La chiusura del V Festival della Dottrina Sociale della Chiesa al Teatro Nuovo di Verona ha riservato, come risaputo, un incontro speciale. Da una parte mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana; dall’altra Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera.
Tra i due protagonisti la schiettezza sorniona di Emilio Carelli di Sky. Il confronto non poteva certamente eludere gli scandali e le problematiche che ruotano intorno al Vaticano, ma qui c’è stato di più.
Si è consumata una pagina di buona pratica dell’informazione. Giornalismo e verità storica si sono incontrati, senza alzare il volume della discussione o cadere nel cattivo gusto, anticamera di un nuovo populismo penale. Mons. Galantino non si è sottratto a nessuna domanda, ha rilanciato semmai, con il suo linguaggio schietto e circostanziato.
Il direttore Fontana, con aplomb anglosassone, graffiante e puntuale, ha saputo intendere l’istinto e la razionalità di cattolici e non, su temi quali: Chiesa e realtà italiana; cambiamento e restaurazione; cattolici in politica e nei corpi intermedi; scandali relativi ai corvi di turno; pubblicazione dei due libri sui documenti sottratti; tensioni tra prelati; fedeltà della Conferenza Episcopale verso il Santo Padre, ecc. Fontana ha incalzato il suo interlocutore, riconoscendo in Papa Francesco la forza di un vero e autentico cambiamento senza precedenti, ma evidenziando come le sue origini latino-americane, in alcuni strati del potere economico, vengano individuate quale causa di una spinta contro le attuali forme politico-finanziarie.
Il direttore non ha poi celato, pungolato da Carelli, la “realtà disarmante” emersa, secondo la stampa più diffusa, dalle percentuali, pari solo al 20%, attribuite al numero di vescovi considerati vicini al pontefice. Mons. Galantino nel rispondere è stato un fiume in piena, espressione viva di una Chiesa che piace. I suoi ragionamenti avranno messo a tacere molti dei denigratori di stagione, esclusi gli affetti da ipoacusia volontaria. “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Il cambiamento, ha chiarito, non può esserci se si rimane seduti. Si rischia di fermare il nuovo che serve all’uomo e che è nel DNA della Chiesa, nonostante antiche e moderne resistenze interne.
“Se la Chiesa per molto tempo è stata ferma o comunque non si è mossa, questo può provocare conseguenze gravi e certi atteggiamenti anche eclatanti, distanti mille miglia del vangelo, possono apparire, grazie a questo appiattimento, addirittura come delle scelte normali”. Spesso è necessaria una guida forte per attuare il rinnovamento. Nella Chiesa questo impulso è stato dato dai pontefici degli ultimi tempi ed oggi Papa Francesco esprime la fase più avanzata di questa naturale rivoluzione, sebbene presenti forme di ostilità spesso in buona fede. Galantino in proposito si augura collaboratori che credano nel rinnovamento e seguano chi come il Papa stia portando avanti ciò che il suo spirito di fedele a Cristo gli sta suggerendo di fare. Un cambio di passo all’interno della Chiesa, tra le classi imprenditoriali, nella politica, nel sistema economico, nel comune sentire della gente, compresi tutti quei contenitori di servizio e di sostegno che la DSC indirizza verso il bene comune.
“Con la Rerum Novarum, al centro delle realtà economiche e sociali sorte in quel periodo, il Papa ha avuto accanto a sé vescovi, preti, ma soprattutto laici che lo hanno preso sul serio e che si sono spesi a difesa delle linee tracciate. Se quella straordinaria ondata lunga si va oggi spegnendo, subisce contrazioni, qualche volta viene strumentalizzata, ho l’impressione che dipenda dal fatto che quei contenitori (scuole, banche, servizi, presenze politiche), accompagnati in passato da cattolici straordinariamente seri e impegnati, oggi non possano contare sulla stessa realtà. Ci sono molti cattolici o sedicenti tali che si auto-proclamano in campo politico e imprenditoriale e che sanno dire solo: Io sono cattolico. Persone che invece di servire la comunità si sono serviti di essa”.
Lo stesso politico, per Galantino, non deve rispondere ad un prelato di turno e viceversa. “Ci sono persone serie in politica che fanno molto bene il loro dovere, ma ci sono anche coloro che hanno in testa un “verme”, che inevitabilmente li consumerà”. La Chiesa, per il segretario della Cei, è oltre! Non è comunista, né liberale, né sindacalista. Non è contro l’impresa, ma contro la corruzione, a favore di ogni buona pratica che migliora la dignità degli uomini, senza mai dimenticare i poveri, gli sfruttati, gli “scartati”, i più deboli. La sua presenza nella storia viene dal vangelo e Papa Francesco non sta altro che traducendo il vangelo in termini attuali. Tutto questo, per l’uomo religioso, vale anche per la politica economica, ambientale, dei diritti sociali e civili. La mediazione in questi casi non è della Chiesa, ma dei veri cattolici che sono in politica.
“Quando gli eletti vengono messi da parte si ottengono due terribili obbiettivi. A) Gli interessati si sentono demotivati e non presi in considerazione. B) Le intese di vertice svuotano di fatto il ruolo dei laici cattolici in politica che di riflesso avverseranno tale impostazione”.
La stessa Conferenza Episcopale, per il suo segretario, non può essere auto referenziale, perché rischia non di indebolire il Papa, ma la sua stessa ragione di esistere. Non c’è comunque da meravigliarsi se molti esponenti dell’apparato clericale, spinti dallo stesso Pontefice in occasione del Sinodo, siano stati protagonisti di una approfondita discussione, anche con sostenute divergenze. Ciò non è contro il Papa, perché è stato voluto dal Papa. La stessa cosa vale per coloro che all’interno della Chiesa non reggono il vento riformatore.
“È inutile nascondere che alcuni vescovi, alcuni preti e anche laici facciano fatica a seguire il passo del Papa”. Il tempo sanerà ogni cosa e la forza riformatrice che affonda le sue radici nella verità eterna del vangelo, troverà la sua giusta direzione al di là delle resistenze possibili.
Anche sugli scandali, legati alla pubblicazione di documenti interni al Vaticano, il segretario dell’organismo centrale dei vescovi non ha avuto problemi ad affermare come la loro “scoperta” non sia frutto del lavoro dei giornalisti autori dei libri, ma del responsabile impegno che sta alla base di una nuova stagione riorganizzativa della Santa Sede, grazie alla volontà di Papa Francesco. “Chi ha pubblicato questi due libri non ha messo nulla di suo, se non dei fatti già conosciuti che, dopo una attenta indagine interna voluta dal Santo Padre, sono stati sistemati in un file” . Quello che poi è successo appartiene a gente disonesta che ha tradito la fiducia del Papa. Ha di fatto messo a disposizione dei due giornalisti il file in questione”.
Si evince che una pubblicazione del genere non abbia fatto bene alla Chiesa, se non a chi intenda accomunarla ad una qualsiasi organizzazione terrena, facile preda del relativismo attuale. Gli applausi ricorrenti hanno materializzato in sala il comune sentire tra il vescovo allergico alla scrivania e la gente che spesso si trova ad incontrarlo. Il messaggio finale è chiaro e incontrovertibile: “Chi sta con il Papa sa che la Chiesa compie la sua missione solo se opera, rimanendo nei confini universali del vangelo”. Dal Teatro Nuovo alla Basilica di Santa Anastasia. Così la chiusura dell’omelia di Mons. Galantino rivoltosi al mondo imprenditoriale: “Ogni volta che darete lavoro a qualche disperato, non farete altro che assumere Cristo in persona”. È anche qui la Chiesa che piace!