L’effetto Francesco-Kirill inizia sortire i primi effetti positivi. È di oggi la lettera di richiesta di perdono firmata da un gruppo di quindici ortodossi residenti in Ucraina, Francia e Stati Uniti.
La missiva, il cui primo sottoscrittore è Antoine Arjakovsky, autore di un libro dal titolo Che cos’è l’ortodossia?, direttore emerito dell’Istituto di Studi Ecumenici di Leopoli e direttore di ricerca al Collège des Bernardins di Parigi, è stata inviata in esclusiva a ZENIT e fa riferimento alla “terribile verità del 10 marzo 1946”, giorno in cui a Leopoli, a seguito delle pressione esercitate dal regime sovietico, la chiesa ortodossa russa, compì l’annessione nei confronti della chiesa greco-cattolica ucraina.
“Allorché l’8 e il 9 Marzo i partecipanti al Sinodo votarono per la ‘riunificazione’ della loro Chiesa con il patriarcato di Mosca, tutti i vescovi greco-cattolici ucraini si trovavano rinchiusi in prigione”, viene ricordato nella lettera.
I 216 presbiteri e i 19 laici riuniti nella Cattedrale di San Giorgio a Leopoli dal NKVD (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni) antesignano del KGB, si trovavano alla mercé di un “gruppo di iniziativa” capeggiato da due vescovi ortodossi Antony Pelvetsky e Myhailo Melnik.
Gli archivi rivelano che, nel febbraio 1945, dodici giorni dopo la conferenza di Yalta, tenutasi assieme a Winston Churchill e Franklin D. Roosevelt, Stalin in persona aveva decretato l’eliminazione della chiesa greco-cattolica ucraina.
Secondo i firmatari del documento inviato a ZENIT, gli storici e i teologi non nutrono dubbio alcuno sul fatto che il sinodo di Leopoli della chiesa greco-cattolica ucraina tenutosi dall’8 al 10 marzo 1946, abbia rappresentato una “messinscena”.
Bohdan Bociurkiv, già professore di Storia all’Università Carleton di Ottawa, ha pubblicato sull’argomento una ricerca mai smentita.
Nel 2006, papa Benedetto XVI aveva accennato a uno “pseudo-sinodo”, che aveva compromesso in maniera grave “l’unione ecclesiale”. Anche Nicolas Lossky, teologo ortodosso francese, membro del Patriarcato di Mosca, ha riconosciuto che si era trattato di una messinscena.
A motivo della sua soppressione, nel 1946 e fino al 1989, la Chiesa greco-cattolica, che in Ucraina annoverava più di 5 milioni di membri, divenne de facto la vittima principale ma, al tempo stesso, la principale forza di opposizione al regime sovietico all’interno delle frontiere dell’Unione Sovietica.
I firmatari formulano quindi una specifica e radicale richiesta: “Noi chiediamo dunque alle autorità ortodosse attuali in Russia, in Ucraina e altrove di riconoscere nulle le tragiche decisioni del concilio di Leopoli”.
Pur specificando che, nel suo insieme, la Chiesa Ortodossa Russa “non può essere ritenuta responsabile delle decisioni che furono prese dalle autorità ecclesiastiche manipolate o minacciate dal NKDV-KGB”, i cristiani ortodossi contemporanei, che vivono 70 anni dopo questi avvenimenti, si sentono “responsabili del silenzio colpevole che avvolge la distruzione di questa chiesa ad opera del regime sovietico con la partecipazione del patriarcato di Mosca”.
“Noi sappiamo che milioni di cristiani ortodossi, sparsi nel mondo, condannano fermamente le persecuzioni antireligiose del governo sovietico e di Josif Džugašvili in particolare”, si legge nella lettera.
Nell’anniversario del 10 Marzo 1946, alla vigilia di domenica 13 marzo 2016, domenica del Grande Perdono, secondo il calendario liturgico ortodosso, i firmatari assicurano alla Chiesa greco-cattolica ucraina, la loro “solidarietà” e la loro “preghiera” per tutte le “vittime innocenti” della chiesa greco-cattolica ucraina, che furono “imprigionate, torturate, deportate e assassinate dal governo sovietico con la complicità del patriarcato di Mosca”.
In conclusione, i firmatari chiedono “umilmente perdono per tutte le ingiustizie di cui sono state vittima con la complicità dell’autorità della Chiesa Ortodossa e ci inchiniamo di fronte ai martiri della chiesa greco-cattolica ucraina”.
Complicità sovietico-ortodossa: 70 anni dopo, una richiesta di perdono
Nel marzo 1946, in occasione dello “pseudo-sinodo” di Leopoli, le pressioni esercitate da Stalin sul patriarcato di Mosca fecero fagocitare la chiesa greco-cattolica ucraina, i cui vescovi erano tutti finiti in prigione