The resurrection of Jesus Christ

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La Resurrezione? Non è una cosa dell’altro mondo!

Venezia, Bologna, Torino, Milano celebrano la Pasqua assieme ai loro arcivescovi: attualità in primo piano in tutte le omelie. Nella diocesi ambrosiana battezzati 116 adulti

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Temi di scottante attualità, piuttosto in linea con quanto affermato stamattina da papa Francesco nel messaggio Urbi et Orbi, sono stati toccati dai vescovi italiani durante le omelie per la Santa Pasqua.
Il Patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, nella messa mattutina nella cattedrale di San Marco, ha ricordato che a Pasqua il cristiano potrebbe anche “non avere motivi personali per gioire e, per lui, ogni cosa potrebbe essere oscura e drammatica”; eppure, ha sottolineato, la Resurrezione afferma che, anche di fronte agli eventi “drammatici e assurdi” di questi giorni, come “le morti ingiuste, gli attentati, il terrorismo”, “l’ultima parola sulla storia e i suoi avvenimenti non sarà quella degli uomini”.
La Pasqua, dunque, ribalta questa prospettiva e “tutto si riscrive in Dio e secondo la logica di Dio al di là delle anguste e grette possibilità umane e, quindi, oltre le ingiustizie e i drammi della storia”.
La “primitiva comunità cristiana”, formata da Maria Maddalena, Pietro e Giovanni, si mette in cammino per una fede non intesa come “ideologia” – in nome della quale, come si è visto a Parigi e Bruxelles, si può anche arrivare a uccidere – né come “vaga consolazione” ma come “la risposta più vera, più autentica, più consona al sepolcro vuoto e a tutto ciò che ruota attorno ad esso”, ha aggiunto monsignor Moraglia.
Anche l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, ha fatto riferimento agli attentati di Bruxelles, spiegando come ogni tragedia umana non può mai lasciare indifferente e la croce sta lì “terribilmente vera, definitiva, ingiusta, tradimento della vita”.
La pietra posta sul sepolcro, ha osservato Zuppi, è la metafora della temporanea vittoria della legge sulla misericordia, della “rassegnazione” o dell’“indifferenza”.
“L’annuncio della resurrezione – ha aggiunto il presule – raggiunge solo chi ha pianto e chi non si arrende al male, come le donne”, le quali si recano al Sepolcro non “per coraggio”, ma “solo perché il loro cuore non può accettare di lasciare solo Gesù”, quindi “per amore”.
“La Resurrezione non è un altro mondo. È la vita segnata definitivamente dal male che risorge! La Pasqua non è azzerare tutto, come sembra necessario ad un mondo che crede poco all’amore e che butta via tante opportunità perché spera poco”, ha detto l’arcivescovo di Bologna.
Da parte sua, l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, durante la veglia in Duomo, ha auspicato che l’annuncio della resurrezione risuoni nel cuore delle famiglie divise o in crisi, dei giovani “alla ricerca di un senso della vita”, di chi non trova lavoro, degli anziani e dei malati, che “sentono il peso della solitudine”, come pure di chi “si è allontanato dalla Chiesa e ritiene di non aver più nulla a che fare con il suo messaggio e la sua vita”.
Gesù, ha proseguito l’arcivescovo di Torino, “opera e salva il mondo anche oggi, questo mondo perverso, dove i segni di morte sono prevalenti su quelli di vita; dove la fede sembra arretrare di fronte all’attacco convergente di tanti fattori che ne minano alle radici la consistenza nelle famiglie e nel cuore di tanti; dove l’uomo sembra sempre più un lupo solitario che difende il suo territorio contro gli altri con la violenza, il terrorismo e la guerra fratricida”.
Per il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, la Resurrezione permette di vivere “con Gesù nel nostro vero corpo, come “testimoniano le nostre sorelle ed i nostri fratelli inermi, che in Medio Oriente, e altrove, non cessano di consegnare la vita al martirio. La morte, che permane in tutta la sua bruttura psicologica, ha perso il suo pungiglione, è diventata solo apparenza esteriore di morte”, ha sottolineato Scola durante la messa del mattino in duomo.
La Resurrezione, ha aggiunto il porporato, comporta tre implicazioni: “salvaguardare la dignità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale”; “dà ragione piena al per sempre dell’amore tra l’uomo e la donna”; infine “si manifesta nell’esperienza del perdono”, che, in particolare in questo Anno Santo della Misericordia, “ci fa sentire figli e, quindi, fratelli e sorelle”.
In precedenza, nella notte, sempre in Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto la solenne veglia, durante la quale hanno ricevuto il battesimo 14 catecumeni: due originari del Vietnam, due della Cina, uno della Francia, due dell’Albania, uno della Nigeria, uno del Perù, uno della Russia, 4 italiani. Complessivamente sono stati 116 gli adulti che nella notte hanno il battesimo in tutta la Diocesi. [L.M.]
 
 

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ZENIT Staff

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