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Messico: rivolta in carcere a Monterrey. L'arcivescovo prega per le vittime

Circa 50 vittime e 12 feriti nello scontro a fuoco tra due fazioni nel carcere di Topo Chico, nella notte tra 10 e 11 febbraio. Mons. Cabrera López: “Preghiamo per famiglie e detenuti”

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Alla vigilia dell’arrivo del Santo Padre, il Messico è stato teatro di nuovi episodi di violenza. Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio. A Monterrey, nel carcere di Topo Chico, un tentativo di fuga da parte di alcuni detenuti ha provocato 49 morti e circa 12 feriti negli scontri tra due fazioni rivali nella prigione.
Come riferito da Jaime Rodriguez, governatore di Nuevo Leon, zona in cui ha sede la struttura, una delle fazioni era guidata da un membro del famigerato cartello della droga Zetas. Tra i morti ci sono reclusi, guardie e funzionari del carcere, colpiti dagli spari; nessun detenuto è riuscito a fuggire. Durante la rivolta è scoppiato anche un incendio all’interno del carcere, esattamente nel magazzino dei viveri dato alle fiamme da una delle fazioni. Dall’esterno, dove sono giunti numerosi familiari dei reclusi, si vedono chiaramente colonne di fumo provenienti dalla prigione.
Il drammatico episodio è stato ricordato da mons. Rogelio Cabrera López, arcivescovo di Monterrey, in una nota diffusa ieri e pervenuta all’agenzia Fides, in cui il presule chiede all’inizio della Quaresima di pregare per le vittime. “Invitiamo tutta la comunità ad unirsi a noi nella preghiera per i nostri fratelli che sono detenuti e per le loro famiglie, che vivono momenti di angoscia per quello che è successo”, si legge nel testo. “Si parla di perdite umane e feriti gravi – aggiunge il presule – per questo preghiamo Dio che questa situazione riesca ad essere controllata e le autorità competenti ne diano informazione”.
Il carcere di Topo Chico è il più vecchio della zona, risale al 1943, ed è stato segnalato da alcune Ong per essere uno dei più affollati del paese e con una situazione di mancanza di sicurezza. La Commissione Nazionale per i Diritti Umani ha chiesto di aprire subito un’indagine sul caso.

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ZENIT Staff

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