I gruppi fondamentalisti utilizzano la religione per compiere crimini disumani. C’è chi reagisce proponendo una guerra alle religioni, e chi invece, come Papa Francesco, spiega che sono gli interessi meschini di denaro, potere, controllo di territori e di risorse a muovere gli interessi per la guerra.
In tal contesto, questi interessi cercano di utilizzare le religioni per dare ragioni alla loro volontà di confliggere in scontri armati. I Poontefici, negli ultimi secoli, si sono opposti ai conflitti armati urlando, come fece Pio XII prima della Seconda Guerra mondiale, che: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”.
In merito alle religioni è convinzione di Papa Francesco che la loro mobilitazioni può fermare la guerra e garantire la pace. Per cercare di comprendere il punto di vista della Santa Sede sulla situazione attuale, ZENIT ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi, già segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nunzio apostolico in Etiopia, Eritrea, Gibuti e Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra.
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A 15 anni dal crollo delle Torri Gemelle si è sviluppata una guerra che ancora oggi non si placa. Confronti armati con gruppi terroristici ed eserciti variabili che dopo aver incendiato Afganisthan e Iraq hanno esteso il fuoco dalla Libia all’Egitto fino alla Siria e lambiscono la Turchia. Inoltre formazioni terroristiche hanno attaccato l’Europa e acceso fuochi in Africa e Asia. Qual è la sua valutazione in proposito?
A 15 anni dal crollo delle Torri Gemelle, abbiamo visto che prima Stati Uniti e Unione Sovietica bilanciavano la situazione controllando le loro zone di influenza limitando i conflitti e cercando di controllare la violenza. Una volta che l’Urss è crollata, gli USA non sono stati capaci di creare un’alternativa di alleanze globali, per stabilizzare il mondo. Ed hanno anche perso potere politico.
Nel frattempo sono emersi paesi e entità non statali con un forte richiamo all’identità di gruppo e al desiderio di potere sul territorio e sui popoli. Questi gruppi non statali hanno praticato l’uso crudele e irrazionale della violenza, facendo appello a motivazioni religiose. Con particolare recrudescenza da parte di formazioni fondamentaliste di matrice islamica
Papa Francesco ha ragione quando dice che non si tratta di una “guerra di religione”, ma è evidente che argomentazioni religiose vengono utilizzate come strumento per adescare adepti, creare identità di gruppo e praticare la violenza in modalità ripugnanti alla natura umana quali l’uccisione di bambini e persone innocenti. Bisognerebbe analizzare con più concretezza da dove vengono i fondi che alimentano questi eserciti irregolari e chi provvede a fornire le armi.
Si è calcolato che l’anno scorso per le spese militari e per il commercio delle armi sono stati spesi 1700 miliardi di dollari.
Un paio di mesi fa ho partecipato al Summit umanitario che si è tenuto a Istambul. In quel contesto è emerso il primo tentativo delle Nazioni Unite di creare una corresponsabilità globale per rispondere alla emergenze umanitarie. Si è calcolato che servirebbero almeno 20 miliardi di dollari.
Ebbene mentre si spendono senza difficoltà 1700 miliardi di dollari per alimentare le guerre, è difficile trovare i 20 miliardi di dollari per le emergenze umanitarie, per aiutare le tante vittime innocenti. I venti miliardi di dollari verrebbero utilizzati per costruire scuole, strade, ponti, ospedali e non per ordigni bellici che offendono e uccidono
Questa illogicità questa mancanza di coerenza da parte dei governi e degli stati porta ad una frammentazione della comunità civile del pianeta, con interessi nazionali che si scontrano contro l’interesse di bene globale. L’obiettivo della comunità internazionale è quello di placare i venti di guerra, cercare la pace e soddisfare i bisogni dei paesi poveri.
In questo contesto come si colloca l’emergenza immigrazione?
L’immigrazione negli ultimi anni ha visto un incremento disordinato di arrivi e di richiedenti, soprattutto ai confini dell’Europa. La spinta anomala per entrare in Europa ha fatto emergere le debolezze dell’Unione. È comunque chiaro che il problema non è l’immigrazione, ma l’incapacità di gestire le migrazioni perché non c’è unità né condivisione per agire come entità politica e interessi comuni da parte della nazioni europee.
