Riportiamo di seguito il Messaggio di Natale 2015, rivolto da monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio ed abate di Pomposa, ai fedeli della sua diocesi.
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Carissimi figli e figlie della Diocesi di Ferrara-Comacchio,
viene il Signore Gesù e si rinnova, nel sacramento e nella coscienza viva della Chiesa, il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio nella vita e nella fede di Maria, Sua madre, che non ha opposto nessuna difficoltà, nessun limite e nessuna incertezza all’annunzio straordinario che sarebbe diventata la madre del Redentore. Ci viene ancora incontro il Signore Gesù Cristo nell’umiltà del presepe, nella gioia irresistibile dei poveri e degli umili, di coloro che dalla durezza dell’esistenza traggono continuamente la forza di riconoscerlo presente e il desiderio di immedesimarsi sempre di più con la sua vita sacrificata e lieta.
Il Signore che viene a cambiarci radicalmente si trova oggi, come sempre, fronteggiato e osteggiato dal tradizionale nemico di Dio, come ci ricorda l’apostolo Pietro: “Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo” (1Pt 5, 6-9). Carissimi il Natale 2015 ci veda impegnati a testimoniare la nostra fede e ad unirci a tutti coloro che nel mondo stanno subendo il martirio perché cristiani. Vegliamo dunque affinché il tentativo di strappare Dio dal cuore dell’uomo non ci veda arrendevoli o peggio conniventi. Nessuno può cambiare il grande progetto della liberazione dell’uomo in Cristo, nemmeno il demonio, ma – come ci ricorda Papa Francesco – la pressione del pensiero unico dominante può sembrare insopportabile. Per questo ci vengono in soccorso le parole dell’apostolo Paolo: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rom 8,35-37). Siamo infatti in presenza di una forte e diffusa disistima nei confronti della visione di vita che nasce dalla fede – che valorizza in maniera insuperabile l’uomo e il suo destino buono – a cui si vuole sostituire una mentalità consumistica, che ci rende semplicemente soggetti di reazioni istintive e quindi inevitabilmente manipolabili.
Un segnale evidente sono i divieti sulla stessa capanna di Betlemme, che da sempre ha avuto posto nel cuore di ciascuno di noi, come nel cuore di tutte le generazioni cristiane.
Di fronte a ciò vi chiedo di assumere come nostre sofferenze, le fatiche, le ingiurie e le percosse del Signore.
Il Natale 2015 – pur pieno di dolore perché la presenza di Cristo è contestata – è tuttavia denso di letizia perché ci è concessa la grazia e la possibilità di rivivere la Sua incarnazione.
Credo che l’Anno Santo, che Papa Francesco ha provvidenzialmente proposto a tutta la Chiesa, ci consentirà di entrare immediatamente nel vivo della presenza di Dio, scoprendone in maniera nuova, l’aspetto più definitivo cioè la Sua misericordia, che è Cristo stesso in persona.
Lui, dunque, che nasce nel cuore e nella vita della Madonna Santissima, è la misericordia vivente e ci viene incontro nell’iniziativa dell’Anno Santo affinché ciascuno di noi possa attingere a questo dono che supera ogni calcolo, che supera ogni errore, che supera ogni difficoltà e che perdona ogni peccato.
Questo mi sembra il punto centrale: non si può capire la misericordia di Dio e la redenzione dell’uomo se non nell’ottica dell’iniziativa di Cristo, perché l’uomo non può salvarsi con le proprie mani, ma «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc 18,16).
Sorelle e fratelli, per incontrare veramente la misericordia, e quindi per rinnovare l’incontro con Gesù Cristo, bisogna che ci rendiamo conto che c’è un aspetto vasto del nostro cuore e della nostra vita personale, familiare e sociale che ospita il nostro male e che vede la presenza del nostro peccato. Non nascondiamo il peccato, non riduciamolo a difficoltà di carattere psicologico, affettivo, strutturale e sociale. Non rendiamo la nostra vita e quella dell’umanità come una sorta di indifferenziata neutralità in cui non c’è più distinzione fra bene e male, fra giusto e ingiusto, fra dignitoso ed indignitoso, perché non è questa indifferenziata unità che ha interessato Gesù Cristo. Egli è venuto per scoprire in ciascuno di noi il male che ci allontana da Dio e per riempire questo vuoto della sua presenza.
Auguro a me stesso, e a ciascuno di voi, che quest’anno veda crescere la consapevolezza che Dio in Cristo ci salva dal male, di cui siamo responsabili quotidianamente, e ci faccia riscoprire, attraverso la Chiesa, l’esercizio della misericordia prima di tutto con il sacramento della riconciliazione.
Sia l’anno, cari sacerdoti, religiosi, religiose e laici, in cui ritorniamo a vivere autenticamente questo sacramento con una dignità e consapevolezza adulte.
Con questo insieme di sentimenti, di attese, di valutazioni e, perché no, anche con l’esperienza di fallimento e di crisi che caratterizzano la nostra vita quotidiana, ci inginocchiamo davanti a Gesù bambino, ci abbandoniamo alla limpida gioia degli angeli e dei pastori perché si rinnovi nel nostro cuore la certezza purissima di essere stati chiamati a partecipare alla presenza di Dio, e si apra il cammino di una fede, speranza e carità più mature, che si esprimano nel mondo come missione, ovvero come capacità di annunciare Cristo a tutti gli uomini e di accogliere chi ci vive accanto. Non c’è apertura e non c’è accoglienza se non nella carità di Cristo che, donata a noi, da noi si riversa sugli uomini.
Nel formulare l’augurio di Santo Natale, il mio pensiero va innanzitutto a coloro che sono malati e sono chiamati quindi a partecipare in modo così specifico e doloroso alla passione di Cristo, ma anche a chi offre loro conforto nel corpo e nello spirito: il Signore li ricompenserà immensamente. Ho presente la fatica e la vita di tanti anziani, molte volte lasciati soli nelle loro case o nelle case di riposo o privati di quell’affetto che pur avrebbero il diritto che fosse loro ancora tributato.
Prego per le famiglie, soprattutto quelle provate da dissapori, da tensioni, da incomprensioni e non sempre capaci di recuperare quell’atteggiamento di umile benevolenza che potrebbe far superare tutte queste difficoltà.
Prego per i giovani ed auguro loro che il Natale dischiuda la possibilità di diventare sempre più testimoni efficaci nei confronti dei loro coetanei, per invitarli a vivere insieme nella casa del Padre. Un pensiero vivo ed affettuoso va a tutti i nostri fratelli e sorelle carcerati, insieme alla gratitudine per quanti, sacerdoti e i volontari, operano per il loro bene.
Come non pensare poi a coloro che non hanno più casa e lavoro: sono al centro degli sforzi della nostra comunità ecclesiale.
Prego per i migranti, a cui abbiamo aperto e apriamo le porte del nostro cuore e le nostre realtà di accoglienza in proporzioni numericamente rilevanti e che ci rendono una diocesi davvero generosa.
Prego per tutti i poveri di beni materiali, qualche volta anche quelli di prima necessità, ma senza dimenticare, come ci ricordava il cardinale Giacomo Biffi, che: «la più grande povertà che possa gravare sulla vita degli uomini è l’ignoranza di Gesù Cristo».
Per questo ringrazio e prego per tutti i sacerdoti, i consacrati, le consacrate e tutti i laici che si impe
gnano a fondo in questo tempo difficile e su tutti i versanti dell’evangelizzazione.
A ciascuno di coloro a cui arriverà questo messaggio auguro un Natale ricco di gioia nel Signore Gesù.