Carissima Francesca, io non so dare risposta alla tua domanda:“Ma la serenità profonda che ho sentito e quel sogno che ho fatto, sono un dono di Assisi e di Francesco e Chiara?”.
Può darsi…
Ma potrebbe essere anche tutta una coincidenza. Quel sogno, potrebbe essere un tuo desiderio inconscio e quella tua serenità un’autosuggestione momentanea.
Oppure…
Ti voglio raccontare un fatto della mia vita.
Era una domenica di luglio del 1994: mio marito era appena uscito da un ricovero ospedaliero di due mesi, con due interventi al cervello dovuti ad un aneurisma… terribile ricordo.
Io non vedevo l’ora di passare una giornata con i miei tre figli (Stefano 10 anni, Emanuele 8 anni ed Andrea 3 anni). Quel giorno me li caricai sull’auto e li portai con me ad Assisi (mio marito doveva essere in convalescenza strettissima e non poteva certo muoversi da casa).
Passammo una giornata di sole, di gelati e di passeggiate. Verso le venti, scendendo con la scala mobile del Parcheggio Santa Chiara, intuii subito la “tragedia” che si stava avvicinando: i fanali della mia auto stavano “morendo” avanti ai miei occhi! E ne capii al volo anche la causa: il mattino li avevo lasciati inavvertitamente accesi.
Non ci potevo credere! Avevo dato per scontato che i fanali si spegnessero automaticamente. Mi guardai intorno sconsolata: era quasi buio, il parcheggio era quasi vuoto ed io già presagivo che l’automobile ci avrebbe lasciati a piedi.
Quando entrai in auto con i tre bambini sfiniti che si lamentavano per la fame, riuscii a farli illudere solo per pochi minuti (“Tranquilli bimbi, ora mamma vi porta subito a casa e faremo cena con papà”).
Poi ricordo la chiave dell’auto che non faceva partire il motore…i bambini che iniziavano prima a chiedere spiegazioni, preoccupati, e poi giù a piangere …ricordo un signore che mi confermava che ogni elettrauto era chiuso di domenica…e rammento mio marito che, al telefono, mi diceva che non poteva venirmi a prendere e che non sapeva come rintracciare mio padre (allora non c’erano i miliardi di cellulari di oggi).
Hai presente quella profonda solitudine che diventa l’anticamera della disperazione?
Venivo da due mesi da incubo, caratterizzati da interventi chirurgici complicatissimi ed ora, che avevo sperato di vedere riaffacciarsi nella mia vita la preziosa “normalità”, mi trovavo sola, in una città non mia, con come unica soluzione possibile, quella di andare a piedi alla stazione con tre bambini stanchi ed affamati.
A me il buio deprime e quella sera, la notte che ci avvolgeva, la sentivo dentro di me.
E’ stato allora che ho suggerito ai miei tre figli di pregare Gesù perché ci aiutasse.
Hai presente quelle proposte che si possono fare ai propri figli solo quando sono bambini perché poi, da grandi, subentrano tantissimi altri meccanismi per cui pregare insieme risulta quasi una specie di mission impossible?
Mio figlio più grande non disse nulla, interdetto e pensieroso verso questa bizzarra strategia.
Emanuele, più istintivo ed aperto, optò per tentare e lo fece con tutta la passionalità di un bambino: “Gesù, ti prego, fa ripartire la macchina! Io ho fame! Vorrei un panino col prosciutto cotto e la maionese e un succo di frutta alla pera!!!”. Non aveva resistito alla tentazione di spiattellare in maniera chiara a Gesù, il suo menù preferito di quel periodo. Insomma: se bisognava tentare, tanto valeva puntare in alto!
Il figlio più piccolo non aveva realizzato bene quel che stavamo cercando di fare però, in vista del probabile clamoroso insuccesso di questa pia strategia, già piangeva!
Finita questa preghiera bislacca, rimisi le chiavi nel cruscotto per vedere se fosse successo il miracolo atteso.
Girai la chiave lentamente e… tututututun! Il motore, come un animale sfinito, ci fece sentire il suo rantolo di passione.
Niente da fare: neanche Gesù si era mosso a compassione.
Il buio si fece del tutto nero dentro di me ed io decisi di scendere: “Forza bambini! Ora basta lamentele! Andiamo a piedi alla stazione. Andrea lo tengo in braccio io e voi due camminerete spediti, perché oramai è notte”.
Una tristezza colma di solitudine stava lasciando il posto alla rabbia: “Manco Dio mi aiuta!”. I difficilissimi mesi precedenti avevano intaccato la mia sicurezza nella vita, in Dio e nel futuro.
Mentre stavamo avviandoci sconsolati all’uscita del parcheggio, scorgemmo nel buio alcune figure che si stavano avvicinando alle ultime tre auto rimaste lì in sosta.
Sospirai e mi feci coraggio: “Tentiamo anche questa, tanto non abbiamo nulla da perdere a questo punto”.
“Scusate!”, dissi a voce alta nella maniera più dolce possibile, per evitare di essere scambiata per il fantasma della notte di Assisi. “Non ci parte la macchina. Non è che potreste aiutarci?”
Le tre coppie si avvicinarono e i tre uomini, impietositi da questa giovane madre imbranata che aveva lasciato i fanali accesi per tutto il giorno, iniziarono ad organizzarsi con cavetti e funi, per far ripartire l’auto.
Nel frattempo anche le tre donne si erano impietosite… ma nei confronti dei miei tre sconsolati figli. Una di loro si avvicinò e chiese loro: “Bimbi, avete fame?”
E di fronte al “Sìììììì!!!!!” intraprendente di Emanuele, portavoce ufficiale di tutti e tre, rispose sorridendo: “Vediamo se abbiamo ancora qualcosa da mangiare. Dunque… dunque… abbiamo dei panini col prosciutto cotto e la maionese e del succo di frutta alla pera da bere…vi può andar bene?”
Questa volta tutti e tre risposero: “Sìììì!!!”
Nell’arco di dieci minuti, i bimbi avevano mangiato, l’automobile era ripartita ed io guidavo verso casa, riflettendo meravigliata sull’accaduto!
Dopo la preghiera, la macchina non era ripartita miracolosamente come noi avevamo sperato, ma erano venute quelle tre coppie che ci avevano dato proprio quello di cui avevamo bisogno.
Quella sera eravamo stati protetti dalla dea fortuna?
Eravamo sotto il segno di un destino benevolo?
Può darsi…
Io ci ho ripensato tante volte a quell’accaduto ma, fin da quella sera di tanti anni fa, dedussi quello che ha spiegato meglio di me, Edith Stein: “Ciò che non era nei miei piani era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che – visto dal lato di Dio – non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta”.
[Fonte: www.intemirifugio.it]
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Il giorno in cui, ad Assisi, mi convinsi che il caso non esiste
Ciò che non è nei nostri piani, è nei piani di Dio. Fin nei particolari, la nostra esistenza è tracciata nei piani della provvidenza divina