Si è concluso ieri, a Roma, il X seminario professionale sugli Uffici di Comunicazione della Chiesa organizzato dalla Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce. Discussione aperta e vasta, punti di vista diversi, nuove ipotesi, variegati progetti. Per cercare di fare il punto su quanto è stato discusso e quali sono le idee e le indicazioni per il futuro, ZENIT ha intervistato il prof. Giovanni Tridente, componente del comitato organizzatore, coordinatore dell’Ufficio Comunicazione Pontificia Università della Santa Croce e docente di Position Papers.
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Nel campo delle comunicazioni c’è una rivoluzione tecnologica in atto. È la più grande rivoluzione della storia. La Chiesa in questo contesto dove e come si colloca?
Io credo che la Chiesa stia approfittando di questa occasione relativa alla rivoluzione tecnologica, perché consapevole come siano cambiati gli schemi di appartenenza a questa sfera. Da sempre la Chiesa segue l’evoluzione della comunicazione. Non dobbiamo dimenticare che in questo ambito essa è stata comunque sempre presente con la sua tradizione, con il suo stile, con la sua capacità di identità. Certamente nel passaggio che oggi è bene compiere necessita differenziare gli strumenti dalle persone, dagli individui. Lo deve fare chi realizza l’informazione, così come il destinatario della stessa. Questo è sicuramente un campo che la Chiesa sta attentamente coltivando.
È nota la resistenza di alcuni all’interno della Chiesa, rispetto ai nuovi mezzi d’informazione, per motivi spesso anche ragionevoli, ma è anche vera l’apertura da parte di altri suoi numerosi componenti. Che tipo di indirizzo è emerso alla fine di queste tre intense giornate di lavoro?
Direi che viene fuori una forte smentita nei confronti di coloro che sostengono che nella Chiesa non ci sia voglia di fare comunicazione. In questi giorni noi abbiamo avuto a confronto coloro che lavorano nel campo della comunicazione all’interno della Chiesa stessa. Quattrocento partecipanti da quaranta paesi sono una risposta più che evidente. C’è proprio l’espressione più chiara di questa universalità. Qui ci sono state persone che ogni giorno, pur nelle ristrettezze delle risorse a loro disposizione, fanno di tutto per rendere un servizio comunicativo efficace e di qualità nella Chiesa.
Lo fanno dalle singole realtà territoriali dove si trovano. È chiaro comunque che non ci sia uno stile unitario, una capacità univoca di raccontare il “messaggio” che però alla fine unisce tutti, trovando nella buona notizia del Vangelo la sua regione d’essere. Il tutto varia dai contesti naturali, ma io ritengo che la Chiesa sia ben presente nel mondo della comunicazione, anche se bisogna crescere, migliorare. Questi seminari che noi da tempo organizziamo, servono ad unire le forze più che possibile, per poi rilanciarle e renderle fruttuose sul territorio.
Quali novità sono emerse da questo decimo seminario e che tempi si prevedono per la loro attuazione concreta?
Quello che io ho visto in questi giorni è stata la gioia dei partecipanti di voler ascoltare, condividere e imparare dagli altri, per svolgere un servizio di qualità per la Chiesa. In queste giornate si scopre di solito la comunione di sentimenti nel fare bene il proprio lavoro, perché si ha un messaggio vero da trasmettere che si identifica con una persona e lo si vuole fare nel migliore dei modi possibile. Tutto questo per raggiungere in particolar modo i lontani, quelle famose periferie che, come è emerso in questo seminario, oggi sono il centro.
Il mezzo elettronico è il più potente mezzo di comunicazione della Storia. Quali è il messaggio che la Chiesa deve veicolare per cambiare un mondo sempre di più in crisi?
Durante il Seminario Monsignor Claudio Maria Celli ha affermato che bisogna avere audacia nell’usare i nuovi mezzi a disposizione, mantenendo la forza e la lucidità di tramettere la bellezza, capace di contagiare, perché parte, assieme alla saggezza, della nostra identità cristiana che si esprime nel mostrare il volto bello di Cristo. Nei nuovi campi d’informazione è spesso facile trovare diversi tipi di contrapposizione. Proprio in questi ambiti il vero cristiano deve mostrare la sua identità, reagendo alla contrapposizione con proposte concrete e con delle vere storie di vita, soprattutto belle, che siano allo stesso tempo testimonianza per gli altri. Se ad esempio sui media mi dovessero attaccare o deridere, io non risponderò con la stessa moneta, ma coglierò l’occasione per testimoniare la mia identità. Già il non rispondere con le stesso stile, significa dare una testimonianza concreta e diversa del proprio modo di essere. Un modo anche questo per santificarsi e per divulgare la bellezza. Non contrapposizione, ma condivisione.
Il mondo attuale punta le sue speranze di cambiamento sui giovani dai 16 ai 34 anni. Cosa dire loro per attrarli alla Parola di Cristo?
Proprio questo aspetto centrale ci spinge ad “uscire”, come ricorda sempre Papa Francesco, per essere di conseguenza presenti sui mezzi di comunicazione. È lì che abbiamo un campo molto importante da “arare” che sono le nuove generazioni. È sempre lì che abbiamo l’opportunità di testimoniare fino in fondo quale sia la nostra vera identità. Un esempio che stiamo sperimentando in questi giorni. Stare sui social network non è una perdita di tempo se lo fai bene e se approfitti in positivo dell’occasione di esserci. Non è quindi cosa da ragazzi che un comunicatore istituzionale segua l’evoluzione dei nuovi mezzi a disposizione. È in questo spazio che si gioca la sfida con la realtà quotidiana. Bisogna essere perciò capaci di raccontare storie con le quali le persone si possano identificare. Verso i giovani è soprattutto necessario fare testimonianza servendosi delle nuove tecnologie.
