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Patire, risorgere, entrare nella gloria

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 16,20-23

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Lettura
Le sofferenze della Chiesa sono di due tipi: dolore e tristezza. Il dolore, come il parto, si prova all’inizio dell’evangelizzazione, quando si incontrano le resistenze del cuore umano, che rifiuta di aprirsi e di accogliere la gloria della Croce. La tristezza è più complessa e lavora in profondità, prendendo forma nelle molteplici e sottili resistenze al raggiungimento della perfezione in Cristo, presenti anche nell’intimo di colui che annuncia. L’inizio comunica un certo entusiasmo, che sostiene nelle ineliminabili difficoltà, poi viene la quotidianità, la perseveranza, la manifestazione delle fragilità umane e allora sopraggiunge la tristezza.
Meditazione
Dal punto di vista antropologico, il passaggio da donna a madre è molto complesso, il più emblematico nel rappresentare la maturazione umana. Grandissimo è il cambiamento che avviene quando la donna diviene madre. Gesù prende questa immagine per rendere al vivo il quadro della nostra continua trasformazione, della conversione di ogni ora. Anche alla comunità dei discepoli è richiesto il passaggio da donna a madre. Cosa vuol dire? La Chiesa, come Maria, è chiamata a esercitare una missione materna, in due sensi analoghi, nei confronti di Gesù e dei nuovi credenti. Innanzitutto, la Chiesa genera Cristo nella storia, attraverso la Parola e i Sacramenti, cioè rende viva e attuale la sua Persona, la sua Presenza. Però, non come se Egli fosse un prodotto della Chiesa, un “qualcosa”, un argomento o un possesso. Cristo, benché generato dalla Chiesa, sarà sempre oltre e al di là di essa, ed essa ne dovrà sempre rispettare il primato, come discepola e serva, secondo l’icona di Maria. Ciò vale analogamente per la generazione dei nuovi credenti, da parte della Chiesa-Madre. Essi non dovranno mai essere un numero, una quantità, come non dovrebbero esserlo i figli per la madre. Ciascun credente ha bisogno e diritto di essere accolto e rispettato nella sua singolarità, corretto fraternamente, ammonito con franchezza nella verità, ricondotto all’ovile dal pastore che conosce le sue pecore ciascuna per nome. Dio è anche madre, ma non nel senso di un’alternativa alla severità paterna, bensì quale immagine di chi, come la madre, esprime la totalità del rapporto da persona a persona e assicura a ciascuno l’accoglienza nella famiglia radunata da Gesù.
Preghiera
Maria, Mater inviolata! O Maria, tu non ti sei mai lasciata sedurre dal Maligno e sei rimasta sempre pura e intatta, in ogni tentazione, in ogni prova. Abbi misericordia dei tuoi figli, così facili al compromesso, che porta a servire due padroni, o peggio ancora noi stessi, invece dell’Unico Signore.
Agire
A imitazione di Maria, vivrò rinunce e sofferenze della giornata con il pensiero rivolto alla consolazione promessa da Gesù, mostrando il volto lieto di chi si sente amato.
Meditazione del giorno a cura di don Marco Simbola, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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