L’incontro tra la Vergine Maria e sua cugina Santa Elisabetta è un momento di “mistero”, “stupore” e gioia. Il celeberrimo episodio al centro del Vangelo odierno (Lc 1,39-45), è stato meditato da papa Francesco durante l’Angelus in piazza San Pietro.
Entrambe le donne sono in attesa di un figlio e Maria, dopo aver saputo della sua maternità e di quella della cugina dall’arcangelo Gabriele, si mette in viaggio per andare a trovare l’attempata parente.
Nonostante la gravidanza, Maria affronta “lungo viaggio da Nazaret di Galilea ai monti di Giudea” per recarsi da Elisabetta, dalla quale rimarrà tre mesi. “Per questo la Madonna, che porta in sé un dono e un mistero ancora più grande, va a trovare Elisabetta e rimane da lei tre mesi”, ha commentato il Papa.
Ricevuto il saluto di Maria, “Elisabetta si sente avvolta da grande stupore, che risuona nelle sue parole: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (v. 43)”.
È proprio lo “stupore”, la chiave giusta per “celebrare in modo proficuo il Natale”, ha sottolineato Francesco, soffermandosi poi sui tre “luoghi dello stupore”, il primo dei quali è “l’altro, nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio”, specie se si tratta del “volto di un povero”, perché “da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare”.
Lo stupore, tuttavia, si può incontrare anche nella “storia” che, tante volte ci illudiamo di vedere “per il verso giusto, e invece rischiamo di leggerla alla rovescia”; ciò avviene, ad esempio, quando riteniamo che la storia sia “determinata dall’economia di mercato, regolata dalla finanza e dagli affari, dominata dai potenti di turno”.
Dio, però, nel modo in cui viene al mondo, “scombina le carte” e, come canta Maria nel Magnificat, “rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote (cfr Lc 1,52-53)”.
Il terzo “luogo di stupore”, indicato dal Pontefice è la Chiesa, che, in tal senso, non va considerata solo una “istituzione religiosa” ma va sentita come una “Madre che, pur tra macchie e rughe, lascia trasparire i lineamenti della Sposa amata e purificata da Cristo Signore”.
Il Santo Padre ha parlato di una Chiesa che “sa riconoscere i molti segni di amore fedele che Dio continuamente le invia”, per la quale, “il Signore Gesù non sarà mai un possesso da difendere gelosamente, ma sempre Colui che le viene incontro e che essa sa attendere con fiducia e gioia, dando voce alla speranza del mondo”.
Il Natale è quindi il momento in cui “Dio ci dona tutto Sé stesso donando il suo Figlio, l’Unico, che è tutta la sua gioia” e “solo con il cuore di Maria, l’umile e povera figlia di Sion, diventata Madre del Figlio dell’Altissimo, è possibile esultare e rallegrarsi per il grande dono di Dio e per la sua imprevedibile sorpresa”, ha aggiunto il Papa, chiedendo, infine, l’intercessione di Maria, perché ci aiuti a “percepire lo stupore per la nascita di Gesù, il dono dei doni, il regalo immeritato che ci porta la salvezza”.
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