Come componente del comitato organizzatore può dirci qualcosa sui partecipanti, le loro nazionalità. Quali criticità e punti di forza?
Intanto c’è da dire che questo seminario ricade nel ventesimo anno di vita della Facoltà di Comunicazione Istituzionale, all’interno dell’Università Pontificia della Santa Croce. Raccoglie i frutti di anni intensi di lavoro e di presenza costante nel panorama dello specifico settore. Un coronamento del lavoro fatto e un bilancio che si è esplicato anche attraverso il modo con cui abbiamo organizzato tutti gli interventi di questi giorni. C’è stato anche un sapiente innesto di temi civili all’interno del dibattito che la Chiesa è chiamata a conoscere, ma anche per scoprire le opportunità che molto spesso non vengono considerate. Il panorama è universale. Nel seminario è stata rappresentata la cattolicità mondiale. Abbiamo avuto presenze dall’America latina, dagli Stati Uniti, da diversi Paesi dell’Europa, dall’Africa. Qualcuno è arrivato persino dalla Cina. In queste persone è stata chiara l’esigenza di incontrarsi e di formarsi assieme a coloro che lavorano nello stesso settore, anche se provenienti da luoghi e culture diverse. Hanno aderito portavoce e comunicatori delle maggiori diocesi di tutto il mondo, ma anche persone e relatori che ogni giorno realizzano dei progetti concreti di comunicazione del Vangelo e dei temi strettamente legati alla fede. Nel complesso si è condiviso esperienze diverse, tutte volte a portare la buona notizia. Esperienze che poi si realizzano nella sfera tecnologica, come quella illustrata nel seminario riguardante la staffetta annuale e globale della recita del S.S. Rosario per i sacerdoti, worldpriest.com o l’applicazione di un portale radiofonico con diverse funzioni.
E i vecchi mezzi d’informazione che fine faranno?
Un altro aspetto che è emerso in questi giorni è quello di non mettere da parte i vecchi strumenti tradizionali. Essi devono poter diventare delle oasi di contemplazione, dei luoghi dove poter meditare i contenuti, non smarrendo questa loro funzione culturale, solo per il fatto di avere a disposizione nuove strumentazioni. Si deve approfittare dei vecchi mezzi di comunicazione per immettere contenuti di qualità nei nuovi processi comunicativi.
Presenti ai lavori autorevoli rappresentanti della Chiesa Cattolica. mons. Viganò, mons. Celli, padre Federico Lombardi, mentre è in atto una riforma del mondo comunicativo della Santa Sede. Secondo lei la Santa Sede è pronta a vincere la sfida che i tempi attuali richiedono nell’uso dei nuovi strumenti d’informazione?
Ritengo che gli sforzi che si stanno compiendo nel campo della riforma, siano molto buoni e porteranno necessariamente ad esiti interessanti. C’è un grande lavoro della Chiesa in questo campo che viene da lontano e che oggi si sta progressivamente ricollocando in modo positivo alla luce delle nuove esigenze. Un lavoro serio che ha consentito in questi anni di avere la consapevolezza di passare da una comunicazione basata solo sugli strumenti ad una comunicazione con al centro la persona. Papa Francesco ci insegna che se anche parliamo a tutti, bisogna sempre avere a cuore la realtà della singola persona. L’obiettivo oggi non può essere solo l’avere a disposizione dei mezzi potenti, ma la capacità di utilizzarli per diffondere il Vangelo. La comunicazione ha la sua massima incidenza quando arriva al cuore delle persone. Al cuore si arriva vivendo effettivamente la realtà dei destinatari di un messaggio e non solo attraverso la mediazione degli strumenti a disposizione.
Chiuso il seminario, quale il prossimo passo?
Devo subito dire che per il prossimo seminario, a cadenza biennale, sono gli stessi partecipanti dell’ultimo incontro a scegliere il tema su cui confrontarsi. Chi vive il territorio ha la percezione dei temi che necessitano di un approfondimento. I nostri seminari si muovono in tale direzione,cercando di dare delle risposte concrete e vincenti. Dopo una attenta valutazione dei vari stimoli, provenienti dai partecipanti, si deciderà su quale nuovo argomento costruire un nuovo proficuo e articolato incontro. È comunque vero che il compito di una buona riflessione sulla comunicazione non finisce con la conclusione di un seminario. Non sfugge a nessuno che il lavoro della nostra Facoltà della Comunicazione Istituzionale continua nel tempo, formando sacerdoti, laici che saranno al servizio di tutte le diocesi sparse per il mondo. I seminari rimangono però dei campi specifici necessari che aprono a nuove strade e a nuove sfide su cui intervenire con la massima capacità e i risultati migliori. Ci sono nel contempo dei corsi di formazione intermedi rivolti sia a comunicatori, sia a giornalisti che si occupano d’informazione religiosa. Per cui il lavoro in questo in campo è in continuo svolgimento e il seminario è una di queste diverse tappe capaci di portare sempre buoni frutti.
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Alla Santa Croce, 400 operatori da tutto il mondo hanno discusso della partecipazione e della condivisione nella gestione della comunicazione della Chiesa