“L’uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave”. È chiarissimo sul tema della droga il Catechismo della Chiesa cattolica (§ 2291). Che si esprime anche – nel seguito dello stesso versetto – riguardo alla produzione clandestina e al traffico di sostanze stupefacenti, le quali sono considerate “pratiche scandalose” in quanto “costituiscono una cooperazione diretta, poiché spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale”.
Interprete di questi principi, la neo-canonizzata Madre Teresa di Calcutta, nel 1979, in occasione della consegna del Premio Nobel per la Pace, si espresse anche in merito all’uso di droga tra giovani occidentali: “Sono stata sorpresa di vedere in Occidente tanti ragazzi e ragazze darsi alle droghe, e ho cercato di capire perché, perché succede questo, e la risposta è: perché non hanno nessuno nella loro famiglia che li accolga. Padre e madre sono così occupati da non averne il tempo. I genitori giovani sono in qualche ufficio e il figlio va in strada e rimane coinvolto in qualcosa. Stiamo parlando di pace. Queste sono cose che distruggono la pace”.
Se dovesse essere approvato il ddl sulla legalizzazione della cannabis, il cui dibattito si riaprirà a breve alla Camera dei Deputati, i giovani italiani potranno fornirsi di sostanze stupefacenti non solo in strada, bensì anche in appositi locali autorizzati da un Monopolio di Stato. È quanto prevede la norma voluta da un intergruppo di oltre 220 parlamentari, oltre a consentire ai maggiorenni di possedere fino a 15 grammi di cannabis.
Un tema, quello specifico della legalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”, che periodicamente torna d’attualità in Italia da almeno vent’anni. E che ha suscitato anche interventi di coloro che in questo lasso di tempo si sono succeduti sul soglio pontificio.
Da ultimo è stato Papa Francesco ha ricordare che “le legalizzazioni delle cosiddette ‘droghe leggere’, anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse”. Era il 20 giugno 2014, e Bergoglio pronunciò queste parole davanti ai partecipanti alla 31sima edizione dell’International Drug Enforcement Conference.
Un anno prima, visitando l’ospedale San Francesco d’Assisi nell’ambito della sua partecipazione alla Gmg di Rio de Janeiro, il 24 luglio 2013, il Santo Padre fu altrettanto netto: “Non è con la liberalizzazione dell’uso delle droghe, come si sta discutendo in varie parti dell’America Latina, che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica”.
È invece “promuovendo una maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita comune, accompagnando chi è in difficoltà e donando speranza nel futuro” – secondo Francesco – che si affrontano i problemi che sono “alla base” dell’uso di droga.
Parole, quelle del Papa argentino, che sembrano riecheggiare un concetto espresso da Giovanni Paolo II nel 1991, in occasione della VI Conferenza internazionale sul tema “Droga e alcol contro la vita”. Disse Papa Wojtyła: “Non si combattono, cari fratelli, i fenomeni della droga e dell’alcolismo ne si può condurre un’efficace azione per la guarigione e la ripresa di chi ne è vittima, se non si ricuperano preventivamente i valori umani dell’amore e della vita, gli unici che sono capaci, soprattutto se illuminati dalla fede religiosa, di dare pieno significato alla nostra esistenza”.
Ed è proprio la mancanza di fede religiosa un viatico verso le dipendenze. L’uomo prova inutilmente a supplire l’assenza di Dio fuggendo verso “paradisi artificiali”. È quanto sottolineò Benedetto XVI nel dicembre 2007 alla Curia Romana: “Se Lui viene a mancare, allora l’uomo deve cercare di superare da sé i confini del mondo, di aprire davanti a sé lo spazio sconfinato per il quale è stato creato. Allora, la droga diventa per lui quasi una necessità. Ma ben presto scopre che questa è una sconfinatezza illusoria – una beffa, si potrebbe dire, che il diavolo fa all’uomo”.
La scelta di drogarsi nasce da un falso concetto di libertà, viziato dall’egoismo. “La libertà – ha detto Papa Francesco nell’omelia pronunciata in occasione del Giubileo dei Ragazzi, il 24 aprile scorso – non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri”. Al contrario, “è libero chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso, non è facile”.
Che la legalizzazione della cannabis nasca da un falso concetto di libertà, lo pensano anche molti italiani. Lo testimonia il successo della petizione di “Sos Ragazzi” indirizzata al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, contro il ddl sulla legalizzazione della droga, che in poche settimane ha già raccolto 9mila adesioni. Chissà se i parlamentari ascolteranno questa voce che si leva dal popolo, e che coincide con quella degli ultimi tre Pontefici e di Madre Teresa.
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La Chiesa contro la droga: gli appelli dei Papi e di Madre Teresa
L’uso delle sostanze stupefacenti è condannato dal Catechismo e dalle parole di uomini di Chiesa. Papa Francesco contro la legalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”