La solennità del Natale, appena trascorsa, ha indotto papa Francesco a dedicare l’ultima Udienza Generale dell’anno al tema dell’infanzia. In questi giorni molte famiglie nel mondo espongono Gesù Bambino nel presepe, “portando avanti questa bella tradizione che risale a san Francesco d’Assisi e che mantiene vivo nei nostri cuori il mistero di Dio che si fa uomo”, ha sottolineato il Pontefice.
Tra i santi che hanno coltivato la devozione a Gesù Bambino, il Papa ha citato Teresa di Lisieux che, non a caso, diventando monaca carmelitana, scelse di chiamarsi “Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo”.
La santa di Lisieux, diventata poi Dottore della Chiesa, “ha saputo vivere e testimoniare quell’’infanzia spirituale’ che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine Maria, l’umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo”. Per noi che siamo sovente “orgogliosi” e “pieni di vanità”, scoprire un Dio che è “umile e si fa bambino”, è un “mistero grande” ma “bello”, ha aggiunto il Papa.
“C’è stato un tempo in cui – ha proseguito Francesco – nella Persona divino-umana di Cristo, Dio è stato un bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede”, non meno della sua morte in croce e resurrezione, che pure sono “la massima espressione del suo amore redentore”.
L’infanzia di Gesù è un periodo di cui storicamente “non conosciamo nulla”, ad eccezione di indicazioni come “l’imposizione del nome dopo otto giorni dalla sua nascita”, “la presentazione al Tempio (cfr Lc 2,21-28)”, la “visita dei Magi con la conseguente fuga in Egitto (cfr Mt 2,1-23)”, fino ad arrivare al pellegrinaggio della Sacra Famiglia al Tempio di Gerusalemme. Ciononostante, ha osservato il Papa, “per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più spesso Gesù Bambino”.
Sebbene i Vangeli narrino poco dell’infanzia di Gesù, “possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini”, ha detto il Santo Padre.
Un dato facilmente intuibile è che tutti i bambini “vogliono la nostra attenzione” ed “hanno bisogno di sentirsi protetti” e Gesù Bambino, in questo, non fa eccezione: lui che è Dio, ci richiama alla nostra “responsabilità di proteggerlo”.
Gesù desidera “stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro”, ha commentato il Pontefice. Come tutti i bambini, poi, anche il piccolo Gesù va fatto “sorridere”, per “dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché Lui è in mezzo a noi”.
C’è poi la dimensione ludica: giocare con un bambino “significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua”; per farlo divertire “è necessario capire cosa piace a lui”, evitando di “essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi”, ha sottolineato il Papa.
“Davanti a Gesù – ha spiegato – siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo”.
Stringendo tra le nostre braccia il Bambino Gesù, ci mettiamo dunque “al suo servizio”, scoprendo in Lui una “fonte di amore e di serenità”.
In conclusione, Francesco ha proposto a tutti i fedeli di recarsi al proprio presepe, baciare Gesù Bambino e dirgli: “Gesù, io voglio essere umile come te, umile come Dio”.