Troppi conflitti “violenti, sia bellici sia terroristici”, troppo sangue e vittime innocenti, hanno segnato l’anno che sta per concludersi. È un’amara riflessione quella che anima il discorso del Papa ai nuovi ambasciatori di Guinea, Lettonia, India e Bahrein, ricevuti stamane per la presentazione delle Lettere Credenziali.
Nelle parole del Pontefice c’è, tuttavia, una nota di speranza: “Questa situazione – dice ai diplomatici – sta provocando sempre più nelle coscienze più mature una reazione non violenta, ma spirituale e morale”. Ed “è questa che noi vogliamo e dobbiamo alimentare con i mezzi a nostra disposizione e secondo le nostre responsabilità”.
Bisogna, cioè, lavorare per la pace. In primis la Chiesa cattolica, durante questo tempo di grazia che è il Giubileo della Misericordia, è chiamata a “diffondere in tutto il mondo lo spirito di perdono e di riconciliazione”. Si tratta – sottolinea Francesco, riecheggiando il suo forte Messaggio per la Giornata mondiale per la Pace pubblicato due giorni fa – di vincere “quella globalizzazione dell’indifferenza che è purtroppo una delle tendenze negative della nostra epoca”.
Essa – afferma – trae radice in “un umanesimo squilibrato, in cui l’uomo ha preso il posto di Dio e, quindi, è rimasto a sua volta vittima di varie forme di idolatria”, osserva il Santo Padre. “Anche la gravissima crisi ecologica che stiamo attraversando si può ricondurre a tale squilibrio antropologico”.
Tutte e tre queste ‘indifferenze’, verso Dio, verso il prossimo e verso l’ambiente, sono tra loro “collegate e si alimentano a vicenda”, rimarca. Per contrastarle occorre “collaborare insieme per promuovere nel mondo una cultura della solidarietà”, in modo da formulare “una risposta che le affronti tutte insieme”, ovvero “un rinnovato umanesimo, che ricollochi l’essere umano nella sua giusta relazione con il Creatore, con gli altri e con il creato”.
“Un ruolo decisivo, in questa sfida – spiega Bergoglio – svolgono anche i mass-media, che ai nostri giorni influenzano in misura notevole gli atteggiamenti personali e sociali”. E anche la scuola è fondamentale in tal senso, per cui è “indispensabile continuare ad investire” su di essa, dice il Papa. Scuola, però, “non concepita in maniera isolata ma in costante rapporto con le famiglie e con il contesto sociale, collaborando per rafforzare un’alleanza educativa che in diversi Paesi si è molto indebolita”.
Auspicando che sul piano internazionale “ogni Nazione si impegni a rinnovare le relazioni con le altre, cooperando fattivamente a far crescere la fraternità anche nella grande famiglia dei popoli”, Francesco esorta gli Stati, in vista dell’Anno Santo, a compiere “gesti concreti” nei confronti “dei nostri fratelli e sorelle che soffrono per la mancanza di lavoro, terra e tetto”. Quindi un pressante appello per adoperarsi coraggiosamente in favore delle categorie sociali più fragili: dai prigionieri ai migranti, dai disoccupati ai malati.
Un ultimo pensiero è per i cattolici di Guinea, Lettonia, India e Bahrein, che il Santo Padre incoraggia “a collaborare sempre in maniera leale al bene comune dell’intera società”. “Tanto più e meglio potranno farlo – sottolinea – quanto più sarà loro riconosciuta effettivamente la piena libertà religiosa”.
Da parte sua la Santa Sede, conclude infine, “si onora di poter instaurare con ciascuno di voi e con i Paesi che rappresentate un dialogo aperto e rispettoso e una collaborazione costruttiva”.