Mons. Vincenzo Bertolone

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Una Porta che nessuno può chiudere (Ap 3,8)

Lettera pastorale dell’Arcivescovo di Catanzaro, mons. Bertolone, per la Santa Pasqua

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Non poteva mancare, nell’attesa della Resurrezione di Cristo Signore, una riflessione dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone, rivolta ai presbiteri, consacrati e fedeli laici. Alla soglia del triduo pasquale l’arcivescovo si è rivolto ai suoi preziosi e amati interlocutori come il veggente di Patmos salutava le sette chiese dell’Asia destinatarie dell’Apocalisse, ultimo libro della Bibbia. Giovanni infatti si rivolge ad una Chiesa martirizzata, crocifissa, sgozzata, gettata in pasto alle belve nei circhi, bruciata, arsa viva, condannata alla miniera come è accaduto con lo stesso Apostolo.
Il male è l’ultima parola che deve regnare sulla terra? Giovanni dona la risposta: Vincitore è il Leone di Giuda, L’Agnello Immolato che è il Risorto, il Vivente. È Lui che ha il libro della storia in mano. È Lui che apre i sette sigilli. È Lui che ha il potere sulla morte e sul principe di questo mondo. Lui però vince attraverso i suoi santi, per mezzo di coloro che lavano le loro vesti nel suo sangue. Sono i martiri per Cristo la vittoria di Cristo sul mondo. Cristo vince ogni qualvolta l’uomo rimane a Lui fedele e per essere fedele gli consegna tutta la vita, lasciandosi anche mangiare dalle belve. Giovanni dona alla Chiesa un messaggio forte.
È un vero messaggio di speranza. Non però nell’abbattimento delle croci. Lo dona invitando ad assumere il proprio martirio per essere come Cristo, il Vincitore dalla Croce. L’Apocalisse infatti conclude con due inviti: l’empio continui ad essere empio. Non vi sarà per esso spazio nella Nuova Gerusalemme. Il Santo si santifichi ancora. Sarà Lui a celebrare le nozze eterne con l’Agnello.
La Pasqua diventa così momento centrale per risvegliare, sanare e fortificare anche la Chiesa locale. L’arcivescovo mette al centro Cristo, guaritore dei mali che assillano le comunità di ieri e di oggi. Il pericolo di una fede morta è sempre all’agguato e priva una comunità, una famiglia, un luogo di lavoro, della testimonianza della luce. Il Guaritore che sana dei peccati del mondo c’è! Siamo noi spesso a mancare. “In particolare, esortando la Chiesa a svegliarsi dal sonno, lAgnello della Pasqua eterna…. sembra voler ripetere anche a noi, fedeli e pastori della Chiesa di Catanzaro-Squillace, una forte sollecitazione al risveglio, alla rigenerazione, alla rinascita”. L’invito a rigenerarsi, rivolto a tutti gli uomini e alle donne del Signore che operano dentro e fuori le parrocchie, è chiaro e misericordioso. Un forte appello ad essere per il cielo, così come la primavera è per il risveglio della natura.
Nell’anno santo straordinario della Misericordia la porta santa non è altro che Cristo, così come sottolinea il Pastore calabrese: “La porta aperta in tutti i luoghi-simbolo della vita ecclesiale, soprattutto nelle cattedrali, non fa che annunciare continuamente tutto questo. Il Cristo crocifisso e risorto, sorelle e fratelli carissimi, è davvero la Porta santa che si apre davanti a ciascuno di noi, ma solo se preso atto dello stato di peccatori in cui siamo piombati prendiamo la decisione di ritornare al Signore Dio nostro Padre, portando con noi le opere buone”.  La salvezza è sempre possibile e l’uomo può ritrovare il gusto della vita e delle cose ben fatte.
Per ottenere salvezza, oggi ci dobbiamo ricordare di quanto abbiamo ricevuto un giorno col Battesimo: rinati a nuova vita, perché consepolti con Cristo e, con lui, conrisorti per la potenza dello Spirito Santo. Possiamo far bene tutto, però, se ci poniamo in atteggiamento di disponibilità a riconoscere il mistero di Pasqua”. Segue un passaggio importante per un cristiano che non voglia appassire al seguito delle sue abitudini e paure. C’è bisogno di accostarsi con fiducia al confessionale, per celebrare sacramentalmente il ritorno a Dio. C’è necessità di speranza in Gesù. “Nessun essere umano può vivere senza prospettive di futuro, tanto meno la Chiesa, che vive l’attesa del Regno che viene ma è già presente tra noi”.
