Perché i cattolici celebrano la festa dell’Immacolata? Che cosa significa e qual è il legame con la Misericordia? Perché Papa Francesco ha scelto la festività dell’Immacolata per dare inizio al Giubileo? La Misericordia si riduce al mero perdono o è molto di più? Queste e altre domande ZENIT le ha rivolte al cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore della Penitenzieria Apostolica. Di seguito l’intervista
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Eminenza, l’Anno Giubilare straordinario, indetto da Papa Francesco, inizierà l’8 dicembre prossimo, nella Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Potrebbe spiegare in cosa consiste questa ricorrenza e come si è sviluppata?
Card. Mauro Piacenza: In ogni celebrazione mariana, la Chiesa torna sempre a contemplare le radici della sua stessa vita e la propria irriducibile vocazione ad essere Sposa del suo Signore, Madre dei redenti e Corpo Mistico, Presenza viva di Cristo nel mondo. La grande verità dell’Immacolata è stata proclamata dogmaticamente l’8 dicembre 1854, dal Beato Papa Pio IX. Ben sappiamo, però, come le proclamazioni dogmatiche siano sempre, in realtà, una “esplicitazione” di una verità propria della Divina Rivelazione, certamente anche oggetto di particolari approfondimenti teologici, come nel caso dell’Immacolata, ma creduta, nella Chiesa – come recita Vincenzo da Lerino – sempre, ovunque e da tutti. La verità dell’Immacolata indica Maria di Nazareth, come la “pre-redenta”: Ella, naturalmente concepita nel grembo di Sant’Anna, fu preservata dalla macchia del peccato originale, fin dal primo istante della sua esistenza, in forza dei futuri meriti di Cristo sulla Croce. Proclamando questo Dogma, alla fine del XIX secolo, la Chiesa rispondeva al duplice errore dell’illuminismo, che idolatrava la ragione, e del positivismo, che pretendeva di salvare l’uomo, unicamente modificando le istituzioni nelle quali egli vive.
E cosa può dire ancora l’Immacolata all’uomo occidentale “sazio e disperato”, stretto tra la pretesa di emancipazione, di vedere trasformato in diritto ogni proprio volere, e l’assenza di un significato ultimo per la propria vita?
Card. Mauro Piacenza: Forse l’uomo è solo più disperato, visto che la crisi economica ha fatto venir meno anche le sicurezze di qualche anno fa! Lei ha utilizzato una parola interessante: “emancipazione”. L’unica emancipazione possibile, per l’uomo, non può essere quella dalla verità, ma dal peccato. L’emancipazione dalla verità, dalla verità di Cristo, Dio fatto uomo, e dalla propria natura umana creata e dalla legge morale iscritta nel cuore, l’emancipazione da quella intelligente ed umile obbedienza, che la verità sempre richiede, non può che condurre l’uomo ad una solitudine ultima, nella quale diviene incapace di vedere Dio, di comunicare con i fratelli e di ascoltare quello che il “grande segno” della realtà, incessantemente, suggerisce. Il peccato è sempre una “negazione pratica” della verità. Emanciparsi da esso permette all’uomo di aprirsi al grande orizzonte di Dio, di entrare in un vero dialogo con ogni altro uomo e in quella straordinaria di “amicizia” con il creato, che vediamo in tanti Santi, come il grande San Francesco di Assisi e che Papa Francesco ha voluto richiamare nell’Enciclica “Laudato sì”. Non vi è, però, altra emancipazione dal peccato, altra “salvezza”, che non sia in Cristo. L’Immacolata è la piena di grazia perché “pre-redenta”, cioè redenta da Cristo, non solo, prima di ogni altra creatura, ma alla radice stessa del proprio essere. Maria Santissima è integralmente umana, in Lei fiorisce la pienezza dell’umanità. A differenza di noi uomini, non è “frenata” dal peccato originale in ciò che costituisce l’unico, vero scopo adeguato della natura umana: il rapporto, intelligente e libero, con la verità di Dio e con il Suo amore.
Eminenza, la devozione mariana, negli scorsi decenni, è stata talvolta posta ai margini sia della ricerca teologica che dell’azione pastorale, adducendo espressamente, quale ragione, la necessità di una maggior concentrazione “cristologica”, forse anche ai fini di un più efficace dialogo ecumenico. Ma è realmente possibile prescindere dall’Immacolata nel pensiero e nella vita della Chiesa?
