Miseria e Nobiltà è la commedia scritta dal commediografo napoletano Eduardo Scarpetta, in scena fino al 10 gennaio, al Teatro Parioli di Roma, per la regia e adattamento di suo nipote Luigi De Filippo, che recita, anche, nei panni di don Felice Sciosciammocca, di professione scrivano.
È la consacrazione ufficiale da parte di Scarpetta del piccolo borghese, in sostituzione della maschera napoletana di Pulcinella, ormai anacronistica. Tuttavia, lo scrivano, alla fine dell’Ottocento, epoca di ambientazione della commedia, inizia a diventare un mestiere in decadenza, con l’introduzione dell’obbligo scolastico, attraverso la Legge Coppino, per i primi tre anni delle elementari.
Ed è proprio in virtù di questa fisiologica riduzione dell’analfabetismo, che il nostro protagonista ha sempre “fame” e sarà a causa di questo costante logorio, che si presterà a diversi intrighi e compromessi, con la speranza di mettere qualcosa nello stomaco.
Uno fra tanti è fingersi genitore del giovane nobile Eugenio e presentarsi a casa di don Gaetano, il cuoco, per consentire al ragazzo di fare la proposta di matrimonio a sua figlia Gemma, la bellissima ballerina, di cui è perdutamente innamorato. Un legame ostacolato dalla famiglia di lui e soprattutto dal padre, il marchese Favetti, per le origini borghesi della ragazza, figlia di don Gaetano, un cuoco diventato molto ricco, ma sempre un parvenu ai loro occhi.
E da qui in poi, comicità e divertimento assicurati, tra equivoci e trame svelate, in perfetta assonanza con la tradizionale comicità partenopea. Una commedia, figlia di un’epoca, che segna l’ascesa della borghesia commerciale, che comincia a occupare nella società il posto appartenuto alla nobiltà, già in decadenza, cinquant’anni prima dell’avvento della Repubblica. Un concetto, quello della decadenza, valido ancora oggi, in piena crisi economica e valoriale, dove appunto è di nuovo la brama di ricchezza e lavoro a farla da padrona, a scapito dei sentimenti e della stabilità.
Dal punto di vista tecnico, invece, impareggiabile come sempre è Luigi De Filippo, degno erede di suo padre Peppino, che nel ringraziare il pubblico, si rammarica di “essere stato malato e di aver desiderato più di ogni altra cosa di tornare sul palco del suo teatro”. Ed è calorosa l’accoglienza del “suo pubblico”, che gremisce la sala, tra risa e applausi, profondamente coinvolto durante tutta la rappresentazione.
Una pièce, ormai un cult, sia a teatro che al cinema. Celebre è la versione cinematografica portata in auge da Totò e da Sophia Loren, nell’omonima pellicola del 1954, con la popolarissima scena dei maccheroni, afferrati con ingordigia con le mani, dai commensali affamati. La stessa bramosia e la stessa emozione, si possono rivivere, ancor più realisticamente al teatro Parioli, per merito di un cast di eccezionale professionalità, sotto la supervisione del maestro Luigi De Filippo, tra gli ultimi eredi di una grande dinastia di “amanti del teatro”.
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Fino al 10 gennaio al “Teatro Parioli Peppino De Filippo”
Miseria e nobiltà
di Eduardo Scarpetta
per la regia di Luigi De Filippo
Con 14 attori della Compagnia di Teato Luigi De Filippo
e Luigi De Filippo nei panni di don Felice Sciosciammocca
Rita Ricci -
Don Felice Sciosciammocca: una maschera ancora attuale
Luigi De Filippo regista e mattatore in Miseria e nobiltà, fino al 10 gennaio al Teatro Parioli