L’alto prelato non rinuncia, come spesso fa nelle sue lettere al popolo di Dio, ad infondere un seme di positiva attesa, soprattutto nella riscoperta della speranza che proviene dal Risorto che ha la forza di superare le preoccupazioni e le tensioni del mondo attuale. “Non riempiremo, piuttosto, il nostro cuore col Divino che è nel Risorto?  Il cuore – scrive Teofane – è un vaso, se lo riempi del Divino fino all’orlo, non si può ricevere nient’altro, esso è colmo”. Interessante nella lettera il punto che fa riferimento alle parole del Santo Padre nel giorno delle Ceneri, rivolte all’uomo che non sa riconciliarsi con il Signore.
Il rischio è quello di non saper combattere la tentazione che spinge ognuno a blindare le porte del cuore per convivere con il peccato; di farsi trascinare dalla vergogna nel spalancarle dal profondo, per paura di cadere; di rintanarsi nelle miserie personali, sfuggendo alla realtà comune. La lettera è un canto alla vita; al dono di se stessi; alla misericordia; alla speranza; alla salvezza possibile per tutti nella fede e nella testimonianza della parola. “Fare Pasqua, carissimi, significa non chiuderci a riccio, non rintanarci, non aver paura di chiedere perdono, non disperare mai della salvezza finale (in tal modo peccheremmo contro lo Spirito Santo)”.
Il cuore centrale di questa lettera ai sacerdoti ed ai fratelli impegnati nella Chiesa di Catanzaro-Squillace è nei passi che riportano ordine nel veritiero concetto di Dio misericordioso, che mai trasfigura i confini del bene e del male. “Dire tutto questo del Dio misericordioso e lento all’ira, non significa mai annullare la distinzione tra bene e male, tra lecito ed illecito, tra legge naturale e legge voluta dagli uomini, tra giustizia e salvezza. Dio esercita costantemente la sua misericordia per far sì che ognuno si sollevi dallo stato in cui è caduto e allo scopo di renderlo capace di corrispondere al suo piano di salvezza e al suo amore”.
Interessante il riferimento ai principi primari che trascendono l’uomo e che lo liberano, piuttosto che lasciarlo al proprio infausto destino. “Che l’essere umano sia creatura fragile, limitata nella sua forza e nella sua stessa esistenza, è cosa risaputa, anche grazie a tutte le religioni e le filosofie, che ne hanno già messo in rilievo l’estrema vulnerabilità. Ma lo hanno fatto per fissare dei limiti o, piuttosto, per proteggere gli uomini e le donne da un delirio di dismisura? Oggi, che un’accelerazione della tecnologia e della storia imprime al cammino dell’umanità una vera e propria forzatura dei limiti entro i quali tutto sembrava procedere con un certo ordine, ci dobbiamo porre nuove questioni, che bussano alla porta della nostra coscienza morale illuminata dalla Pasqua. La luce pasquale vuole illuminare tutti i terreni oggi molto “caldi” (biologia, sesso, ambiente, politica), che devono essere “misurati” e guardati nella luce della Pasqua”. 
Tra i temi caldi monsignor Bertolone ricorda la famiglia, cui la Chiesa Cattolica ha dedicato gli ultimi due Sinodi dei vescovi. “È impossibile riconoscere nella famiglia cristiana una semplice ‘espressione sociale’. Essa non indica una semplice casata, o un gruppo umano qualunque, una unione, una convivenza… ma – come mostra la pregnanza salvifica dei concetti biblici –  svela progressivamente nel tempo il vero progetto di Dio sull’unità dell’uomo e della donna, sui rapporti parentali e filiali, sulle responsabilità intergenerazionali, sui legami della famiglia con l’unità della fede, dell’alleanza, del popolo”.
Monsignor Bertolone chiude la sua lettera con questa verità divina sul nucleo più importante della società. Quasi un accorato appello ai suoi sacerdoti, laici e consacrati a puntare il meglio di se stessi, ognuno per il proprio ruolo, sull’apostolato che tutela, aiuta e guida la famiglia, per salvare l’uomo e i suoi rapporti sociali. “Non è possibile, perciò, confondere o sostituire la famiglia, così illuminata dalla luce di Pasqua, con il riconoscimento pubblico della dimensione soggettiva degli affetti, comunque e dovunque essi si manifestino tra le persone”. Vibrante e profetica la sua invocazione finale, asse portante del suo progetto pastorale quotidiano: “Torni la famiglia ad essere il luogo delle relazioni affettuose dell’educazione, della solidarietà, della preghiera”.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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