Foto: Asia News

Parolin: "Madre Teresa, matita nelle mani di Dio. Difese con coraggio la vita nascente"

Il Segretario di Stato celebra in piazza San Pietro la Messa di ringraziamento per la canonizzazione della religiosa

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Amava definirsi “una matita nelle mani del Signore”, Madre Teresa di Calcutta, “ma quali poemi di carità, di compassione, di conforto e di gioia ha saputo scrivere quella piccola matita!”. “Poemi di amore e di tenerezza per i più poveri dei poveri, ai quali ha consacrato la sua esistenza”, ha detto oggi il cardinale Pietro Parolin, nella Messa di ringraziamento per la canonizzazione della Beata, celebrata in piazza San Pietro.

Tra questi “poveri”, ha ricordato il Segretario di Stato, Madre Teresa identificava “i bambini non ancora nati e minacciati nella loro esistenza come”. “Ciascuno di loro infatti dipende, più di qualsiasi altro essere umano, dall’amore e dalle cure della madre e dalla protezione della società. Il concepito non ha nulla di suo, ogni sua speranza e necessità è nelle mani di altri”.  

“Egli – ha aggiunto il cardinale – porta con sé un progetto di vita e di futuro e chiede di essere accolto e protetto perché possa diventare ciò che già è: uno di noi, che il Signore ha pensato fin dall’eternità per una grande missione da compiere, quella di ‘amare ed essere amato’”, come la stessa Madre Teresa soleva ripetere.

Lei “difese coraggiosamente la vita nascente, con quella franchezza di parola e linearità d’azione che è il segnale più luminoso della presenza dei Profeti e dei Santi, i quali – ha rimarcato il porporato – non si inginocchiano a nessuno tranne che all’Onnipotente, sono interiormente liberi perché interiormente forti e non si inchinano di fronte alle mode o agli idoli del momento, ma si specchiano nella coscienza illuminata dal sole del Vangelo”.

In Santa Teresa scopriamo infatti un “felice e inseparabile binomio tra esercizio eroico della carità e chiarezza nella proclamazione della verità”. In lei “vediamo la costante operosità”, il mistero del bene “compiuto nell’umiltà e senza stanchezze, frutto di un amore, che ‘fa male’”, ha rimarcato il card. Parolin.

Che ha ricordato il celebre discorso della suora al conferimento del Premio Nobel a Oslo l’11 dicembre 1979: “È molto importante per noi capire che l’amore, per essere vero, deve far male. Ha fatto male a Gesù amarci, gli ha fatto male”, disse. E, ringraziando i benefattori presenti e futuri, aggiunse: “Non voglio che mi diate del vostro superfluo, voglio che mi diate finché vi fa male”.

Queste parole, secondo il Segretario di Stato, “sono come una soglia, varcata la quale, entriamo nell’abisso che avvolse la vita della Santa, in quelle altezze e in quelle profondità che sono difficili da esplorare perché ripercorrono da vicino le sofferenze di Cristo”. È “l’insondabile densità della Croce”, di questo “far male” del bene fatto per amore di Dio.

Anche, come si evince dalle numerose lettere che Madre Teresa indirizzò al suo direttore spirituale, esso è “la notte oscura della fede”, nella quale convivono “l’amore bruciante per il Signore crocifisso e per i fratelli bisognosi di cure e di pane, una fede solida e pura” e, al contempo, “la tremenda sensazione della lontananza di Dio e del suo silenzio”. 

Questo silenzio, questo ‘buio’ spirituale, Madre Teresa lo sperimentò nella sua anima per decenni. Perciò sapeva che “una delle forme più lancinanti di povertà consiste nel sapersi non amati, non desiderati, disprezzati”. Una povertà, questa, ha osservato il Segretario di Stato, che è “presente anche nei Paesi e nelle famiglie meno povere, anche nelle persone appartenenti a categorie che dispongono di mezzi e possibilità, ma che sperimentano il vuoto interiore di aver smarrito il significato e la direzione della vita”.  Ovvero tutte quelle persone che “sono violentemente colpiti dalla desolazione dei legami spezzati, dalla durezza della solitudine, dalla sensazione di essere dimenticati da tutti o di non servire a nessuno”.

La religiosa albanese aveva “aperto gli occhi sulla sofferenza”, “l’ha abbracciata con uno sguardo di compassione”. Lei “ha scoperto nei poveri il volto di Cristo”, ha sottolineato Parolin, “tutto il suo essere è stato interpellato e scosso da questo incontro, che le ha – in un certo senso – trafitto il cuore, sull’esempio di Gesù”.

Per questo volle che in ogni casa della sua Congregazione fosse scritta in inglese, al lato del Crocifisso, una delle sette parole di Cristo sulla croce: “I thirst, ho sete”. “Sete di anime da consolare e da redimere dalle loro brutture e renderle belle e gradite agli occhi di Dio, sete di Dio, della sua presenza vitale e luminosa. Questa era la sete che ardeva in Madre Teresa, sua croce ed esaltazione, suo tormento e gloria”, ha detto il Segretario di Stato.

Allora non possiamo che ringraziare il Signore per averci dato questa Santa, che, con la sua incessante preghiera, è stata “un nitido specchio dell’amore di Dio e un mirabile esempio di servizio al prossimo, specialmente alle persone più povere, derelitte, abbandonate”.

“Lei su questa terra era un segno trasparente che indicava il Cielo”, tanto che quando morì, 19 anni fa il 5 settembre 1997, “per alcuni lunghi minuti Calcutta rimase completamente senza luce”. “Nel giorno della sua morte il Cielo volle offrire un sigillo alla sua vita e comunicarci che una nuova luce si era accesa sopra di noi”, ha detto il cardinale. Ora, “dopo il riconoscimento ‘ufficiale’ della sua santità, brilla ancora più vivida” ha concluso, auspicando “che questa luce continui ad illuminare il nostro pellegrinaggio terreno e i sentieri di questo difficile mondo”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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