Nella storia Croce e Corano si sono sempre combattute. Dopo l’assassinio di padre Hamel in Francia è accaduto però qualcosa di inaspettato: gli imam sono entrati nelle chiese cristiane per esprimere solidarietà per le vittime, hanno manifestato l’interesse comune di contrastare il terrorismo e impedire che la religione venga utilizzata per uccidere innocenti. Come valuta questo senza precedenti Sarà sufficiente a consolidare la pace?
La presenza dell’Islam in Europa ha suscitato un intenso dibattito su qual è il ruolo pubblico delle religioni nella società. In questo contesto la cultura laica e illuminista si è sentita sfidata, mentre i cittadini islamici vogliono esprimere in forma pubblica la loro identità religiosa. Gli Imam che hanno condannato l’uccisione di padre Hamel hanno osservato che non è accettabile nessuna azione che intenda cancellare il ruolo pubblico della religione. La convergenza di interessi tra cristiani e musulmani si è saldata nel far riconoscere il diritto e la libertà della religione nella vita pubblica.
L’espressione simbolica di questa convergenza si è manifestata con la presenza degli Imam e dei musulmani in molte chiese cristiane, insieme per rigettare la violenza in nome delle religioni.
Ci sono state anche resistenze, alcuni non hanno capito né gradito. Questo è comprensibile perché siamo agli inizi di un cammino nuovo. E’ la prima volta che accade e né la comunità cristiana né quella musulmana hanno esperienza di questo incontro.
In questi momenti di cambiamento è necessario che i dirigenti sia intellettuali che religiosi della tradizione islamica si esprimano in maniera collettiva per dire chiaramente che l’uso della violenza in nome del Corano non è la strada indicata dalla religione musulmana. C’è bisogno di rafforzare questo cammino.
Fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha fatto appello alle comunità religiose per fermare le guerre. Il consenso popolare sostiene il Papa. Secondo lei, riuscirà a spegnere i focolai di guerra?
Nella tradizione cristiana Gesù è conosciuto come il ‘principe della pace’ e da lì, lungo i secoli, lentamente con interpretazioni diverse, alla fine siamo arrivati a riconoscere la pace come dono di Dio, e condizione necessaria per lo sviluppo e la cooperazione dei popoli
Con la guerra tutto si perde. La guerra non paga in nessuna maniera. Mentre, come ha detto Pio XII prima dello scoppio della Seconda Guerra mondiale, tutto si guadagna con la Pace.
I Santi Pontefici hanno cercato di impedire i conflitti armati in tutti i modi. Benedetto XV cercò di impedire la Prima Guerra mondiale ma i governi non gli diedero ascolto. Ed abbiamo visto quante vittime e sofferenze ha provocato quel conflitto. Adesso si vede che l’impegno, l’esempio, la preghiera, di tanti decenni sta portando frutto.
La guerra non trova sostegno pubblico, al contrario si sta imponendo una mentalità che propone negoziazioni, utilizzo della diplomazia e comunque strade non conflittuali per realizzare la pace.
La popolarità di Papa Francesco sta crescendo perché parla con chiarezza e semplicità. Tocca il cuore di coloro che stanno soffrendo le conseguenze delle ingiustizie e delle guerre. Con il suo modo di fare Papa Francesco risponde alle aspirazioni dei popoli e delle religioni per vivere in pace e evitare la violenza.
Il Pontefice andrà il 20 settembre ad Assisi per incontrare i rappresentanti delle altre religioni e pregare insieme per la Pace. Che momento si prevede ?
Il 19 settembre alle Nazioni Unite a New York si svolgerà il primo summit mondiale di capi di stato e di governo per trovare soluzioni al fenomeno delle immigrazioni. Si cercheranno risposte di solidarietà e condivisione per un fenomeno che sta segnando il ventunesimo secolo. Nello stesso tempo Papa Francesco incoraggerà i diversi rappresentanti delle religioni per una globalizzazione della solidarietà che generi pace e sviluppo come indicati dalla Laudato Si’. L’incontro di Assisi è una esperienza in cui le diverse religioni provano a lavorare insieme scoprendo i tanti elementi comuni. Il problema non sono le religioni, ma il fondamentalismo antireligioso.
Mons. Silvano Maria Tomasi: Le religioni per globalizzare la pace
Il già Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, spiega come le religioni non sono la causa, ma la soluzione per placare i conflitti e favorire pace e sviluppo