Se nella solennità del Natale, si contempla “l’amore misericordioso di Dio, che si è fatto carne per noi”, il giorno dopo, festa di Santo Stefano protomartire, vediamo la “risposta coerente del discepolo di Gesù, che dà la vita”. Mentre “ieri è nato in terra il Salvatore; oggi nasce al cielo il suo testimone fedele”.
Con questa riflessione, papa Francesco ha introdotto l’Angelus di oggi, sottolineando che “ieri come oggi, compaiono le tenebre del rifiuto della vita, ma brilla ancora più forte la luce dell’amore, che vince l’odio e inaugura un mondo nuovo”.
Stefano perdona i suoi uccisori già “prima di morire lapidato”, quando grida: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60). In questo, il santo imita Gesù che, sulla croce, aveva detto: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).
Stefano è martire, in quanto “testimone”, ovvero colui che “fa come Gesù”, che “si comporta come Lui”, pregando, amando ma, soprattutto, perdonando, “perché il perdono, come dice la parola stessa, è l’espressione più alta del dono”, ha osservato il Pontefice.
Eppure, sorge spontaneo chiedersi: “a che cosa serve perdonare? È soltanto una buona azione o porta dei risultati?”. La risposta è proprio nella conversione del persecutore di Stefano: Saulo, che “perseguitava la Chiesa e cercava di distruggerla (cfr At 8,3)”, diventa poco dopo “Paolo, il grande santo, l’apostolo delle genti”, il quale “nasce dalla grazia di Dio e dal perdono di Stefano”.
Ogni cristiano, quindi, nasce “dal perdono di Dio”: prima nel battesimo, poi nel perdono sacramentato della confessione, egli viene “rigenerato”, portando impresso in sé, “il segno della misericordia divina”.
Infatti, ha affermato il Santo Padre, “solo quando siamo amati possiamo amare a nostra volta” e “se vogliamo avanzare nella fede, prima di tutto occorre ricevere il perdono di Dio”, che non dobbiamo mai “stancarci di chiedere”, perché “solo quando siamo perdonati impariamo a perdonare”.
Perdonare, ha ricordato il Papa, è “molto difficile” ma possiamo iniziare a farlo, “come ha fatto Stefano”, cioè pregando ed “affidando chi ci ha fatto del male alla misericordia di Dio”.
Si vive, quindi, una “lotta interiore per perdonare” che “purifica dal male” e libera dalle “catene interiori del rancore”. Il perdono “avvicina l’uomo a Dio” e così “vinciamo il male con il bene, trasformiamo l’odio in amore”.
Prima della recita della preghiera mariana, Francesco ha affidato all’intercessione della Vergine “coloro – e sono purtroppo tantissimi – che come santo Stefano subiscono persecuzioni in nome della fede”.
Prima di congedarsi dai pellegrini giunti in piazza San Pietro, il Papa ha ringraziato i fedeli di tutti il mondo per i tanti messaggi di auguri natalizi ricevuti: “Non mi è possibile rispondere a ciascuno –ha detto -. Pertanto, esprimo oggi a tutti il mio vivo ringraziamento, specialmente per il dono della preghiera”.
Il testo completo delle parole del Papa è disponibile qui.