A concelebration or the practice of priests saying Mass collectively in the Latin Rite

WIKIMEDIA COMMONS

Chinare il capo al nominare i nomi di Gesù

Sì alle usanze locali se non vanno contro l’OGMR

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Padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e decano di Teologia presso  l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma, risponde questa settimana alla domanda di un lettore in Belgio.

È vietato dall’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) o dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai sacerdoti concelebranti, ai diaconi che assistono, ai religiosi o laici presenti alla Messa di inchinarsi al sentir nominare i Santi Nomi di Gesù e di Maria (o per estensione il santo del giorno, etc.)? — N.D., Anversa, Belgio

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Il testo dell’OGMR dice quanto segue circa gli inchini al punto n. 275:

“Con l’inchino si indicano la riverenza e l’onore che si danno alle persone o ai loro segni. Vi sono due specie di inchino, del capo e del corpo:

“a) L’inchino del capo si fa quando vengono nominate insieme le tre divine Persone; al nome di Gesù, della beata Vergine Maria e del Santo in onore del quale si celebra la Messa.

“b) L’inchino di tutto il corpo, o inchino profondo, si fa: all’altare; mentre si dicono le preghiere Purifica il mio cuore e Umili e pentiti; nel Credo alle parole: ‘E per opera dello Spirito Santo’; nel canone romano, alle parole ‘Ti supplichiamo, Dio onnipotente’.

“Il diacono compie lo stesso inchino mentre chiede la benedizione prima di proclamare il Vangelo. Inoltre il sacerdote, alla consacrazione, si inchina leggermente mentre proferisce le parole del Signore”.

Il nostro lettore si riferisce primariamente al chinare il capo. Le norme sopracitate non dicono nulla circa chi compie l’inchino. Oggi verrebbe solitamente interpretato nel senso che dovrebbe essere la persona (o le persone) che proclama il testo a compiere il gesto.

La maggior parte di questi inchini erano, e sono tuttora, compiuti nella forma straordinaria del rito romano, e in alcuni casi solo il sacerdote conosceva il momento preciso in cui compierli, poiché parte di quelle preghiere veniva recitata a bassa voce e quindi non era udibile all’assemblea. Quando udibile, i fedeli compivano lo stesso gesto mentre gli altri ministri si chinavano verso il tabernacolo, togliendosi il berretto.

Lo stesso veniva fatto anche quando il predicatore chiamava Gesù per nome. Alcuni liturgisti, come Fortescue, hanno adoperato una regola del tre o del cinque, in cui dopo la terza o quinta volta che un predicatore invocava il Sacro Nome il clero poteva fare un semplice inchino e smettere di togliere il copricapo o voltarsi verso il tabernacolo.

Nella forma ordinaria, durante il Gloria e il Credo l’intera congregazione e tutti i ministri si inchinano al nome di Gesù e Maria, poiché lo recitano tutti insieme.

Nelle altre occasioni, solitamente solo il celebrante principale compie questo gesto in quanto queste menzioni sono per lo più confinate alle preghiere presidenziali. Tuttavia, un concelebrante si inchina qualora nomina una delle persone mentre recita parte della Preghiera Eucaristica.

In alcuni Paesi in cui il cattolicesimo ha forti radici, esiste ancora tra i cattolici l’usanza di chinare il capo quando sentono o pronunciano il nome di Gesù.

Questa tradizione si basa sulla Lettera di San Paolo ai Filippesi 2,9-10: “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi… e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore…”

Ha anche origine dalla Costituzione 25 del secondo Concilio di Lione, convocato nel 1274 da papa Gregorio X:

“Quelli che vi si radunano lodino con un atto di speciale reverenza quel nome, che è al di sopra di ogni nome al di fuori del quale non ne è stato dato altro gli uomini, in cui i fedeli possano esser salvati: cioè il nome di Gesù Cristo, che salverà il suo popolo dai suoi peccati. Ciò, inoltre, che generalmente si scrive: che nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, ognuno, adempiendolo singolarmente in sé, – specie quando si celebrano i sacri misteri della messa – ogni volta che si ricorda quel nome glorioso, pieghi i ginocchi del suo cuore; cosa che si può fare anche col solo inchino del capo”.

Lo stesso Papa più tardi incoraggiò l’ordine dei Dominicani a predicare e promuovere la devozione al Sacro Nome. Nel 1721 papa Innocenzo XIII istituì la festività del Sacro Nome. Questa venne rimossa nel 1969 e ripristinata da san Giovanni Paolo II Papa ed è oggi celebrata il 3 gennaio. Purtroppo questa usanza, un tempo ampiamente diffusa, di fatto quasi universalmente, è diventata molto meno comune al giorno d’oggi.

Le norme sopracitate dell’OGMR non dicono nulla né in favore né contro queste usanze. Perciò, ovunque l’usanza locale sia che tutti facciano un inchino ogni volta che vengono menzionati i nomi di Gesù e Maria, nulla nel testo dell’OGMR lo impedirebbe.

Laddove si è persa l’usanza, qualsiasi membro dei fedeli può continuare a farlo come devozione privata e atto di riverenza e, in molti luoghi, un buon numero di cattolici mantiene la pratica.

Anche per diaconi o concelebranti che esercitano una funzione ministeriale, di nuovo non ritengo che il testo dell’OGMR costituisca un divieto. Tuttavia, se si è l’unico, a parte il celebrante, a compiere il gesto, sarebbe forse meglio trattenersi dal farlo per non attirare l’attenzione su di sé. Come dice l’OGMR al punto n. 42:

“42. I gesti e l’atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la partecipazione di tutti. Si dovrà prestare attenzione affinché le norme stabilite da questa Introduzione generale e dalla prassi secolare del Rito romano, contribuiscano al bene spirituale comune del popolo di Dio, più che al gusto personale o all’arbitrio.

“L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

 

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ZENIT Staff

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