Tagli di bilancio e obbligo di aderire al sistema educativo delle scuole pubbliche. Queste due misure del Governo israeliano rischiano seriamente di minare le risorse e l’identità delle scuole cristiane, che pur rappresentano un’eccellenza.
47 in tutta Israele, gestite da cattolici, ortodossi, anglicani, dalla Chiesa di Scozia, dalla Chiesa di Cristo e dalle Chiese battiste, contano ben 33mila studenti tra cristiani, musulmani, drusi ed ebrei.
Padre Abdel Masih Fahim, segretario generale dell’Ufficio delle scuole cristiane, presso l’Assemblea dei vescovi di Terra Santa, denuncia che in futuro potrebbero sparire.
Intervistato dalla Radio Vaticana, il sacerdote spiega che gli scioperi avvenuti un anno fa non hanno sortito effetti, giacché Israele – malgrado la promessa di elargire 50 milioni di shekel dal 31 marzo 2016 – continua a ridurre il finanziamento alle scuole cristiane, tradendo così la stessa legge israeliana, la quale prevede che il finanziamento “deve essere pari almeno all’75% di quello che viene destinato alle scuole ufficiali (pubbliche)”.
Per ora, spiega padre Fahim, le scuole cristiane stanno vivendo “attraverso il ricorso a dei fondi privati, alcuni istituti hanno preso dei prestiti, e quindi – grazie a Dio – tutte le scuole hanno cominciato bene”. L’invito del sacerdote è però a proseguire la strada del dialogo per vedersi riconosciuti i propri diritti da parte dello Stato israeliano: “Non dobbiamo smettere di negoziare e dobbiamo anzi portare avanti i negoziati fino alla fine per il bene dei nostri ragazzi e delle nostre scuole”.
Pixabay CC0
Israele: continuano i tagli alle scuole cristiane
Il Governo non ha onorato l’impegno assunto un anno fa, dopo gli scioperi dovuti ai tagli di bilancio e all’obbligo ad aderire a un sistema educativo nazionale