Pentecost by Duccio di Buoninsegna (1260-1318)

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X come Xenoglossia

Con questo termine si fa riferimento a un fenomeno profetizzato e poi narrato nell’Antico Testamento: il dono delle “lingue nuove” da parte dello Spirito Santo

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Con questo strano termine si definisce un fenomeno straordinario  per cui una persona si trova improvvisamente e inaspettatamente capace di parlare una o più lingue straniere da lui completamente ignorate.

Non si tratta di magia o di parapsicologia, ma di qualcosa narrato nei Vangeli. In quello di Marco si dice: (Mc 16,17) “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove…”.

Ma è soprattutto negli Atti degli apostoli che il fenomeno viene descritto, in relazione alla discesa dello Spirito Santo sulla piccola comunità dei discepoli di Cristo: (At 2,3) “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.

E ancora: (At 2,11) “Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio”. La xenoglossia è dunque un dono dello Spirito Santo. Come tutti i doni di questa persona della Santissima Trinità, è un segno della incommensurabile Grazia di Dio che trasforma l’uomo, che ne fa una creatura nuova, che lo rende più simile a quello che era in origine, quando era uscito dalle mani di Dio come una creatura poco inferiore agli angeli, capace di essere in comunione con tutto il creato.

Poi il peccato divise l’uomo da Dio, dalla natura, dalle creature, dai propri simili, da se stesso. Prima della Caduta l’uomo parlava una sola lingua, con Dio, con il Creato e con i suoi simili. La divisione delle lingue è una conseguenza di questa rottura dell’innocenza primigenia. Poi venne Babele: la sfida portata a Dio stesso, la torre della superbia umana edificata per andare a conquistare il Cielo, e la conseguente punizione da parte di Dio: la dispersione dei superbi, la confusione della pluralità caotica delle lingue, l’incomprensione tra gli uomini.

Un racconto, quello di Babele, estremamente significativo delle conseguenze nefaste del peccato: gli uomini non trovano pace perché anche perché non riescono a capirsi, a intendersi tra loro. Anche per questo la Chiesa scelse nella storia- con rarissime eccezioni per particolari comunità orientali- di avere per la Liturgia una sola voce, il latino. Una sola voce per parlare a Dio e agli uomini.

La xenoglossia è dunque un segno del ritorno alla Grazia, della riconciliazione con Dio che si attua mediante il dono dello Spirito Santo. La xenoglossia infatti non è una sorta di “magia”, e non è fine a se stessa o deputata a “stupire con effetti speciali” chi si incontra. Ancora una volta nella Sacra Scrittura (At 10,46) si racconta che “li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio”.

A ciò serve questo dono: a rendere gloria al Signore. E non solo: “non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare”. Profetare, cioè annunciare la vita nuova, la vita buona del Vangelo.

La xenoglossia è solo uno dei doni che Dio ci fa se torniamo a Lui,se ci facciamo prendere dal Suo Amore. Lo Spirito Paraclito infatti dona “a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue” dice san Paolo. Tenendo conto che tutti questi doni, le profezie come i miracoli, il dono delle guarigioni come la capacità di parlare varie lingue, secondo l’Apostolo delle genti sono nulla se mancasse la carità: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che tintinna”.  La virtù che rende fruttuosi tutti gli altri doni.

 

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Paolo Gulisano

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