdonare, a credere, a sperare e a sopportare. Infine, quando tutte le cose finite si dissolveranno e tutto sarà chiaro, che io possa essere stato il debole ma costante riflesso del tuo amore perfetto.”

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ZENIT Staff

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