Papa Francesco ha usato la parola “genocidio” per ricordare le ferite del passato e sanarle, non per riaprirle e rinnovarle. È quanto afferma padre Federico Lombardi ai microfoni della Radio Vaticana, commenta l’aggiunta a braccio da parte di Francesco al suo discorso alle autorità armene. Nell’intervista, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede si sofferma pure sulla seconda giornata del viaggio apostolico in Armenia, a partire dalla visita di stamane al Memoriale delle vittime del genocidio che – dice – è stato “un momento molto toccante”. “È il luogo in cui si vive più intensamente l’esperienza anche di sofferenza del popolo armeno, e il Papa si è fatto presente senza fare discorsi ma pregando, con il raccoglimento e la preghiera”.
“Certamente – sottolinea il portavoce vaticano – anche la dedica che poi ha lasciato sul Libro d’oro era molto espressiva della sua partecipazione a questa tragedia del popolo armeno, e della sua speranza che attraverso le tragedie si costruisca, però, un futuro di pace. È stato bello anche l’incontro con alcuni discendenti dei bambini che, orfani, erano stati accolti a Castel Gandolfo proprio ai tempi del genocidio. Tra l’altro, una di queste persone è il fratello dell’arcivescovo Minassian di Gyumri: è una storia che è anche vicina a tante persone che sono tuttora qui presenti e attive”.
Secondo Lombardi, “un fatto assolutamente storico” per la comunità armena cattolica è stato anche la Messa celebrata in mattinata per la città di Gyumri, colpita nel 1988 dalla tragedia del terremoto che ha provocato circa 25 mila morti. “Il bello di questa celebrazione – dice il gesuita – è che è stata la prima celebrazione della storia fatta in piazza, perché gli armeni apostolici non le fanno in pubblico, ed era partecipata dai fedeli delle due Chiese principali e c’era la presenza del Papa come celebrante, ma anche una cordiale presenza del Catholicos e di tanti rappresentanti della Chiesa armena apostolica”. Quindi, “un momento di festa spirituale molto espressiva”.
Un altro è stato poi il giro in papamobile, durante cui il Papa ha fatto salire sulla papamobile anche il Catholicos Karekin e ha fatto insieme a lui il giro tra la gente. “È stato uno di questi gesti semplici ma estremamente espressivi di uno spirito di grande accoglienza e di vera fraternità spontanea”, osserva il direttore della Sala Stampa vaticana.
Che alla domanda sul rapporto tra il Papa e la gente dell’Armenia, si dice colpito dal “carisma indubitabile” del Pontefice di “comunicazione con la gente, attraverso i suoi gesti, i suoi atteggiamenti, la sua spontaneità e la sua semplicità, per cui si attira dalla gente comune un affetto e una simpatia abbastanza eccezionale”. “C’è qualche cosa di carismatico, veramente”, afferma, “e questo lo si nota anche qui, come in tanti altri Paesi di culture lontane, come la Corea e così via, che il Papa ha visitato e dove sempre è riuscito a stabilire una relazione di affetto profondo con il popolo”.
“Certamente – sottolinea il portavoce vaticano – anche la dedica che poi ha lasciato sul Libro d’oro era molto espressiva della sua partecipazione a questa tragedia del popolo armeno, e della sua speranza che attraverso le tragedie si costruisca, però, un futuro di pace. È stato bello anche l’incontro con alcuni discendenti dei bambini che, orfani, erano stati accolti a Castel Gandolfo proprio ai tempi del genocidio. Tra l’altro, una di queste persone è il fratello dell’arcivescovo Minassian di Gyumri: è una storia che è anche vicina a tante persone che sono tuttora qui presenti e attive”.
Secondo Lombardi, “un fatto assolutamente storico” per la comunità armena cattolica è stato anche la Messa celebrata in mattinata per la città di Gyumri, colpita nel 1988 dalla tragedia del terremoto che ha provocato circa 25 mila morti. “Il bello di questa celebrazione – dice il gesuita – è che è stata la prima celebrazione della storia fatta in piazza, perché gli armeni apostolici non le fanno in pubblico, ed era partecipata dai fedeli delle due Chiese principali e c’era la presenza del Papa come celebrante, ma anche una cordiale presenza del Catholicos e di tanti rappresentanti della Chiesa armena apostolica”. Quindi, “un momento di festa spirituale molto espressiva”.
Un altro è stato poi il giro in papamobile, durante cui il Papa ha fatto salire sulla papamobile anche il Catholicos Karekin e ha fatto insieme a lui il giro tra la gente. “È stato uno di questi gesti semplici ma estremamente espressivi di uno spirito di grande accoglienza e di vera fraternità spontanea”, osserva il direttore della Sala Stampa vaticana.
Che alla domanda sul rapporto tra il Papa e la gente dell’Armenia, si dice colpito dal “carisma indubitabile” del Pontefice di “comunicazione con la gente, attraverso i suoi gesti, i suoi atteggiamenti, la sua spontaneità e la sua semplicità, per cui si attira dalla gente comune un affetto e una simpatia abbastanza eccezionale”. “C’è qualche cosa di carismatico, veramente”, afferma, “e questo lo si nota anche qui, come in tanti altri Paesi di culture lontane, come la Corea e così via, che il Papa ha visitato e dove sempre è riuscito a stabilire una relazione di affetto profondo con il popolo”.