Card. Mauro Piacenza: Ogni parola ed ogni scelta di Cristo, che è Dio fatto uomo, sono per noi semplicemente imprescindibili. Se Egli ha divinamente scelto di non voler fare a meno di Maria di Nazareth per farsi uomo e salvarci, non potremo, né vorremo certamente noi pretendere di farne a meno. In Maria, inoltre, l’intera Rivelazione cristiana trova, potremmo dire, il proprio “cardine”, il proprio “metodo” e la propria continua “custodia”. La Rivelazione ha in Lei il proprio “cardine”, teologicamente e storicamente parlando: teologicamente, perché Dio, concepito prima nel suo Cuore e poi nel suo Grembo Immacolato, prende carne in Lei e da Lei, unendosi definitivamente alla nostra natura; storicamente, perché entrando nel mondo per mezzo di Maria – «Sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe» ci dice San Luca -, Cristo si inserisce a pieno titolo nel grande fiume della storia umana e della stirpe di Davide, in particolare. In Maria, la Rivelazione ha, poi, il proprio “metodo”: come alla libertà purissima di Maria, nel momento dell’Annunciazione, il Mistero ha conferito l’inaudito potere di aprire o meno le porte del Cielo, così Cristo, che è il Mistero fatto carne, conferisce ad ogni uomo l’altrettanto inaudito potere di accogliere, o meno, la Sua Persona e la Sua grazia. In Maria, infine, la Rivelazione ha la propria continua “custodia”, poiché il Cristianesimo, essendo una “vita”, la Vita divina di Cristo in noi, non avrà bisogno solo di umana coerenza e nemmeno di grandi speculazioni, ma sempre e soprattutto di una Madre! E poi, come insegna il grande San Massimiliano Maria Kolbe, non dobbiamo avere alcun timore di amare “troppo” la Madonna, poiché Cristo La amerà sempre più di noi.
Eminenza, crede che l’Immacolata possa avere un particolare significato anche per questo Anno Giubilare dedicato alla Misericordia?
Card. Mauro Piacenza: Certamente. L’Immacolata ci mostra, infatti, in modo semplice e chiaro, come dover intendere il Mistero della Misericordia. È oggi diffusa, infatti, una certa tendenza a “misurare” la Misericordia “sul peccato”, quasi che il peccato abbia il potere, o peggio il diritto, di suscitare la divina Misericordia; quasi che la Misericordia possa ridursi a mero “perdono” della colpa. Certamente la divina Misericordia significa anche perdono del peccatore, ma, allo stesso tempo è immensamente di più. È l’“irrompere” di Dio nella storia dell’uomo; è il Suo rivelarsi a noi, dischiudendoci il Mistero della propria intimità divina; è il Suo condividere la nostra stessa condizione umana, fino in fondo, fino all’esperienza della morte, per renderci interamente partecipi della Sua stessa Vita divina; è il parteciparci tale Vita divina attraverso il Sacramento del Battesimo, che cambia radicalmente il nostro essere, attirandolo nell’essere stesso di Cristo, nel suo Essere Figlio dell’Eterno Padre, ed immettendoci nella grande comunione dei Battezzati, che abbraccia cielo e terra, che è la Comunione della Chiesa; è il donarci la Sua Presenza Reale nella Santissima Eucaristia, che ci unisce sempre più perfettamente a Lui e ci attira nella Sua salvifica Offerta al Padre. La Misericordia, intesa come perdono della singola colpa, giunge soltanto “dopo”, in questo senso. Prima vi è il Dono immenso della Vita di Cristo e poi la mirabile “rimozione” di ciò che in noi lo ha offuscato, o compromesso. L’Immacolata è il reale iniz
io di tutto questo e ne è il grembo, per sempre.
Le poniamo un’ultima domanda, Eminenza, sperando possa donarci questa confidenza: cosa domanda all’Immacolata per la Chiesa, in questo Anno Giubilare?
Card. Mauro Piacenza: Rispondo con piacere, innalzando allora, proprio attraverso questo mezzo, la mia preghiera all’Immacolata, perché ci ottenga tre grandi grazie: anzitutto la custodia del Santo Padre nel suo inaudito compito di Pastore Supremo della Chiesa, perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità, chiamato a confermare i fratelli nella fede, resistendo alla tempesta di errori che attanaglia il mondo; in secondo luogo, domando all’Immacolata una grande e rinnovata primavera vocazionale, che possa donare alla Chiesa santi sacerdoti e consacrati, per la gloria di Dio e la salvezza dell’umanità; infine, domando semplicemente, che voglia esaudire la grande promessa di Fatima, di cui nel 2017 ricorre il centenario: il grande trionfo del Suo Cuore Immacolato. A tutti auguro una santa Solennità dell’Immacolata.