A cinque mesi dalla confisca delle terre dell’area di Beir Onah, nei pressi del monastero di Cremisan, da parte dello Stato di Israele, la situazione è sempre più critica per i possidenti locali. Ad agosto, i bulldozer hanno sradicato 50 olivi di oltre 1500 anni, per fare posto al muro di separazione.
In un resoconto diffuso dai media ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme, ripreso anche da Fides, si raccontano i particolari della vicenda, a partire dalla sospensione delle manifestazioni di protesta, della recita del rosario e di tutte le celebrazioni liturgiche.
Lo scorso ottobre l’esercito israeliano è intervenuto, proibendo addirittura la raccolta delle olive, sradicando gli alberi e ponendovi nell’area, il cartello di “zona militare chiusa”.
La memoria diffusa dai media del patriarcato menziona anche la lettera di Natale di padre Aktham Hijazin, parroco di Beit Jala, che spiega ai suoi parrocchiani l’analogia della loro situazione con quella di Beir Onah.
Lo sradicamento degli olivi e la confisca delle terre, riferisce padre Hijazin, impediscono ai proprietari di accedere alle loro proprietà, pertanto, secondo il sacerdote, occorrerebbe utilizzare tutti i mezzi legali per fermare la costruzione del muro, utile solo ad “acquisire più territorio” e non alla “sicurezza di Israele”.
Il messaggio del parroco si conclude con l’invito a “cercare l’amore e la misericordia”, in vista del Natale. “L’amore di Dio e la Salvezza. Chiedo alle persone di amarsi, perché l’amore è la via della pace tra palestinesi e israeliani”, conclude poi padre Hijazin.